Incontri Cavouriani
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Tecnologia e vita quotidiana nella rivoluzione industriale inglese
di Franco Cavallino
Premessa
La rivoluzione industriale inglese determinò l’accoppiata del Carbone con il Ferro e rese questo abbinamento praticamente imprescindibile poiché senza l’intenso uso del carbone non sarebbe esistito il ferro nelle crescenti quantità che vennero richieste.
Questi due elementi erano noti da millenni ma la rivoluzione industriale ne fece decollare la combinazione determinando la possibilità di produrre una moltitudine di nuovi manufatti.
Le nuove attività artigiane e quindi industriali si svilupparono nella parte centrale dell’Inghilterra, le “Midlands”, dove le miniere di carbone ed i minerali di ferro erano a portata di mano. In pratica si descriverà la crescita delle attrezzature agricole, di quelle tessili e della trazione ferroviaria.
Si può osservare come, in questo caso, l’evoluzione tecnologica fu accompagnata da una sensibile crescita demografica, quindi, per una serie di circostanze favorevoli ma anche con provvedimenti governativi sostanzialmente positivi, la tecnologia sostenne lo sviluppo demografico e viceversa. La combinazione dei due fattori determinò il giudizio tendenzialmente positivo su questo periodo nonostante le difficoltà patite da molti strati della popolazione.
1 - Il Carbone ed i combustibili gassosi
Per la maggior parte dei depositi conosciuti, il carbone si formò negli strati del periodo Carbonifero, fra i 345 ed i 280 milioni di anni fa per l’esplosione della vita vegetale, che determinò la formazione di questi giacimenti. Lo strato di legname non venne degradato da funghi e batteri specifici, poiché allora non erano ancora presenti.
Questi strati furono successivamente ricoperti da ulteriori sedimenti, rocce scistose ed arenaria, che li hanno sottoposti a pressioni elevate ed all'assenza di ossigeno; il carbone contiene Carbonio, Zolfo (2 – 15%) e tracce di idrocarburi.
In funzione del tempo trascorso e della pressione dei sedimenti sovrapposti, il carbone si troverà sotto forma di torba, fino al litantrace ed alla antracite.
Dal litantrace, per distillazione frazionata, si otteneva il gas illuminante accumulato nei gasometri; venne utilizzato per alimentare i primi motori di tipo fisso e, nel periodo fine ‘800 – primi decenni ’900, rischiarò le città europee. Contiene il 50% di idrogeno, il 35 % di metano ed altri gas; oggi il gas illuminante viene rimpiazzato dal metano.
Al variare della temperatura della distillazione si otteneva il carbone coke utilizzato negli alti forni.
2 - Il Ferro
Questo metallo non si trova libero in natura, ma incluso in diversi tipi di minerali dai quali deve essere estratto. In Italia li troviamo in Toscana ed in Sardegna; il ferro fonde a 1535°C.
Come metallo puro, non è molto attraente soprattutto a causa della formazione superficiale di ossido, che procede in profondità e lo attacca quindi per corrosione, facendone decadere le proprietà di resistenza meccanica.
Riscaldando nell’alto forno coke + minerale di ferro si ottiene la ghisa che contiene una concentrazione tipica di carbonio del 3,4 %. In prossimità del crogiolo si estrae la ghisa fusa, che presenta una temperatura di fusione nettamente inferiore a quella del ferro 1150°C.
Con la ghisa si realizzano moltissimi manufatti (es.: tombini stradali, stufe, basamenti motore) e risolve la già citata criticità del ferro essendo appunto capace di resistere alla corrosione.
Tuttavia era chiaro che la semplice ghisa non risolveva molti problemi applicativi ed occorreva appunto “raffinare” la ghisa riducendo il tenore di carbonio ed addizionando altri metalli specifici. La riduzione del tenore di carbonio venne risolta da Henry Bessemer che, nel 1856, definì il suo convertitore di permette di ridurre il tenore di carbonio ad un tenore desiderato. Si ottengono quindi gli acciai che, in funzione dei metalli aggiunti, ottimizzano l’applicazione finale. L’acciaio può così resistere alla abrasione (es. talpa di scavo), all’usura (es. ruota ferroviaria su binario) od alle alte temperatura (es. turbine)
3 - Il Bronzo: Rame + Stagno
Entrambi, a contatto dell’aria, formano uno strato ossidato che ne previene la ulteriore ossidazione quindi sono adatti per essere esposti agli agenti atmosferici ed agli ambienti corrosivi. Il rame fonde a 1085°C.
