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STORIA E STORIE DELLA SCUOLA ITALIANA. Dal settecento alla prima metà dell’ottocento – Legge Casati 1859. Parte prima.


di Carla Eandi

“L’educazione è l’arma più potente per cambiare il mondo”

Nelson Mandela

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PREMESSA

Prima di parlare di storia della scuola occorre chiarire alcuni termini importanti che formano le coordinate del mondo della scuola. I termini richiamano ai concetti di EDUCAZIONE, ISTRUZIONE, SOCIETA’, PEDAGOGIA e infine SCUOLA.

Educazione

L’educazione è l’insieme dei processi e degli strumenti attraverso cui una società trasmette da una generazione all'altra il patrimonio di conoscenze, valori, tradizioni, comportamenti che la caratterizzano. Il termine educazione deriva dal latino educare, del quale vengono indicate due origini e due significati diversi: édere, che significa "alimentarsi"; ex-dúcere, che significa "trarre fuori". Il primo significato pone l'accento su un processo biologico che consente la crescita dell'individuo, l'altro sulla possibilità più generale di promuovere lo sviluppo di qualcuno, di "tirarlo fuori" da una situazione di immaturità che può essere tanto biologica quanto intellettiva. I due significati mettono in evidenza una dimensione fondamentale dell'educazione, cioè quella relazionale: cioè un insieme di processi che caratterizzano un rapporto interpersonale in cui c'è chi "si alimenta" e chi "alimenta", chi "trae fuori" e chi "viene tratto fuori" dallo stato di immaturità. L'educazione passa attraverso i processi comunicativi che regolano il rapporto tra un membro più competente e uno meno competente: ciò consente la trasmissione dal primo al secondo dei contenuti culturali, ma anche dei comportamenti e delle modalità di ragionamento tipiche della comunità sociale cui entrambi appartengono. Sono processi comunicativi che permettono l'apprendimento, che è l'esito naturale di una relazione sociale a carattere educativo. Tutto questo significa che qualsiasi relazione tra soggetti con gradi diversi di competenza può essere educativa, e quindi che i processi e i sistemi educativi permeano a più livelli l'intera struttura sociale. Significa inoltre che contenuti, comportamenti, modalità di ragionamento trasmessi tramite i processi educativi sono socialmente e storicamente determinati, cioè dipendono dall'identità ideologica e dalle scelte politiche che caratterizzano in quel momento storico la società in cui tali processi si realizzano.

Educazione come processo esplicito o implicito

In ogni società esistono delle agenzie deputate all'azione educativa. Tra di esse, Le principali sono la scuola e la famiglia. Pertanto sia i genitori quanto gli insegnanti hanno il dovere di promuovere lo sviluppo dei figli e degli studenti, riconoscono come obiettivo del loro ruolo educativo quello di indirizzare tale sviluppo verso la formazione di soggetti adulti integrati e attivi nel contesto sociale di riferimento, e scelgono in maniera consapevole i metodi con cui realizzare tale obiettivo. L'individuazione degli obiettivi e dei metodi educativi è precisa e sistematica soprattutto nel caso della scuola, che in questo senso è uno degli oggetti di riflessione della pedagogia e la sede principale di riferimento per l'elaborazione di curricoli.

Educazione come sede di conservazione o progresso socioculturale

Attraverso l'educazione una società mira alla sua sopravvivenza, si assicura la perpetuazione del suo sistema culturale trasmettendolo alle nuove generazioni. L'intervento educativo dovrebbe fornire alle nuove generazioni sia il patrimonio socioculturale costruito dalle generazioni passate e gli strumenti per interpretarlo in modo nuovo, per superarlo senza disperderlo, ma arricchendolo. In questo senso l'educazione svolgerebbe un importante ruolo di mediazione tra il passato e il futuro, senza il quale non esisterebbe la possibilità per una società e, più in generale, per l'umanità, di costruire la propria storia: infatti, estremizzando, l'assenza di interventi educativi – più o meno organizzati in un sistema scolastico – condannerebbe ogni "storia" (o "cultura") a svanire con la scomparsa della generazione che ne è stata protagonista e ogni nuova generazione a ricominciare da capo. Chi abbraccia questo punto di vista considera l'educazione come la sede in cui si costruisce e insieme si realizza la libertà: chi educa fornisce a chi viene educato gli strumenti per esprimere liberamente la propria individualità, ed è proprio questa possibilità di esprimersi liberamente che permette a ogni membro di interpretare la società in modo personale, originale, divergente rispetto al passato e quindi di consentirne il progresso. Non solo: è attraverso l'educazione che i gruppi sociali più svantaggiati troverebbero gli strumenti per affrancarsi dal loro stato di inferiorità socioculturale, e quindi per accedere ai luoghi del potere e del sapere.

Istruzione

Per istruzione si intende "l'opera svolta per istruire attraverso l'insegnamento…e il risultato o frutto di tale attività", cioè "apprendere … una serie di nozioni relative sia a una materia [...] o a un'arte, sia all'esercizio di una particolare attività". Nel senso più generico fa riferimento all'aspetto più scolastico dell'insegnamento. L'istruzione appartiene all'area delle scienze sociali, ma è rilevante anche nell'ambito delle scienze umane: essa può essere pubblica o privata.

