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Pinocchio di Collodi. Storia di un burattino italiano


di Irma Eandi

Ti mando questa bambinata, fanne quello che ti pare,

ma se la stampi pagamela bene,

per farmi venire la voglia di seguitarla.

Carlo Lorenzini, nota dell'autore con il primo capitolo della

Storia di un burattino

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"C'era una volta...

- Un re! - diranno i miei piccoli lettori.

- No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e riscaldare le stanze."

Questo è uno degli incipit più celebri della letteratura italiana. È l'inizio di una storia che già dalle prime parole promette di sorprendere i suoi lettori e che, attraverso i trentasei capitoli in cui si snodano le avventure del burattino, non tradisce mai le aspettative. Il suo protagonista e tutti i variegati personaggi che gli ruotano intorno, da oltre un secolo fanno parte della nostra memoria collettiva. memoria che viene incessantemente sollecitata da riscoperte, riletture, drammatizzazioni, rinnovate nelle forme e nei linguaggi, ma sempre appassionate.

Stiamo parlando ovviamente di Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, romanzo scritto da Carlo Collodi, pseudonimo dello scrittore Carlo Lorenzini, a Firenze nel 1881. Si tratta di un classico della letteratura per ragazzi, entrato tra le grandi opere della letteratura italiana grazie anche al giudizio favorevole di Benedetto Croce, che ne scrisse nel 1903 definendo il legno in cui è intagliato il burattino come il legno dell’umanità.

Si tratta di un capolavoro per l'unicità del testo e per le situazioni simboliche e metaforiche; la narrazione è piena di temi e immagini a cavallo tra il magico e il realistico, tra il possibile e l'impossibile, un testo originale nel suo insieme.

Di questo libro tanto si è scritto, interpretato e analizzato. Dall'analisi freudiana del naso, all'interpretazione esoterica di un Geppetto che, stregone sui generis, costruisce nel suo antro/bottega un burattino dotato di anima e di carattere, dalla riduzione a romanzo formativo che veicolava i valori Lavoro-Patria-Famiglia, a quella addirittura di un Collodi anarcoide con la creazione del paese di Acchiappacitrulli come un luogo metaforico in cui si puniscono gli onesti e si premiano i criminali; infine il romanzo è stato oggetto di infinite riletture dalla critica letteraria e pedagogica .

Pinocchio, così possiamo citarlo per brevità, un libro per ragazzi, pubblicato alla fine dell'Ottocento e radicato nell'Italia postunitaria povera e rurale, si è progressivamente trasformato in un classico della letteratura mondiale, con ben oltre 220 traduzioni, contando anche numerosi dialetti e incalcolabili edizioni. Il suo è un destino meraviglioso: da racconto dell'Italia contadina a metafora universale ha viaggiato dalle colline toscane tra San Miniato e Ponte d'Elsa al mondo intero.

Ogni personaggio, ogni carattere del Pinocchio possono essere visti come modelli e ogni avventura del burattino può essere letta come un percorso universalmente umano: la solitudine, l'assenza, il perdono, la menzogna, la crescita, la trasformazione e molto altro ancora.

Pinocchio è una storia e Collodi è il suo narratore. E come in ogni buona storia, anche in quella del burattino gli ingredienti si mescolano e si accavallano in un susseguirsi sorprendente: la fatalità del caso, la natura meravigliosa, gli animali parlanti, l'amicizia, la nascita e la morte, la prigione, i paesi fantastici e fantasiosi, insomma i labirinti del vivere in cui ci si perde e, come accade spesso nelle storie, alla fine ci si ritrova.

"In mezzo a tutte queste meraviglie, che si succedevano le une alle altre, Pinocchio non sapeva più nemmeno lui se era desto davvero o se sognava sempre ad occhi aperti..."

L’autore fa anche una dedica alla Commedia moderna, alla Commedia dell’arte. Pinocchio è un burattino, così come sono burattini i protagonisti del teatro, ed il teatro dei burattini è un luogo frequentato dallo scrittore, ma il teatro, anzi, «il Gran teatro» è anche il luogo importante dove Pinocchio scopre il suo coraggio e la sua sensibilità, che lo stesso Mangiafoco gli riconosce.

Il pedagogista Luigi Volpicelli dice: «Ne è venuta fuori, così, una creatura proverbiale e fiabesca, eppure realissima, un nuovo personaggio della commedia dell’arte, nelle cui maschere il nostro Paese espresse e raddensò la sua saggezza e la sua filosofia della vita». Prima di chiamarsi Pinocchio, e divertire i monelli di tutto il mondo, ha scritto una volta per tutte Paul Hazard – primo iniziatore della critica su Pinocchio – il nome del nostro burattino fu Arlecchino, Pulcinella, Stenterello.