Nelle fornaci, attraverso l’insufflaggio di aria o di ossigeno, si ottiene l'ossidazione dei solfuri con formazione della SO2 gassosa che si separa dal metallo liquido.
Si ottiene lo stagno per fusione della cassiterite molto diffusa in pratica su tutta la terra ma in percentuale molto bassa, fonde a 232°C.
La lega di questi due metalli permette di ottenere il bronzo che, per millenni, è stato un valido concorrente del ferro, il suo punto di fusione si colloca tra 1150 – 1290°C in funzione delle relative proporzioni di stagno che oscillano tra 8 – 9% per le canne dei cannoni e salgono fino al 20% per le campane per ottimizzarne la risonanza.
Il bronzo pesa circa il 10% in più dell’acciaio e presenta caratteristiche meccaniche di poco inferiori ma con il vantaggio di un inferiore punto di fusione.
Quindi permette di realizzare:
- fin dall’antichità, armi da taglio, in competizione con il ferro;
- campane, fusti di cannone, bronzetti e bronzi per uso interno od esterno per il suo colore interessante e resistenza agli agenti atmosferici;
- eliche marine e altri componenti soggetti a corrosione grazie alla innata resistenza di questi due minerali;
- particolari meccanici accoppiati a componenti in acciaio in virtù del basso attrito tra i due materiali quindi cuscinetti a sfere e bronzine, ma anche palle di cannone.
4 - La fusione
Possono valere due esempi: la campana e la canna del cannone.
La fusione di una campana prevede di costruire una anima interna ed un mantello esterno quindi si versa tra i due il metallo fuso.
L’ anima interna dello stampo è costituita da una struttura in mattone refrattario intorno alla quale si distribuisce la terra di fusione modellandola con un listello di legno sagomato per ottenere quella che sarà il profilo interno della campana. Questo profilo è fondamentale poiché, insieme alla composizione della lega, determina il suono della campana.
Il mantello esterno può essere costruito in refrattario od in acciaio.
La terra di fusione deve avere un punto di fusione (es.: a base di silice) più elevato del bronzo.
La fusione della canna del cannone non è molto dissimile. Nel medio evo il miglior risultato di questa nuova arma si ottenne nell’assedio di Costantinopoli (1453) e fu determinante per aprire le brecce nella cinta delle mura della città. In epoca moderna chi utilizzò al meglio le batterie dei cannoni fu Napoleone soprattutto per la decisione di affidarne l’uso a pochi reparti specializzati ai quali veniva affidato il compito di aprire una linea di sfondamento in una precisa sezione dello schieramento nemico.
I primi cannoni erano in ferro/ghisa a canna liscia e caricamento dalla bocca. Il bronzo rese la canna più resistente all’esplosione e consentì di allungarla, (superiore ai 30 calibri), migliorando la precisione del tiro.
Il primo cannone in acciaio effettivamente utilizzato fu quello costruito da Krupp nel 1851.
Con le canne di acciaio trovarono ottima applicazione le palle in bronzo che, a contatto con l’acciaio, evitavano il grippaggio della canna, presentando un attrito più favorevole rispetto al ferro.
In occasione dell’assedio di Costantinopoli si verificò il primo clamoroso scoppio della canna con morti e feriti; a quel tempo la causa del disastro non venne riconosciuta. In epoca moderna, con i primi acciai, avvennero casi analoghi poiché, soltanto dopo, si capì che la corretta percentuale di carbonio era fondamentale ma, in aggiunta, la sua distribuzione doveva essere ottimale. La struttura sferoidale sarebbe stata quella in grado di assicurare una resistenza decisamente superiore rispetto alle strutture lamellare (flaky) o a quella compatta (compact).
Innumerevoli i casi di deformazione della canna determinata dal surriscaldamento dovuto alla eccessiva quantità di polvere da sparo.