Pedagogia

Il termine deriva dal greco, da παιδος (paidos) «il bambino» e αγω «guidare, condurre, accompagnare». Nell'antichità, il pedagogo era uno schiavo che accompagnava il bambino a scuola, portandogli il materiale, facendogli pure ripetere le lezioni e seguendolo nell'esecuzione dei compiti.

Tra le possibili definizioni della pedagogia, dell’educazione e della scuola se ne possono assumere alcune recenti:

- La pedagogia è la scienza che studia i processi educativi nella duplice accezione di trasmissione e trasformazione culturale, e la qualità delle relazioni interpersonali che le rende possibili.

- La pedagogia si occupa, in particolare, degli indirizzi educativi, dei valori, degli obiettivi perseguiti.

- La pedagogia è "la lettura della realtà sotto il profilo dell'educazione" per la realizzazione di un possibile mondo migliore. Il destinatario della pedagogia è innanzitutto il bambino, ma oggi si avverte anche la necessità che la scienza dell'educazione si occupi sia degli adulti (andragogia) sia degli anziani (geragogia).

- La pedagogia è la scienza generale della formazione e dell'educazione dell'uomo. È una scienza costituita da un organico sistema di saperi. Essa è una scienza generale poiché affronta ogni aspetto relativo ai suoi due oggetti centrali: la formazione e l’educazione.

LA SCUOLA TRA SOCIETA’ E PEDAGOGIA

L’Enciclopedia Treccani così definisce il termine scuola

scuòla (pop. o poet. scòla) s. f. [lat. schŏla, dal gr. σχολή, che in origine significava (come otium per i Latini) libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutto spirituali, indipendentemente da ogni bisogno o scopo pratico, e più tardi luogo dove si attende allo studio]. – 1. Istituzione a carattere sociale che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tende a dare un’educazione, una formazione umana e culturale, una preparazione specifica in una determinata disciplina, arte, tecnica, professione, ecc. Con questo significato., che è il più comune, la parola è in genere accompagnata da determinazioni che ne specificano il carattere, le materie d’insegnamento, le persone cui l’insegnamento è diretto,

BREVE SINTESI SULLA STORIA DELLA SCUOLA dal 700 al 1859-Legge Casati

Le riforme dei principi illuminati

Nel Settecento iniziò l'istituzione di scuole pubbliche promosse e controllate dallo Stato (e non dai comuni, come accadeva già dal Medioevo).

Lo Stato italiano che inaugurò questa nuova politica scolastica nella penisola fu il Regno di Sardegna: una serie di riforme attuate da Vittorio Amedeo II di Savoia dal 1717 al 1727 istituirono scuole laiche statali di vario grado e un apposito "Magistrato" incaricato di vigilare contro l’ ingerenza di ordini religiosi .

Nella seconda metà del secolo l'espulsione dei Gesuiti da molti stati (iniziata nel 1767 con il provvedimento preso nel Regno di Napoli) e poi la bolla papale del 1773 Dominus ac Redemptor, con il quale l'ordine fu soppresso, ebbero grande rilevanza nel generale processo di "secolarizzazione dell'istruzione", anche se il più delle volte i gesuiti furono sostituiti da altri ordini religiosi, anche per la difficoltà di trovare un adeguato numero di insegnanti laici.

Nel Ducato di Parma e Piacenza, fu soprattutto Ferdinando I di Parma (1765-1802) ad organizzare una scuola pubblica e laica, in particolare creando, nel 1768 a Piacenza, la Scuola San Pietro, un istituto superiore laico che andava a sostituire il Collegio Piacentino dei Padri Gesuiti, fondato nel XVI secolo.

La più importante riforma scolastica europea fu quella varata da Maria Teresa d'Austria nel 1774. Essa prevedeva tra l'altro l'obbligatorietà della scuola elementare per i bambini dai 6 ai 12 anni e l'istituzione di apposite scuole normali (Normalschulen) per la preparazione dei maestri.

In Italia la riforma teresiana fu parzialmente attuata in Lombardia: nel 1788 nacque a Milano la prima scuola pubblica per la preparazione dei maestri (detta scuola di metodo).

Nel Granducato di Toscana una riforma scolastica fu iniziata da Pietro Leopoldo I che dopo avere espulso Gesuiti e Barnabiti affidò le scuole a Scolopi, sacerdoti secolari e laici, aprendo numerose scuole pubbliche elementari (dette allora minori o basse) e secondarie. Il progetto di riforma scolastica elaborato nel 1788 fu tuttavia in larga misura accantonato dopo il passaggio di Pietro Leopoldo sul trono d'Austria.

Nello Stato Pontificio la gestione dell'istruzione rimase integralmente affidata agli istituti religiosi.

Anche nel Regno di Napoli la gestione delle scuole ricadeva in buona parte sugli istituti religiosi, ma l'amministrazione statale borbonica iniziò ad istituire un'istruzione pubblica. Furono Carlo III e suo figlio Ferdinando ad organizzare la prima istruzione scolastica pubblica nei Regni di Napoli e di Sicilia.

Già nel 1766, poco prima dell'espulsione dei gesuiti, un piano di riforma che prevedeva l'istituzione di scuole pubbliche gratuite anche per i figli dei contadini fu preparato da Antonio Genovesi e parzialmente attuato.

