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La storia del parco


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Il parco attuale ha un'estensione di 23 ettari: il suo nucleo originario risale ai primi del ‘700, quando fu edificata l’attuale villa.

All’epoca, la proprietà dei Benso comprendeva alcuni rustici, la cappella della Madonna delle Nevi, la cascina Margheria con la vigna e - di fronte al castello - un giardino organizzato in quatto parterres delimitati da siepi e bordure fiorite. Tra il giardino e la vigna correva un ramo del torrente Banna, il rio Santena Vecchia o Santenassa.

In una mappa del 1765 si vede l’area del giardino trasformata in prato, delimitato da filari di alberi disposti perpendicolarmente alla villa: probabilmente sono platani, di cui restano ancora oggi degli imponenti esemplari.

La mappa del 1765 è confermata dalla planimetria del 1797. Un dipinto di fine ‘700, attribuito all'Abate Borson conferma ulteriormente la trasformazione e mostra davanti al palazzo il giardino, delimitato da due filari di alberi: l’area è chiaramente destinata ad uso agricolo.

Nel 1795 i nonni di Cavour, Filippo Benso e Filippina di Sales, fecero erigere l'argine del torrente Banna per limitare le frequenti esondazioni e consolidarono la proprietà agricola, costruendo la Cascina Nuova.

Ad inizio ottocento si dedicano a risistemare il giardino, affidando probabilmente il progetto all'Abate d'Arvillars, consulente botanico dei Savoia a Racconigi.

Verso il 1830 Michele Benso affida al prussiano Xavier Kurten - direttore del parco di Racconigi – la sistemazione definitiva del parco, secondo la moda del giardino pittoresco. Il Kurten dispose gli alberi, isolati o a gruppi, nella fascia attorno al prato centrale e lungo il perimetro esterno, nascondendo i muri di confine con folti boschetti, solo apparentemente spontanei; mantiene lo stagno per la sua funzione paesaggistica e predispone sentieri sinuosi per consentire molteplici visuali del castello. Il parco viene ancora ampliato e tutta l'area è adibita a passeggio e riposo per la famiglia e per gli ospiti. Un secondo quadro dell'Abate Borson del 1827-1830 testimonia la trasformazione del giardino in parco all'inglese: i filari arborei sono scomparsi e il prato è occupato da gruppi d'alberi e boschetti sparsi.

Negli anni successivi non risultano altri interventi. La Villa di Santena mantiene la funzione di rappresentanza e di villeggiatura stagionale, per la sua vicinanza a Torino, e a questa proprietà i Benso aggiunsero altre tenute, dove Cavour applicava tecniche agrarie innovative e sperimentava nuove colture e nuovi concimi: si tratta di Grinzane, presa in affitto dal duca Clermont Tonnerre, e di Leri, nel Vercellese, acquistata in seguito alla liquidazione dei beni di Camillo Borghese.

Solo dopo il 1876, rinasce l'interesse per la proprietà di Santena, quando Giuseppina Benso ne entra in possesso alla morte del fratello Aynardo. La marchesa dà il via a importanti lavori di restauro e fa sistemare il parco, sostituendo e integrando gli alberi esistenti, pur senza modificare la forma e lo stile del progetto del Kurten.

Nella prima metà del '900 il parco fu utilizzato come fondo agricolo, annesso alla Cascina Nuova: non risultano particolari trasformazioni, ma solo interventi di conservazione e di manutenzione, probabilmente per i danni causati dalle piene del Banna (le due maggiori sono del 1901 e del 1951).

Il 17 agosto 1978 un frassino di oltre 25 metri si schiantò al suolo, uccidendo una donna con la figlia neonata. Il parco fu immediatamente chiuso al pubblico e restò inagibile fino al 1982, anno in cui fu parzialmente riaperto dopo interventi straordinari di dendrochirurgia e controlli fitosanitari.

Nel 1988 viene stipulata una convenzione tra Città di Torino, Comune di Santena e Fondazione Cavour per definire le rispettive responsabilità nella gestione del parco: la manutenzione è affidata al Servizio Giardini e Alberate di Torino.

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