Durante le 5 giornate di Milano vennero usati cannoni di legno cerchiati con anelli di ferro a dimostrazione della scarsità di mezzi, ma dell’estremo coraggio di chi li maneggiava.
5 - La forgiatura o Fucinatura
Prevede la lavorazione plastica del ferro dopo averlo portato alla temperatura di rammollimento (1200 – 1300°C) che si ottiene riscaldandolo in una forgia, di qui forgiatura. A questo punto diventa possibile deformarlo plasticamente con i classici incudine e martello ottenendo le varie forme che può assumere il ben noto ferro battuto.
Si tratta di una tecnica fondamentale con la quale si possono realizzare sia pezzi di dimensioni contenute, sia particolari di dimensioni ragguardevoli e di forme complesse quali gli alberi a gomiti di motori alternativi più o meno grandi; in questo secondo caso si ricorre al maglio.
6 - Evoluzione dell’agricoltura
Le tecnologie ora descritte trovarono le prime applicazioni nel settore agricolo. Evidenzierei quanto già anticipato dall’amico Bordin e cioè dall’importanza della evoluzione agricola. Infatti, tra il 1700 e il 1710, la costituzione inglese aveva emanato una serie di provvedimenti per passare dal sistema tradizionale, quasi medioevale, ad uno più moderno, che avrebbe dovuto promuovere un uso più razionale dei terreni. Con gli “Enclosures acts” (leggi sulle recinzioni) venivano messi all’asta gli appezzamenti dei piccoli proprietari terrieri “yeoman”, forse dalla contrazione di young man. Nel villaggio, da tradizione, i terreni venivano coltivati in comune, redistribuendo il raccolto in proporzione ai diversi proprietari; si trattava della struttura con campi aperti “open lands” e campi comuni “common lands”.
I piccoli appezzamenti venivano così riuniti ma dovevano essere recintati. Inevitabilmente si verificava un passaggio da una piccola proprietà ad una proprietà estesa di proprietari che disponevano delle risorse economiche per l’acquisto e la successiva recinzione dei fondi e ovviamente favorevoli a questa nuova distribuzione dei terreni. La nuova struttura richiedeva possibilità economiche sia per le spese dirette, che per dirimere frequenti contenziosi legali.
I piccoli proprietari furono così le prime vittime di questa trasformazione economica e furono spinti a lavorare per i grandi proprietari o a cercare fortuna nelle città, diventando salariati.
Ma l'assembramento e la redistribuzione delle terre agricole così realizzato favorì la costruzione di strade e canali in quanto si poteva più facilmente identificare e stabilire il tracciato delle nuove opere. Ciò facilitò il trasporto di carbone ad uso industriale o domestico.
L'aumento della dimensione del singolo appezzamento di terreno e la loro recinzione permisero un incremento della produttività attraverso l'introduzione di nuove tecniche. In particolare si ritiene significativo citare quelle seguenti:
- abbandono progressivo del maggese e l'introduzione di una rotazione continua delle terre;
- introduzione e estensione di nuove colture;
- miglioramento degli utensili tradizionali e introduzione di nuovi con l’esteso utilizzo del ferro;
- selezione delle sementi e dei riproduttori animali;
- estensione e miglioramento delle terre arabili con drenaggio del suolo e concime animale;
- estensione dell'uso dei cavalli nei lavori agricoli.
Il miglioramento e la diffusione di utensili agricoli sostenne la domanda del ferro, incentivando la produzione e l'innovazione nell'attività metallurgica utilizzando una o più delle tecnologie già descritte.
La produttività del lavoro agricolo aumentò del 90% fra il 1700 e il 1800, mentre la popolazione attiva nell'agricoltura si ridusse dal 70% al 37% a vantaggio della occupazione nell’industria. Come già illustrato da Bordin i piccoli proprietari furono così le prime vittime di questa trasformazione economica e furono incentivati a lavorare per i grandi proprietari od a cercare fortuna nelle città, diventando salariati.
Quasi naturalmente la redistribuzione delle proprietà favorì il tracciato di strade e di canali poiché si poteva più facilmente identificare il tracciato delle nuove opere.