Nel 1769, voluta dal re sabaudo Carlo Emanuele III di Savoia, venne inoltre inaugurata la Scuola di Veterinaria di Torino la prima in Italia e la quarta nel mondo

Il periodo francese

Con la Rivoluzione francese si afferma una nuova concezione della scuola, che trova la sua formulazione più chiara e completa nel Rapport et project de décret sur l'organisation génerale de l'Instruction publique, redatto da Condorcet nel 1792 e presentato all'Assemblea Nazionale a nome del Comité d'instruction publique.

L'istruzione primaria viene concepita come pubblica, obbligatoria e gratuita: tutti i cittadini, sia maschi che femmine, devono accedervi. Per i livelli superiori non deve esservi invece uguaglianza dell'istruzione, che deve valorizzare i talenti, ma uguaglianza di opportunità. La scuola, bandendo qualsiasi insegnamento religioso, deve essere laica, basata da una parte sulla trasmissione di capacità professionali utili, contenuti verificabili e metodi razionali e dall'altra sulla formazione civile.

Nelle repubbliche giacobine italiane e poi nel Regno d'Italia e nel Regno di Napoli del periodo napoleonico la scuola cercò di modellarsi su quella francese. Nel 1810, invece, Gioacchino Murat decretò l'obbligatorietà della scuola primaria.

A parte l'indottrinamento ideologico (il Catechismo cattolico fu sostituito prima con il Catechismo repubblicano e poi, nel regno meridionale, con il Catechismo dell'impero francese) le modifiche più significative e durature riguardarono l'estensione dell'istruzione elementare e la ristrutturazione dell'istruzione secondaria.

I primi licei sul modello francese sono introdotti con la legge del 4 settembre 1802, affiancandoli ai ginnasi di modello austriaco. Con il Piano d'istruzione generale varato nel 1808 si decide di istituire nel Regno d'Italia un liceo in ogni capoluogo di dipartimento e un ginnasio in ogni comune con più di 10.000 abitanti. Dapprima si prevede che queste scuole siano gratuite, ma l'anno successivo vengono introdotte tasse scolastiche. Anche nel Regno di Napoli vengono creati collegi governativi in ogni provincia (tranne Napoli, dove ne sorgono due), il cui corso di studi viene poi articolato in un ginnasio propedeutico e un successivo liceo con due indirizzi: uno umanistico-letterario e l'altro scientifico.

Dalla Restaurazione all’Unità

Nella prima metà dell'Ottocento, sotto l'ondata della Restaurazione, anche in Italia le innovazioni scolastiche vennero in parte abbandonate o comunque rallentate. Tuttavia numerosi pedagogisti ed educatori continuarono a lavorare per la crescita di un più moderno sistema scolastico.

Nel regno Lombardo-Veneto, sotto la dominazione austriaca, è rilevante il Regolamento normale per le scuole elementari del 1818 che detta le norme di funzionamento di una capillare rete di scuole elementari pubbliche. Nel regno di Sardegna disciplinarono il settore le leggi Bon Compagni del 1848 e Lanza del 1857.

Notevole fu anche l'impegno di Raffaello Lambruschini all'interno del Granducato di Toscana; impegno che continuò in seguito, dopo l'unificazione al Regno d'Italia. Nello Stato Pontificio, dove in molte scuole valeva ancora la regola educativa dei Gesuiti, proclamata nella "Ratio Studiorum", il lavoro di Vitale Rosi (pedagogista, 1782-1851) servì a porre le basi di una scuola più moderna. Da ricordare il movimento degli asili infantili iniziato da Ferrante Aporti nel regno Lombardo-Veneto.

Dopo questa panoramica storica e prima di affrontare il pensiero di Cavour sulla scuola, è d’obbligo tornare brevemente al rapporto tra pedagogia, società e scuola parlando di pedagogisti

Si è notato e si noteranno molti nomi di esperti e personaggi importanti che compariranno della dissertazione e che ricordano la toponomastica di Torino oppure che ricorrono nella nostra memoria

Chi sono i pedagogisti

Si definisce pedagogista: lo specialista dei processi educativi (ricerca e applicazione). Il pedagogista è un professionista dotato di una formazione generalmente multidisciplinare, che comprende la pedagogia stessa, la psicologia, l’antropologia, la sociologia.

Il pedagogista opera nei settori dell'educazione dei minori e degli adulti, nella prevenzione e nella formazione, opera grazie agli strumenti propri della pedagogia sperimentale, quali test, osservazione sistemica, colloqui, questionari, indagine statistica e clinico educativa, inoltre nei settori della sanità, della formazione, della scuola, nel sociale, assistenziale ed aziendale.

Nel corso della storia della pedagogia, i grandi nomi da ricordare sono: Socrate, Quintiliano, Comenio, Locke, Rousseau e altri. Tra i maggiori pedagogisti dell'800 sono Pestalozzi, Herbart, Aporti. Molti i pedagogisti del '900, fra i quali possiamo citare, in ordine sparso, Montessori, le sorelle Agazzi, Steiner, , Dewey, Decroly, Claparède, , Makarenko, Ferrière, Hahn, Neill, Freinet, Bruner, Freire; personaggi non specificamente pedagogisti, ma che si sono comunque occupati di pedagogia sono stati: Baden-Powell, Gentile, Gramsci, don Milani, Piaget, Skinner.

Pedagogisti del ‘700

Rousseau

Il tentativo di rivoluzione metodologica dell’insegnamento e dell’educazione nel Settecento prese le mosse da Rousseau (1712 - 1778).