Copertina originale di “Le avventure di Pinocchio” 1883

Copertina originale di “Le avventure di Pinocchio”, 1883

Carlo Lorenzini, in arte Collodi

Carlo Lorenzini, vero nome di Carlo Collodi, nasce il 24 novembre del 1826 a Firenze in una famiglia di modeste origini: il padre Domenico è cuoco a servizio della famiglia fiorentina dei marchesi Ginori, presso cui la madre dello scrittore, Angelina Orzani, fa da domestica. Il piccolo Carlo trascorre così la sua infanzia presso il paese di origine della madre, Collodi (da cui in seguito ricaverà il proprio pseudonimo), e viene poi indirizzato, a causa delle difficili condizioni economiche familiari, alla vita ecclesiastica, entrando infatti nel seminario di Colle Val d’Elsa nel 1838, a dodici anni. Nel 1842 Carlo rientra nel capoluogo toscano per proseguire gli studi umanistici (in retorica e filosofia) presso la scuola dei Padri Scolopi di San Giovannino; due anni dopo, tuttavia, eli abbandona gli studi e trova lavoro presso la libreria Piatti come commesso, entrando così in contatto per la prima volta con intellettuali, giornalisti e letterati ed anche completando, da autodidatta, la propria formazione; dal 1847, Collodi diventa anche collaboratore per la «Rivista di Firenze». Nel 1848 entra nella burocrazia statale e da qui in poi prosegue nella carriera amministrativa fino alla carica di Segretario amministrativo.

Carlo Lorenzini, in arte Collodi  (1826-1890)

Carlo Lorenzini, in arte Collodi, (1826-1890)

La partecipazione come volontario alla Prima guerra di Indipendenza nelle battaglie di Curtatone e Montanara, sull’onda delle passioni patriottiche, porta ad una prima disillusione, per la disorganizzazione dell’esercito e l’inettitudine delle classi dirigenti; successivamente prenderà parte anche alla Seconda guerra d'Indipendenza arruolandosi nei cavalleggeri di Novara.

Collodi non si dedicherà solo alla professione di scrittore per bambini, anzi, essendo un ribelle come il suo burattino, non perderà occasione per esprimere su giornali e periodici le sue idee di seguace di Giuseppe Mazzini, se necessario anche fondando una rivista.

Di ingegno versatile, creativo, spiritoso, lo scrittore fonda il periodico “Il Lampione” che si prefiggeva di “far lume a chi brancolava nelle tenebre”; il giornale, di posizioni antiaustriache e filodemocratiche e con un occhio di riguardo per la questione dell’educazione delle fasce più basse e socialmente arretrate della popolazione, dopo la restaurazione granducale dovette chiudere (riaprirà undici anni dopo) e Collodi si dedicherà, tra il 1853 e il 1855 al giornale “Scaramuccia” occupandosi soprattutto di critica teatrale e collaborando ad altri periodici fra cui il “Fanfulla“.

Sempre in questi anni lo scrittore si dedica alle prime prove creative, mescolando generi differenti: Un romanzo in vapore (1856) è una specie di guida turistica che segue la linea ferroviaria Firenze-Livorno, detta “Leopolda”, alternando alla descrizione di viaggio e alle informazioni pratiche brevi inserti narrativi, comici o bozzetistici, che preannunciano le prove più impegnative. Nel 1857, I misteri di Firenze sono una parodia del genere ottocentesco del romanzo d’appendice.

Dopo aver partecipato alla Seconda guerra di indipendenza (1859), Collodi collabora con riviste e giornali e diventa frequentatore del Caffè Michelangelo, il luogo di ritrovo della corrente pittorica dei Macchiaioli. Nel 1875 l’editore Paggi gli affida la traduzione delle fiabe di Charles Perrault (1628-1703) e dei suoi Racconti di mamma l'Oca, dove compaiono racconti quali Pollicino, Cappuccetto rosso, La bella addormentata, Il gatto con gli stivali e Cenerentola. Il volume di Collodi, edito sotto il titolo de I racconti delle fate, segna l’avvicinamento dello scrittore alla narrativa per l’infanzia, e il successo dell’operazione è tale da convincere e da suggerire ai fratelli Paggi di commissionargli altri testi che coniugassero invenzione narrativa e finalità didattica (sulla scia anche della riforma dell’educazione del ministro Coppino, che nel 1877 rende obbligatori i primi tre anni di studi elementari, creando così un mercato di libri di testo per scolari) . Nascono così Giannettino (1877) e Minuzzolo (1878), romanzi che poi diventano anche testi per l’insegnamento e che preparano il terreno per il capolavoro di Collodi: Le avventure di Pinocchio.