7 - Incremento demografico
Il Settecento fu anche il momento in cui le riflessioni filosofiche ebbero modo di concretizzarsi in scelte politiche: sebbene diverse, le strade filosofiche indicate da Montesquieu (1689 – 1755), Rousseau (1712 – 1778) e Voltaire (1694 – 1778), avevano comunque un comune denominatore: l’idea che il potere venisse esercitato nell’interesse comune dei sudditi, allo scopo di conseguire la “pubblica felicità”.
Inoltre, verso la fine del XVII esimo secolo, iniziò a diffondersi l’utilizzo delle banconote con l’apertura dei primi istituti di credito che avevano ottenuto la concessione di stamparle, tra l’altro la prima banca che iniziò a farlo fu proprio la “Bank of England”, nel 1694.
Come vennero accolte le banconote? Forse con qualche sospetto poiché le monete d’oro, argento e rame venivano sostituite dalla carta. Esiste oggi una similitudine nel passare dalle banconote alle criptovalute? Domanda impegnativa.
Ritornando a noi, sempre Bordin ci ha ricordato chi si è occupato dei problemi economici e dei risvolti etico-sociali, citando giustamente Adam Smith, David Ricardo, Charles Dickens, Thomas Malthus fino a Carlo Marx.
Le condizioni economiche sia nel settore agricolo che in quello industriale non erano certo ottimali, ma il lavoro di tipo salariale determinò una migliore pianificazione della propria esistenza con un aumento dei matrimoni. C’è un certo accordo nel ritenere che ciò abbia favorito il primo avvio della crescita demografica, che si sarebbe nettamente consolidata con lo sviluppo delle cure terapeutiche e dei vaccini in particolare. Le tendenze ora citate determinarono una crescita e, dai 5.9 milioni dell'inizio del secolo, si passerà a 9.1 nel 1800.
Questi processi richiedevano, a loro volta, crescente energia, che si ottenne con il carbone che, oltre a presentare un potere calorifico superiore a quello della legna, evitava gli intensi disboscamenti che si sarebbero resi necessari.
8 - Lo sviluppo della rivoluzione industriale
Lo sviluppo della rivoluzione industriale fu certamente favorito da una stabilità politica, che ebbe luogo dopo gli sconvolgimenti del XVII secolo, che avevano assistito nel 1649 alla decapitazione del re Carlo I ed all’affermarsi della monarchia parlamentare grazie ad Oliver Cromwell. Quest’ultimo, nel 1689, costrinse il nuovo monarca Guglielmo II a giurare sulla Dichiarazione dei Diritti “Bill of Rights”. Ad una ritrovata stabilità politica si accompagnava la significativa forza navale inglese in competizione con quella dei Paesi Bassi.
La capacità di gestire nuovi processi industriali rese possibile progettare e realizzare componenti innovativi e, di conseguenza, nuovi tipi di macchine operatrici.
Questi ultimi richiedevano la capacità di realizzarli con l’uso delle tecnologie prima descritte; queste, a loro volta, richiedevano di disporre delle crescenti fonti di energia, ottenibile con il carbone che, oltre a presentare un potere calorifico sensibilmente superiore a quello del legno, evitavano gli intensi disboscamenti che si sarebbero resi necessari.
I componenti innovativi erano orientati allo sviluppo di ben note attività umane quali:
- industria tessile,
- meccanizzazione di operazioni fisse, miniere ed officine
- mezzi di trasporto.
9 - Il primo motore a vapore
Il XVIII secolo si aprì con l’invenzione del primo motore, quello di
ThomasNewcomen, che veniva utilizzato per facilitare l’attività mineraria di estrazione del carbone. Il suo scopo era infatti quello di estrarre, dalla profondità delle miniere, l’accumulo di acqua inevitabilmente presente. Thomas era sostanzialmente un fabbro, ma un fabbro evoluto capace cioè di costruire un bollitore, ed un cilindro motore e di unirli ad una traversa superiore oscillante che, con il suo movimento, determinava il lavoro utile sollevando l’acqua dalla profondità della miniera.