Seguendo il principio della bontà originaria dell’uomo, Rousseau introdusse nella pedagogia il sentimento, gli affetti, la Natura. L’educazione naturale significa "sviluppo spontaneo". L’educatore non si deve imporre, né deve imporre leggi e regole, deve solo permettere che il corso della natura dell’educando si possa compiere secondo il naturale cammino. Anche l’ambiente educativo sarà nuovo, lontano e isolato dalla vita sociale, posto in campagna. Il bimbo crescerà come una pianta, l’educatore baderà solo affinché nulla possa deviare il corso normale.

L’educazione naturale di Rousseau contrapposta a quella positiva che ammette l’intervento dell’educatore, promuove l’attività spontanea dell’alunno, ma molte sono le critiche da fare.

Il pensiero pedagogico di Rousseau si fonda sul presupposto sbagliato della bontà originaria dell’uomo, per cui il fanciullo, lasciato a sé stesso, sviluppa solo a buon fine le proprie inclinazioni. Ma è un presupposto errato, in quanto basato su un concetto di libertà che non corrisponde alla realtà dell’uomo. Infatti egli non è né libero, né buono, quando è in balia dei propri istinti naturali. Emilio è immaginato dall’autore come un fanciullo sano e vigoroso, di intelligenza comune, di condizione agiata; ed il suo educatore è un uomo saggio, colto, di spirito giovanile, che si occupa solo dell’educazione del suo ragazzo. Emilio viene educato in una villa di campagna dove vi sono dei servi, dei conoscenti e degli amici, tutti cospirano col maestro alla sua educazione, senza nessun influsso familiare e sociale.

Rousseau divide il suo romanzo pedagogico in cinque libri: infanzia (1-2 anni), fanciullezza (3-12), preadolescenza (13-15), adolescenza (16-20) e, quindi, giovinezza.

Con Rousseau si enfatizza la necessità della conoscenza da parte dell'educatore delle leggi che caratterizzano l'evoluzione psicologica dell'umano e vengono gettate i primi fondamenti della disciplina che prenderà il nome di psicologia evolutiva.

A tal proposito nel 1912 a Ginevra venne fondata dal Claparède e da Piaget un istituto per la ricerca di psicologia evolutiva intestato a suo nome.

Le teorie pedagogiche di Rousseau favorirono metodi educativi più permissivi e più attenti all'aspetto psicologico dell'educando, esercitando un profondo influsso su riformatori come lo svizzero Pestalozzi.

Inoltre la ricerca pedagogica degli ultimi trent’anni continua ad individuare in Rousseau un punto di riferimento importante per i problemi dell’individualizzazione dell’insegnamento-apprendimento.

L’800, IL SECOLO DELLA PEDAGOGIA

Il romanticismo

La nuova forma culturale si contrappone al razionalismo illuminista del 700 e rivaluta il sentimento, l’irrazionalità, la storia, la tradizione.

Heinrich Pestalozzi (1746-1827)

Nato a Zurigo, da un pastore protestante di origine italiana, studiò nella città natale e partecipò al movimento per l’indipendenza svizzera.

Si pone a cavallo fra Illuminismo e Romanticismo come ideologia, politicamente è dalla parte del popolo (chiede riforme in direzione di una vera libertà e uguaglianza come voleva la rivoluzione francese per fondare una “società ideale”).

Fu fortemente influenzato dal pensiero di Rousseau. Il pensiero pedagogico giovanile di Pestalozzi è guidato dai principi rousseauiani dell’educazione secondo natura, dell’educazione familiare e della finalità etica dell’educazione.

Nel 1767 inizia la sua attività di imprenditore-educatore a Neuhof (nuova fattoria) dove si interessa dei problemi della popolazione agricola, avviando iniziative di educazione professionale e dal 1774 accolse a Neuhof ragazzi orfani, per educarli attraverso il leggere, scrivere e far di conto e attraverso il lavoro.

Interrotto nel 1779 l’esperimento di Neuhof, si dedicò alla ricerca teorica.

Nel 1798 dirige anche un istituto per orfani a Stans, organizzato come una famiglia e rivolto a educare moralmente e intellettualmente i ragazzi affidati. Qui Pestalozzi sviluppa i principi fondamentali del suo insegnamento: il metodo intuitivo e il mutuo insegnamento.

Ma è nel 1805 a Yverdon che Pestalozzi organizza il suo metodo educativo nella forma più compiuta.

Al centro del pensiero pedagogico di Pestalozzi si collocano tre teorie:

educazione come processo che deve seguire la natura (si rifà a Rousseau), l’uomo è buono e deve solo essere assistito nel suo sviluppo in modo da liberarne tutte le capacità morali e intellettuali

formazione spirituale attraverso educazione morale, intellettuale e professionale tra loro strettamente congiunte (mente, cuore, mano)

Pestalozzi ha avvertito l’importanza del lavoro e cioè che il lavoro fa parte dell’essenza umana, e anche l’importanza della formazione dei giovani in comunità e non in solitudine, perché la vita della scuola si svolga in armonia con quella della famiglia e della società.

istruzione attraverso l’intuizione e il contatto diretto con le esperienze che ogni allievo compie nel proprio ambiente, teoria alla quale Pestalozzi dedicò la più vasta attenzione e che sviluppò in particolare in “Come Geltrude istruisce i suoi figli”, secondo la quale è necessario sempre, nell’insegnamento, partire dall’intuizione. Senza “fondamento intuitivo” ogni “verità” è, per i ragazzi, solo “un gioco noioso” e “inadatto alle loro capacità”I suoi scritti: Leonardo e Geltrude, Come Geltrude istruisce i suoi figli, Il canto del cigno.