Pinocchio illustrato da Attilio Mussino

Pinocchio illustrato da Attilio Mussino

Il romanzo nasce, con il titolo Storia di un burattino, come racconto a puntate per il «Giornale per i bambini» di Ferdinando Martini; quando, dopo le prime avventure, Collodi decide di interrompere la storia (con l’impiccagione di Pinocchio alla Quercia Grande) , le proteste dei lettori sono tali da indurlo a riprendere e proseguire la storia, dandole una conclusione positiva in cui il burattino di legno, avendo appreso il valore dell’istruzione e dell’educazione, si trasforma in un bambino vero. La pubblicazione si conclude nel 1883, quando Le avventure di Pinocchio sono pubblicate in un volume di trentasei capitoli. Da lì in poi, Pinocchio diventa un autentico best seller, risultando uno dei libri più letti nell’intera letteratura mondiale.

Prima di aver goduto del meritato successo, Carlo Collodi muore, improvvisamente, il 26 ottobre 1890 a Firenze. Le sue carte, donate dalla famiglia, sono conservate nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

La trama del libro

Mastro Ciliegia, un povero falegname, trova un pezzo di legno e dopo aver iniziato a lavorarlo si accorge che non è come tutti gli altri: parla! Mastro Ciliegia ne è spaventato e pensa bene di regalarlo a Mastro Geppetto, che vuole costruire un burattino per fare spettacoli e rimediare un po’ di soldi.

Quando Geppetto intaglia il pezzo di legno, si trova ben presto tra le mani un burattino parlante che, non appena ha le gambe, pensa bene di scappare.

Da qui iniziano le marachelle di Pinocchio, che ha un buon cuore e ottime intenzioni, ma non ha molta voglia di impegnarsi, di studiare ed è irrimediabilmente attratto da tutto ciò che è divertimento.

Quindi eccolo esibirsi a uno spettacolo di burattini, invece di andare a scuola, vendendo l’abbecedario per un misero biglietto, quando Geppetto, per comprarlo, aveva barattato la sua giacca rimanendo in maniche di camicia nel freddo dell’inverno.

Eccolo andare in un’osteria con il Gatto e la Volpe e poi farsi convincere a seminare le monete d’oro nel Campo dei Miracoli. Eccolo rubare grappoli d’uva nel campo di un contadino. Eccolo azzuffarsi con i compagni quando finalmente decide di andare a scuola. Eccolo partire con Lucignolo per andare al Paese dei Balocchi, proprio il giorno in cui avrebbe dovuto diventare un bambino vero.

Ma le sue marachelle, le deviazioni dalla retta via, non finiscono mai bene: viene rapito da Mangiafuoco, viene derubato dal Gatto e dalla Volpe, quasi ucciso dagli Assassini, arrestato più volte, messo a guardia di un pollaio dal contadino, finisce in mare, viene pescato e quasi fritto, diventa un asino nel Paese dei Balocchi, finisce in un circo e poi di nuovo in mare, mangiato dal pesce-cane.

Qui ritrova inaspettatamente il babbo Geppetto e finalmente il burattino capisce la lezione e diventa finalmente un bambino vero.

In tutto il percorso di Pinocchio, ci sono personaggi che, come le sirene di Ulisse, cercano di attirarlo verso le tentazioni, come il Gatto e la Volpe o Lucignolo; poi ci sono dei personaggi che cercano, invece, di aiutarlo a migliorarsi, a crescere, a seguire la via giusta e qui si parla della fata Turchina e del Grillo Parlante che è talmente scomodo da venire addirittura ucciso dal burattino, nella versione originale.

Va detto che il burattino Pinocchio ha dei momenti di consapevolezza ...

“Quante disgrazie mi sono accadute… E me le merito! perché io sono un burattino testardo e piccoso…, e voglio far sempre tutte le cose a modo mio, senza dar retta a quelli che mi voglion bene e che hanno mille volte più giudizio di me! … Ma da questa volta in là, faccio proponimento di cambiar vita e di diventare un ragazzo ammodo e ubbidiente… Tanto ormai ho bell’e visto che i ragazzi, a essere disubbidienti, ci scapitano sempre e non ne infilano mai una per il su’ verso”.