La figura evidenzia i componenti principali: la caldaia (rosso), il cilindro (giallo) ed il serbatoio dell’acqua (azzurro). Nella caldaia l’acqua si trasforma in vapore che riesce a sollevare lo stantuffo fino alla posizione superiore; l’ebollizione di un litro d’acqua origina la formazione di circa 70 litri di vapore e, di conseguenza determinerà una significativa pressione. Terminata la corsa verso l’alto dello stantuffo, immettendo l’acqua prelevata dal serbatoio, avviene una rapida condensazione del vapore con riduzione della pressione. A questo punto la pressione atmosferica che agisce sulla faccia superiore dello stantuffo, lo spinge verso la sua posizione inferiore determinando il movimento della traversa superiore che, con il suo movimento, determinerà il sollevamento di una certa quantità di acqua favorendo la agibilità della miniera. Le valvole di comunicazione tra caldaia e cilindro e tra cilindro e serbatoio acqua debbono essere continuamente azionate manualmente da un addetto per 10 – 12 ore al giorno.
Motore significa soprattutto rendimento infatti dovrò conoscere quanta energia meccanica e quindi lavoro utile potrà fornire la mia macchina alimentata dalla energia chimica del combustibile. In base al lavoro eseguito per sollevare l’acqua ed al consumo di carbone Newcomen ottenne un rendimento di circa l’1%.
Questo valore venne migliorato dopo molti tentativi nel 1760 da James Watt che aggiunse il condensatore, capace di evitare la riduzione della temperatura del cilindro motore, e la sua conseguente perdita di calore. Sta di fatto che Mr. James Watt non era soltanto un fabbro evoluto ma un vero scienziato, e poiché lo incontreremo nuovamente, mi limiterò a chiamarlo James.
L’invenzione del condensatore lo rese ricco non solo per le royalties del brevetto del 1764, ma soprattutto poiché James fece sottoscrivere ai proprietari delle compagnie minerarie specifici contratti in base ai quali le stesse dovevano corrispondergli una percentuale del risparmio di spesa derivante dal minor consumo di carbone.
I minatori erano quindi molti proprio per la necessità di estrarre quantità crescenti di carbone e alimentare diversi tipi di industrie per la produzione di vetri, mattoni, alimentazione degli alti forni, e motori stazionari e marini. Percepivano anche salari superiori alla media ma a prezzo di pericoli e sacrifici.
Val la pena ricordare che fino al 1840 il 90% della flotta mondiale era ancora costruita in legno e mossa dalla velatura. L’apertura del canale di Suez nel 1869 determinò ulteriore richiesta di carbone poiché la percorrenza del canale escludeva l’uso delle vele.
10 - L’industria tessile
Cresceva anche la necessità di incrementare la produzione di tessuti ottenuti principalmente con lana e cotone e diventava necessario potenziare alcune specifiche attività ma in modo coerente. Si tratta:
- della filatura per realizzare il filo continuo dalla fibra tessile di partenza;
- della binatura per accoppiare, con la torsione, due o più fili e ottenere un filato più robusto;
- e della tessitura per realizzare il tessuto finale con l’uso del telaio.
Penelope, tessendo la sua tela, ci ha insegnato che queste attività erano note da millenni e l’artigiano di allora le aveva già assemblato un telaio in grado di comporre longitudinalmente l’ordito e trasversalmente la trama.
Nei secoli il telaio venne perfezionato migliorandone la velocità ma determinando anche una crescete difficoltà per alimentarlo con crescenti quantità di filo. Divenne quindi necessario velocizzare la filatura, che adesso costituiva il collo di bottiglia dell'intera industria tessile; ma non era per nulla facile.
Questa situazione peggiorò ancora, poiché la velocità della tessitura aumentò ulteriormente quando John Kay, nel 1733, inventò la "navetta" che trascinava un rocchetto di filo. La navetta disponeva infatti velocemente la trama mentre il meccanismo del telaio muoveva alternativamente i due rebbi dell’ordito per consentire appunto l’attraversamento della navetta. La figura illustra la inserzione manuale della trama tra le due schiere di ordito e la navetta, con relativa spoletta, capace di attraversare rapidamente la larghezza dell’ordito. Anni dopo, il movimento del telaio e l’attraversamento della spoletta vennero ulteriormente velocizzati collegando i motori a vapore di James ai telai collocati ora in un apposito edificio. Una delle figure illustra appunto l’applicazione di questi motori ad una attività di cardatura che precede le successive filatura e tessitura.