Pestalozzi sottolinea l’importanza della madre come prima naturale educatrice del bambino. La donna, quindi, conserva un diritto all’istruzione pari all’uomo, anzi, come madre e sposa, diventa il centro della famiglia. L’uomo non può essere veramente tale se non nella concretezza della sua vita, del suo lavoro, delle sue relazioni sociali. Così l’educazione professionale non può bastare a se stessa, ma deve integrarsi in un’educazione veramente umana.

Per molto tempo ancora, quasi tutto il secolo XIX, la scuola rimase in gran parte estranea al movimento attivista, legata alla tradizione, ispirata a rigide formule, agli schemi didattici del positivismo.

Friedrich Frobel (1782-1852)

È il pedagogista del Romanticismo. Nella sua concezione, le idee di Rousseau e di Pestalozzi nascono ad una nuova vita, imbevendosi della filosofia romantica.

Nato in Turingia, si formò a Jena dove dal 1799 seguì i corsi di filosofia, matematica, ecc.

Nel 1805 fa il suo tirocinio di educatore a Yerdon presso Pestalozzi rilevando la debolezza del metodo del pedagogista svizzero per la prima infanzia. Studia poi a Gottinga e a Berlino scienze naturali e linguistica e pubblica nel 1826 la sua opera principale “L’educazione dell’uomo”, in cui sviluppa originalmente motivi di Rousseau, di Pestalozzi. Successivamente fa opera di propaganda per la formazione pedagogica di insegnanti e genitori.

Nel 1839 apre il primo “giardino d’infanzia” che sarà la realizzazione più alta della sua opera di educatore.

Tre aspetti vanno sottolineati nel pensiero educativo di Frobel:

la concezione dell’infanzia – Frobel muove dal un presupposto religioso e in base a tale presupposto, che egli definisce “cristiano”, la natura è sempre buona e lo è in quanto partecipe dell’opera divina. E lo è in modo più netto là dove si sottrae alle manifestazioni della società, dove è più genuina e spontanea, come nel bambino. Se nell’infanzia è depositata la voce di Dio, l’educazione deve solo lasciarla sviluppare attraverso una comunicazione profonda con la natura e la costituzione di un’armonia con il mondo. Nel bambino bisogna quindi potenziare la sua capacità creativa, la sua volontà di immergersi nel mondo-natura, di conoscerlo, di dominarlo partecipando col sentimento e attraverso l’arte alla sua attività creativa (con colori, ritmi, suoni, figure, ecc). Così l’attività specifica del bambino è il gioco, che già nell’infanzia è un’attività “seria”, il gioco con l’utilizzo dei “doni”. I doni sono una sorta di materiale didattico costituito da oggetti geometrici: essi devono iniziare il bambino alla comprensione dell’essenza della natura, dotati come sono di valore simbolico oltre che didattico.

l’organizzazione dei “giardini d’infanzia”, assai diversi dagli asili d’infanzia diffusi nell’Europa della Restaurazione. I giardini d’infanzia non sono luoghi di sola raccolta dei bambini ma spazi attrezzati per il gioco e il lavoro infantile, organizzati da una maestra giardiniera che guida le attività senza che queste assumano mai una forma organica e programmatica, come avviene nelle scuole. Nel giardino è l’”intuizione delle cose” messa al centro dell’attività, è il gioco a predominare. Nel giardino ci sono aiuole e spazi verdi per stimolare le varie attività del bambino sotto la guida dell’educatore

Herbart e il realismo (1776-1841)

Johann Friedrich Herbart si oppone al romanticismo con i suoi aspetti irrazionali e antiscientifici e pone il richiamo su una formazione umana che si intrecci con l’esperienza del reale, dello storico e dello scientifico.

- Sono importanti sia l’insegnamento scientifico-matematico che storico-letterario

- La pedagogia deve costituirsi come scienza

- Il fine dell’educazione è la formazione morale del fanciullo

Il positivismo

Teoria legata alla tradizione illuministico- rivoluzionaria. Il positivismo esalta la tecnica, la scienza, l’ordine borghese della società. Si ha la nascita della Pedagogia scientifica e sperimentale che tende a separarsi dalla Filosofia.

Esponenti: Spencer, Mill, Comte.

Lo spiritualismo cattolico

Esponenti principali Rosmini e Gioberti.

Rivendica alla chiesa il diritto di insegnare e l’elemento religioso deve dominare i vari processi formativi e istruttivi.

Ferrante Aporti(1791-1858)

Ferrante Aporti nasce il 20 novembre 1791 a San Martino dall'Argine (Mantova). La sua era una delle tipiche famiglie della borghesia mantovano-cremonese che vivevano di attività professionali e con le rendite della terra. Primo di sei fratelli, viene avviato dal padre alla carriera ecclesiastica: nel 1804 entra nel seminario di Cremona, dove nel 1815 riceve gli ordini sacerdotali. Si distingue soprattutto negli studi di teologia, metafisica, fisica e matematica; per questo nel 1816 viene accettata la sua iscrizione presso l'Istituto superiore per la formazione del clero secolare a Vienna («Frintaneum»), dove risiede per tutto il periodo; nel contempo frequenta il corso di specializzazione in pedagogia al "Collegio Theresianum" dove era stato introdotto nel 1810.