Quindi, per incrementare la produzione di filati James Hargraves nel 1764, definì il primo filatoio meccanico sollevando però la furia degli addetti alla filatura manuale che vedevano svanire la loro attività; distrussero il nuovo filatoio e questo James morì povero.
Miglior fortuna ebbe Richard Arkwright che cinque anni dopo velocizzò la filatura accoppiando il filatoio meccanico di Hargreaves ad un mulino ad acqua. Questa soluzione ebbe successo forse perché Richard si preoccupò anche della salute dei suoi dipendenti concentrando la produzione nella cittadina di Cromford, a circa 50 km a sud di Manchester e ricca di corsi d’acqua attrezzandola anche con scuole ed attività sociali. Questi dipendenti sapevano bene che a Manchester la concentrazione industriale costringeva gli abitanti ad una vita cittadina molto più penosa con la popolazione in crescita da 1.700 a 303.000 abitanti tra il 1700 ed il 1850.
La combinazione delle invenzioni ora descritte determinò un aumento degli addetti al settore tessile che salirono dai 23.000 del 1834 ai 331.000 del 1851. Quindi in circa 15 anni il numero di telai aumenta di 155.000 e, supponendo due addetti per telaio, significa l’introduzione di circa 10.000 telai/anno.
11 - La rete dei canali
Era però evidente che occorreva trasportare questo benedetto carbone nei bruciatori!
Su strada un cavallo da soma poteva trasportarne circa 120 kg ma, tirando la chiatta lungo un canale, due cavalli sulle sponde potevano trascinarne parecchie tonnellate a circa 6 km/h. Se si trattava di passeggeri la velocità saliva a 16 km/h cambiando i cavalli ogni 7 km. Vantaggio evidente che determinò un rapido sviluppo della rete di canali e, sebbene il loro scavo avvenisse esclusivamente a mano, verso la fine del secolo si erano raggiunti i 4.800 km, davvero un’enormità. Per circa 50 anni questo tipo di trasporto divenne quello preferito fino a quando il motore a vapore ne bloccò la crescita. Comunque l’utilizzo dei canali determinò il dimezzamento del prezzo finale del carbone contribuendo all’ulteriore sviluppo delle attività industriali cittadine e alla crescita di Liverpool e Manchester.
12 - Il motore a vapore
Ma nelle prime due decadi del XIX secolo un crescente numero di tecnici si occupava attivamente della applicazione del motore a vapore alla trazione, ottenendo una configurazione molto più versatile ed applicabile sia al motore stazionario, che alla trazione. Occorreva, come passo fondamentale, migliorare la funzionalità del cilindro motore per poterlo accoppiare al cinematismo biella-manovella. Quest’ultimo, noto da tempo, assicura un movimento continuo e, ancora oggi, è presente su qualsiasi tipo di motore. A migliorare il cilindro ecco che ci pensa il nostro James che, nel 1782, inventa lo stantuffo a doppio effetto sulle facce del quale agisce alternativamente il vapore. Questa soluzione determinò “il pensionamento” della tradizionale traversa superiore oscillante.
Lo schema di base è rappresentato in figura che evidenzia le caratteristiche fondamentali dove si osservano: la distribuzione del vapore sulle due facce dello stantuffo, la trasmissione del moto all’albero motore, il sistema di regolazione della portata del vapore e quindi dei giri del motore ed infine la trasmissione alla macchina operatrice con cinghia.
Al miglioramento meccanico si aggiunse rapidamente un miglioramento termodinamico poiché si passò dal bollitore alla caldaia. Quest’ultima prevede un fascio tubiero percorso dall’acqua circondato dal calore della combustione catturando molto meglio l’energia termica fornita dalla combustione del carbone nel bruciatore. Nelle prime due decadi del XIX secolo si assemblarono i primi prototipi di locomotiva. I più geniali furono Richard Trevithick e George Stephenson i cui padri erano in qualche modo coinvolti nella gestione delle miniere e quindi i figli si interessarono di come trasportare efficacemente le quantità di carbone estratto. Richard nacque nel 1781, George dieci anni dopo formando quindi una accoppiata vincente.
Ora possiamo sintetizzare la progressione dei rendimenti:
- 1% per il motore Newcomen
- 2 – 3% con l’aggiunta del condensatore di James
- 7 – 9% per la locomotiva
e successivamente
- 17 – 38% per un moderno motore benzina e
- 25 – 40% per un moderno motore diesel
Ma cosa ci dicono questi numeri? Che, mediamente, in 300 anni, abbiamo ricavato dai combustibili il 25% di energia utile scaricando in atmosfera il restante 75% e quindi, non per niente, ci dobbiamo oggi preoccupare di un problema che vorremmo risolvere, speriamo in bene! Potremmo riparlarne.
Di nuovo fondamentale sarà conoscere quanta dell’energia del vapore venga convertita in lavoro utile alla macchina operatrice e quindi il rendimento del motore. Lo sviluppo di questo motore applicato alla trazione, e quindi lo sviluppo delle locomotive, avvenne nelle prime due decadi del XIX secolo per opera di due inventori inglesi più rappresentativi: Richard Trevithick e George Stephenson.
13 - Le rotaie
Sulle strade di allora, un veicolo doveva necessariamente limitare la sua velocità a 8 – 12 km/h e, con la pioggia, la stessa strada diventava spesso impraticabile. Questo problema era evidente quando con la trazione animale si trainavano rudimentali carrozze per le squadre di lavoratori impegnati in miniera o nello scavo dei canali. Si pensò allora di farle correre su due travi di legno parallele. Chi di noi ha sciato nei decenni trascorsi ricorderà bene i cosiddetti “slittoni”. Benjamin Outram, nel 1793, sostituì le travi con rotaie in ghisa, nasce così il “tram”. La ghisa si dimostrò poco resistente all’usura e venne sostituita dalle prime formulazioni di acciaio.
Era nato così il binario e, come scartamento, Stephenson scelse la misura di 1435 mm, che divenne lo standard per la maggior parte delle ferrovie mondiali.
14 - Le locomotive a vapore
Finalmente incontriamo la locomotiva a vapore, Trevithick lavorò intensamente per la sua definizione avvicinando il pubblico a questo nuovo oggetto come eloquentemente dimostra questa stampa del 1808. Finalmente incontriamo la locomotiva a vapore, infatti Trevithick fu il primo ad applicare un motore stazionario ad un vagone su rotaia per alimentare gli alti forni di Pen-y-darren nel Galles. Nel 1804 realizzò quella che si considera la prima locomotiva che poteva raggiungere gli 8 km/h trainando 10 tonnellate di carico. Tuttavia il suo peso deformò i binari e quindi il motore venne re-installato in posizione fissa.
Ma Trevithick non si perse d’animo e, collaborando con altri progettisti, propose nuove soluzioni quali la Puffing Billy e la Salamanca che vennero impiegate su percorsi limitati per il trasporto dei materiali di miniera. Qualche anno più tardi, nel 1829, dopo altri tentativi, Stephenson mise su rotaia la sua The Rocket, il Razzo che trovò il primo utilizzo effettivo coprendo il tratto Liverpool – Manchester con punte di velocità di 50 km/h.
Il 15 settembre 1830 avvenne l’inaugurazione ufficiale della linea e della locomotiva alla presenza del famoso Duca di Wellington allora primo ministro.
Le figure seguenti illustrano l’evoluzione dalla Pen-y-darren alla The Rocket
Come già accennato, Trevithick fu molto attivo nello sviluppo tecnico ed organizzativo della trazione ferroviaria, ma non assegnò mai un nome preciso alle sue realizzazioni. Si osserva in particolare come fosse ben presente, fin dall’inizio, la trazione con cremagliera ed il sistema di trasmissione ancora a traversa della “Puffing Billy”.
Un buon successo lo ottenne la Salamanca. Si trattava di una locomotiva a cremagliera nella quale una ruota dentata centrale veniva azionata da due cilindri annidati alla sommità della caldaia centrale. Era stata progettata per il traino di convogli particolarmente pesanti, infatti con un peso proprio di 5 tonnellate poteva movimentare convogli fino a 90 tonnellate.; venne infatti utilizzata per circa vent’anni.
Ma anche in Francia si davano da fare infatti, sempre nel 1829, la locomotiva di Seguin permise di inaugurare il tratto Saint-Étienne – Lione.