Aporti non condivide l'indirizzo dominante dell'istituto, orientato a formare preti che siano soprattutto servitori dello stato asburgico. Perciò, non disposto a giurare fedeltà a dottrine non in linea coi principii della Chiesa cattolica, rinuncia a conseguire la laurea e nel 1819 torna a Cremona.

Il vescovo Omobono Offredi gli affida le cattedre di Storia ecclesiastica ed Esegesi biblica nel seminario diocesano; contemporaneamente l'amministrazione austriaca lo nomina direttore delle scuole elementari maggiori e ispettore scolastico provinciale.

È da questo momento che Aporti individua la sua missione nell'attività educativa, intesa come lotta all'ignoranza, la vera ed unica origine dei mali dell'uomo, della società e della patria. Il sacerdote imposta nuove strutture, nuovi metodi, nuovi modelli educativi; nel giro di pochi anni amplia la sua scuola elementare, tiene corsi per i maestri, apre le scuole festive di disegno e architettura, presenta un progetto di riforma per creare gli istituti tecnici, promuove la diffusione di istituzioni educative sul territorio cremonese.

Il sacerdote mantovano fu la voce più importante nel richiamare, in Italia, l’attenzione sull’importanza della formazione della personalità nella primissima età. Fu Direttore delle scuole elementari “maggiori” di Cremona dal 1821 e, tra il 1828 e il 1829, fondò in quella città gli Asili di Carità.

Questi Asili di Carità non erano semplici istituzioni di carità, bensì dei veri e propri laboratori pedagogici. Negli asili aportiani si lasciava ampio spazio alla libera espressione dei bambini e si valorizzava il ruolo formativo del gioco infantile. Ferrante Aporti era stato allievo di Enrico Pestalozzi, infatti nell'educazione intellettiva di Aporti è presente il principio dell'intuizione. Aporti considerava l'Asilo un'importante occasione di prevenzione sociale e di prima educazione, soprattutto, per coloro che non potevano godere dell'educazione scolastica.

Nel 1830 apre la prima scuola infantile gratuita, finanziata dal governo austriaco e dalle autorità scolastiche.

Il primo asilo di Aporti è anteriore al giardino d'infanzia di Frobel (1840).

L’asilo doveva:

  1. accogliere e preservare dai pericoli della strada i figli dei lavoratori (assistenza e prevenzione)
  2. aiutare le famiglie a sostenerli mediante la refezione (refettorio)
  3. educare i bambini nello sviluppo intellettivo, religioso, morale e fisico; all'educazione fisica erano dedicate 5 ore, mentre 4 ore erano dedicate all'attività intellettuale e morale.
  4. attraverso i fanciulli, l'istruzione doveva migliorare le condizioni sociali del popolo e suscitare la coscienza nazionale.

Orari, contenuti e organizzazione della scuola gli stessi della scuola elementare: ingresso alle ore 8:00 e uscita alle ore 17:00.

Le attività variavano ogni mezz'ora, venivano organizzate in questo modo: appello, preghiera e canto; colazione ricreazione, nomenclatura, gioco e preghiera; aritmetica, catechismo e sacre scritture, pranzo ricreazione e preghiera; alfabeto in prima classe, scrivere in seconda e terza, canto e merenda, ginnastica e merenda.

L'esercizio della nomenclatura si basava sul presentare gli oggetti comuni, nominarli e mostrarne qualità ed usi.

La storia sacra si insegnava per mezzo di tabelloni illustrati, gli esercizi preliminari prevedevano la corretta pronuncia di suoni alfabetici, sillabici e il tracciare le aste, la lettura e la scrittura si insegnavano solo nell'ultimo anno, il calcolo si iniziava numerando le cose concrete mentre in terza si apprendevano le quattro operazioni, le frazioni le misure, i pesi e le monete.

Oggi il carcere minorile di Torino è intitolato alla sua memoria

Lapide posta sulla casa natale di Ferrante Aporti

Lapide posta sulla casa natale di Ferrante Aporti

Nel 1844 re Carlo Alberto di Savoia lo chiama a Torino a tenere il primo corso di "Metodo per gli insegnanti elementari" all'Università della capitale sabauda. Nello stesso anno apre a San Martino dall'Argine il primo istituto tecnico agrario.

Nel 1846 riceve la Legion d'onore, su proposta del ministro francese dell'Istruzione Salvandy, probabilmente su pressione della zia Emilie Mallet, che era alla testa del movimento dei fondatori delle Salles d'asile, i quali vedevano nell'Aporti un punto di riferimento per l'organizzazione degli asili.

La sua attività, che lo porta a schierarsi a favore dell'innovazione in campo educativo, gli procura l'apprezzamento degli ambienti liberali. Nel 1848 si espone a favore del Risorgimento italiano firmando l'appello che chiede a Carlo Alberto di Savoia di intervenire nei moti contro l'Impero austriaco. In realtà l'appello viene rinvenuto in minuta, ma non si ha notizia sul fatto che sia stato realmente reso noto. Al rientro degli austriaci a Cremona, è costretto a rifugiarsi a Torino assieme alla famiglia e non otterrà mai la grazia e il consenso al rientro come invece accadde a molti altri. Questo probabilmente perché era un funzionario asburgico e quindi il suo è stato ritenuto un reato di alto tradimento.