Il nostro Camillo conte di Cavour, tra il 1835 ed il 1843 si recò sia in Francia che in Inghilterra e si rese conto della efficacia di questi nuovi oggetti. La rete ferroviaria inglese crebbe rapidamente e, verso il 1840, aveva già raggiunto circa 3.000 km sostenuta da alcune dozzine di piccole società locali e senz’altro rappresentò la prima rete ferroviaria mondiale. In Italia soltanto nel 1839 si inaugurò la Napoli – Portici. Il rendimento delle locomotive a vapore subirà costanti miglioramenti fino a raggiungere nel 1920 un valore prossimo al 10%, quindi abbastanza limitato, alimentando il cilindro con vapore surriscaldato ad una pressione di 12 – 16 bar.
In Inghilterra le numerose aziende ferroviarie singole si consolidarono in solo quattro nel 1922.
15 - Il coronamento dell’impresa industriale
In quel periodo regnava la regina Vittoria che, dopo 14 anni di regno nel 1851, celebrò con una esposizione universale i risultati raggiunti durante il suo regno. L’iniziativa fu grandiosa ma addirittura 240 progetti vennero rifiutati poiché ritenuti troppo costosi e, tra l’altro, impossibili da realizzare nei tempi richiesti. Vinse Joseph Paxton che propose una costruzione innovativa in ferro e vetro intitolandola Crystal Palace. La compose in pannelli modulari che potevano essere addirittura imbullonati tra loro nel momento in cui arrivavano dalle fonderie applicando quindi un prototipo di “just in time”.
La potenza dell’impero britannico fu evidente considerando che aderirono all’iniziativa 39 Paesi stranieri e 42 Colonie britanniche.
16 - I Provvedimenti legislativi
Tuttavia, in contrasto con lo spirito innovativo generale, il governo sostenne con ogni mezzo lo sviluppo della ferrovia introducendo il Red Flag Act del 1865 con il quale decise di limitare la velocità dei veicoli su strada aperta a soli 6 km/h fuori città ed a 3 km/h in città, imponendo inoltre che un uomo precedesse il veicolo con una bandiera rossa allo scopo di avvisare coloro che andavano a cavallo del passaggio di un autoveicolo. Questa limitazione venne eliminata soltanto nel 1896 ma certamente frenò lo sviluppo della applicazione del motore ai veicoli stradali, che infatti trovarono miglior sviluppo in altri Paesi europei sopravanzando quindi l’Inghilterra e ciò avvenne nelle ultime decadi del XIX esimo secolo.
17 - La Potenza
Sta di fatto che i motori descritti si stavano imponendo sviluppando la loro potenza quantizzata, dal nostro James con la prima unità di misura della potenza stessa, il Cavallo Vapore, che conosciamo bene ancora oggi. Si tratta della potenza che si sviluppa sollevando 75 kg per 1 metro di altezza ed in 1 secondo. Dimezzando il peso o raddoppiando il tempo si otterrà un mezzo cavallo e quindi ciascuno di noi può facilmente immaginare quanta potenza è in grado di sviluppare. Quanto ci mettiamo al volante delle nostre automobili frequentemente disponiamo di circa 100 Cavalli e quindi disponiamo di una potenza e, di conseguenza di una energia, a dir poco inimmaginabile prima che la rivoluzione industriale si sviluppasse.
18 - Conclusioni
Sta di fatto che il nostro Camillo si trovò di fronte a questo cambiamento epocale e ne fu certamente impressionato decidendo quindi di trasferire i possibili vantaggi nel suo piccolo Piemonte cercando le risorse economiche per attrezzare sia le infrastrutture sia i relativi mezzi meccanici e, non da poco, decidendo le priorità poiché, piccolo particolare, doveva anche finanziare il peso delle guerre di indipendenza. Se questa attività di Camillo Benso vi potrà interessare potremo parlarne in un prossimo incontro. Per il momento vi ringrazio per la partecipazione e l’attenzione.
Santena, 7 dicembre 2022
BIBLIOGRAFIA
The Industrial Revolution – Jan. 1998 – John Watney
Politecnico di Torino – Corso di Ingegneria dell’Automobile
Enciclopedia Treccani
Wikipedia