La sua candidatura ad arcivescovo di Genova viene attaccata polemicamente costringendolo a rinunciare.

Il governo sabaudo gli affida l'incarico di gestire l'istruzione pubblica (in qualità di presidente del Consiglio universitario); nel 1856 il re lo nomina senatore. La mancata nomina ad arcivescovo, anzi la sua spontanea rinuncia alla carica è dovuta all'opera di dissuasione fatta dal segretario per gli Affari ecclesiastici della Santa Sede monsignor Giovanni Corboli Bussoli, con la scusa della sua manifesta impreparazione data dalla stesura di un manoscritto finalizzato alla stampa e rivolto alla conversione degli ebrei. L'Aporti aveva utilizzato allo scopo una traduzione non autorizzata dalla Chiesa cattolica. Nei fatti, comunque, la Chiesa non poteva approvare la nomina ad arcivescovo di un personaggio che l'Austria considerava un traditore.

Nei suoi ultimi anni Aporti continua a dedicarsi con passione instancabile alla sua attività di studioso e di promotore di istituzioni educative, scrivendo testi, articoli e lettere di teologia e pedagogia, anche quando nel 1857 viene posto in aspettativa.

Muore a Torino il 29 novembre 1858.

Il socialismo

È la posizione teorica della classe popolare e delinea strategie di conquista del potere, delineando una società senza classi.

Karl Marx (1818-1883)

È il fondatore del materialismo storico; secondo Marx sono infatti i rapporti materiali ed economici nella società a determinare il nostro pensiero e la nostra coscienza. Egli distingue in struttura e sovrastruttura. La struttura è costituita dai rapporti materiali, economici di una società; la sovrastruttura riguarda il modo di pensare, la politica, le leggi, la religione, la morale. La sovrastruttura è il riflesso della struttura.

Anche l’educazione è sovrastruttura: in una società capitalista essa è finalizzata al controllo e al mantenimento delle attuali divisioni sociali, ne discende la divisione in una scuola di elite con programmi centrati su discipline linguistico-letterarie per formare la classe dirigente e una scuola per il popolo e le classi svantaggiate basata su una preparazione professionale precoce.

Proposta educativa

Il compito dell’educazione è eliminare la disumanizzazione del lavoro alienato attraverso un modello educativo che concili lavoro produttivo e istruzione. Nella scuola politecnica ipotizzata da Marx l’istruzione si basa su 3 elementi:

- la formazione spirituale

- l’educazione fisica

- l’istruzione politecnica: insegnamento dei fondamenti scientifici generali di tutte le attività produttive e addestramento all’uso degli strumenti elementari di tutti i mestieri unisce il lavoro produttivo all’istruzione.

Lev Nikolaievic Tolstoj (1828-1883)

Introduce un modello di pedagogia radicale e libertaria. Grande romanziere, nella sua tenuta di Jasnasa Poljàna apre una scuola per i figli dei contadini (poi chiusa dalla polizia). Per Tolstoj l’educazione è formarsi alla libertà attraverso la libertà: scuola come palestra di libere attività, studio che parte dall’interesse, disciplina che diviene autodisciplina.

IL PUNTO DI VISTA DEL CAVOUR…e dei progressisti

Cavour era un fervente aportiano, nel 1839 aveva sostenuto anche economicamente la nascita della Società promotrice di Asili e Scuole infantili, insieme ad un gruppo di esponenti della classe politica liberale tra cui spiccavano Carlo Boncompagni, Cesare Alfieri di Sostegno, Federico Sclopis, Ilarione Petitti di Roreto. La Società era stata autorizzata dal sovrano.

Nel 1840 fu pubblicata l’Istruzione ai maestri delle scuole elementari che raccomandava la creazione di una scuola veramente popolare e non soltanto preparatoria allo studio del latino. Nello stesso periodo nacque a Torino una società con l’intento di sostituire il dialetto con la lingua italiana. Nel settembre del 1840 il secondo Congresso degli scienziati italiani invitava i progressisti a proseguire sulla strada dell’educazione popolare.

Nel contempo si affermavano, nel dibattito sull’educazione e sulla scuola, le idee pestalozziane più realistiche e pragmatiche. Naturalmente erano sostenute dagli esponenti politici più attenti alle trasformazioni economico produttive, ai sentimenti più laici e alle iniziative riformatrici come il Cavour, Cadorna, Petitti di Roreto.

Intorno alla metà dell’ottocento si fece molto acceso il dibattito sulla libertà d’insegnamento tra Chiesa e mondo laico.

Il terzo congresso della Società d’Istruzione e d’Educazione era stato, infatti, dedicato alla libertà d’insegnamento, aveva affermato la convinzione liberale che l’istruzione fosse compito dello Stato. A questo proposito, Domenico Berti sosteneva che la libertà era una, inviolabile e personale e l’insegnamento non faceva eccezione, Bertrando Spaventa era su posizioni più rigide. I gesuiti avevano una posizione molto netta e sostenevano che in un paese cattolico, come il Regno di Sardegna, andava riconosciuto alla Chiesa il compito di dirigere il pubblico insegnamento. Il Papa Pio IX parlava della legge Boncompagni (Ministro dell’istruzione nel 1848) come di una funesta legge perché aveva sancito che la scuola era laica e che lo Stato laico deteneva il potere di dettare le norme sull’educazione.

La Legge Boncompagni del 4 ottobre 1848 n. 818 del Regno di Sardegna, era stata emanata da Carlo Alberto grazie ai poteri straordinari conferiti al Re nell'imminenza della prima guerra d'indipendenza.

La legge prevedeva un controllo governativo delle scuole di ogni ordine e grado: sia statali, sia libere. Inoltre andava anche ad eliminare il nulla osta vescovile per la nomina dei professori.

I contenuti della legge Boncompagni possono essere sintetizzati tramite i seguenti punti:

  • istruzione pubblica sotto il controllo dello stato:

L'istruzione pubblica era articolata in tre livelli: elementare, secondario e universitario. Il primo livello, quello elementare, era distinto in due bienni: inferiore e superiore, questa distinzione era obbligatoria. Poi vi era il livello secondario, qui si separavano gli studi classici dagli studi di chi intendeva indirizzarsi verso il lavoro (studi tecnici, professionali ...), questi studi erano quindi privi di sbocchi universitari. Infine, vi era il livello universitario il quale godeva di una leggera autonomia.

  • istruzione religiosa:

La legge Boncompagni limitava le funzioni dell'istruzione religiosa. Le istituzioni religiose ed ecclesiastiche dovevano avere un'abilitazione statale all'insegnamento, mentre i titoli vescovili non erano validi per l'insegnamento.

  • amministrazione scolastica:

La legge designava un'amministrazione scolastica di forma piramidale, dove all'apice vi erano nel rispettivo ordine Ministro e Consiglio superiore della pubblica istruzione. Scendendo verso il basso era possibile trovare una rete di ispettori, consigli, provveditori, che controllavano e dirigevano le scuole del territorio.

Cavour, consapevole che fosse difficile passare dal vecchio sistema a quello nuovo, propendeva per la libertà d’insegnamento soltanto a livello universitario. Riteneva, come la Società d’Istruzione e d’Educazione che si dovesse realizzare il principio solo a livello universitario per giungere all’istruzione secondaria e primaria solo in un secondo tempo.

Cavour sosteneva, inoltre, che il rinnovamento e il potenziamento dell’istruzione dovevano essere concepiti in funzione della modernizzazione economica e sociale. Sosteneva anche l’importanza che questi due aspetti si armonizzassero e che i ceti sociali superiori garantissero migliori condizioni di vita e un’adeguata preparazione professionale per rendere possibile l’inserimento del “popolo-popolo” nella trasformata economia moderna.

La Legge Lanza 1857

Il Ministro Giovanni Lanza, succeduto a Cristoforo Mameli e Luigi Cibrario, a loro volta succeduti a Carlo Boncompagni, tentò di mettere ordine con l’emanazione della Legge sul Riordinamento dell’Amministrazione Superiore della Pubblica Istruzione del 1857 riguardante tutti gli ordini scolastici. Questa legge esercitò grande influenza sulla successiva Legge Casati del 1859. Essa prevedeva, principalmente, la supremazia dello Stato in materia scolastica, la centralità della scuola statale, l’insegnamento poteva essere pubblico o privato, erano previste leggi speciali per l’insegnamento privato.

La legge Casati 1859

La legge Casati approvata nel 1859 dal Regno di Sardegna, esprimeva la cultura politica dei liberali piemontesi alla vigilia dell'unificazione politico-militare della penisola. Questo primo testo normativo si colloca nel contesto sociale della seconda metà dell’ottocento caratterizzato da un diffuso analfabetismo e venne considerato un vero e proprio codice dell’istruzione che regolava tutta la materia: amministrazione e organizzazione della scuola per ordini e gradi. Esso affrontava in modo organico il problema dell’istruzione primaria, alla luce delle idee illuministiche che sostenevano il principio dell’istruzione di massa come bene nazionale. Rimase in vigore fino al 1923 quando fu varata la riforma Gentile.

La legge Casati istituiva una scuola elementare articolata su due bienni, il primo dei quali obbligatorio. Dopo la scuola elementare il sistema si divideva in due: ginnasio (a pagamento) e le scuole tecniche.

Nonostante le “scuole tecniche” permettessero il proseguimento degli studi alla scuola superiore e in alcuni casi all'università, il sistema risultava comunque classista, dato il fenomeno dell'auto-esclusione, che portava i figli delle famiglie meno agiate alla rinuncia agli studi.

La sua applicazione, formale e sostanziale, nelle diverse parti del nuovo Regno d'Italia fu molto eterogenea in quanto condizionata da particolari situazioni geografiche e da pesanti condizionamenti sociali: l’impedimento principale consisteva nella necessità di impiegare i giovani e giovanissimi nel lavoro dei campi in relazione alle esigenze stagionali. Il dibattito politico-culturale in tema di scuola, tra cui spiccano le voci di Francesco De Sanctis e di Pasquale Villari sottolinea le arretratezze della situazione del Mezzogiorno.

Santena, 25 gennaio 2023

BIBLIOGRAFIA

Giorgio Chiosso, Carità educatrice e istruzione in Piemonte-SEI

Nicola D’Amico, Storia e storie della scuola italiana. Dalle origini ai giorni nostri-Zanichelli

Paolo Lamanna, Filosofia e pedagogia nel loro sviluppo storico-Le Monnier

Edizioni Simone, Legislazione scolastica-Simone