Ma poi, nonostante i buoni propositi, si fa incantare dalle sirene, cede di nuovo alle tentazioni e la giostra ricomincia.

Deve davvero passarne di tutti i colori, prima di rassegnarsi e decidere definitivamente di mettersi d’impegno per diventare migliore. Solo allora raggiunge il suo traguardo, realizza il suo sogno, e diventa un bambino in carne e ossa.

In fondo Pinocchio siamo tutti noi, che in cuor nostro sappiamo benissimo che cosa dobbiamo fare per migliorarci, per raggiungere i nostri obiettivi, ma, poiché tutto ciò richiede impegno e fatica, preferiamo a volte voltarci dall’altra parte, far finta di niente, ignorare i buoni consigli, bighellonare e andare a farci un giro nel Paese dei Balocchi!

Forse è proprio questo che ha fatto la fortuna di Pinocchio, il fatto che, oltre a essere un libro davvero divertente e ben scritto, tanto da risultare moderno anche dopo oltre cento anni dalla sua pubblicazione, chiunque, bambino e adulto, possa ritrovare un po’ di sé in questo burattino monello.

Italo Calvino - Un saggio critico su Collodi

In un breve, ma appassionato saggio critico, pubblicato in occasione dei cento anni dalla prima pubblicazione di Pinocchio, lo scrittore Italo Calvino mette Collodi nel novero dei grandi autori della letteratura europea, al pari di Manzoni, Flaubert, Stevenson, Cechov, Dickens e altri maestri dell’800.

Egli scriveva in un suo famoso saggio (I. Calvino, Saggi 1945-1985, Meridiani Mondadori, Milano 1995) "...il posto che in cent'anni Pinocchio s'è conquistato nella nostra storia letteraria è sì quello d'un classico, ma d'un classico minore. Mentre è ora di dire che va considerato tra i grandi libri della letteratura italiana, di cui alcune componenti necessarie, senza Pinocchio, verrebbero a mancare."

Pinocchio libro picaresco, ‘nero’, stilisticamente perfetto. Alle tre ‘virtù’ di Pinocchio individuate da Calvino se ne potrebbe aggiungere una quarta, più nascosta, ma non meno importante per cogliere l’eccezionalità di questo libro nel panorama della nostra letteratura: la componente politica.

Che rapporto c’è tra Pinocchio e la società del suo tempo? Quando escono le prime puntate della Storia di un burattino, le speranze di rinnovamento politico e culturale che Collodi aveva riposto nei moti risorgimentali sono ormai lontane. Collodi non rinnegherà mai le sue idee di gioventù, ma si rende conto del fatto che i benefici dell’unificazione (cui lui stesso ha contribuito, partecipando a due guerre d’indipendenza) sono meno grandi di quanto si aspettasse. È cresciuta in lui l’insofferenza per la meschinità, le sopraffazioni, la doppia morale che continuano a regolare la vita del ‘nuovo’ popolo italiano. I pezzi giornalistici di quel periodo, sempre più ironici e velenosi, colpiscono sia a destra che a sinistra. Attacca la tassa sul macinato – un’assurda imposta corrispondente ai giri della macina del mulino – ma anche la legge di impronta socialista del ministro Coppino che nel 1877 istituisce il diritto/dovere all’istruzione elementare, e l’obbligo per i comuni e per le famiglie di garantirne l’attuazione.

Le favole da una parte e la letteratura edificante dall’altra: i due generi per bambini più sperimentati in quel periodo non si prestano a contenere la delusione che Collodi prova per la piega che stanno prendendo la vita italiana. Il piacere di contribuire a formare i futuri cittadini è una vocazione che Collodi non perderà mai, sia che scriva agli adulti sia che parli ai più giovani. Ma a che cosa ‘socializzare’ i piccoli italiani se la società è arretrata, corrotta e ipocrita? È proprio la vitalità inafferrabile di Pinocchio, il nuovo personaggio che Collodi inventa sulle colonne di un giornale per bambini, che gli permette di ritrovare uno slancio inaspettato e ottimistico verso il futuro.

Le avventure di Pinocchio al cinema e nella musica

Molti autori si sono ispirati al personaggio frutto della fantasia di Collodi in diverse forme d’arte, numerosissime sono state in tutto il mondo le versioni teatrali dell’opera, ma anche nel cinema sono stati prodotti diversi film ispirati alla storia del famoso burattino.

Oltre alla celebre versione in cartoni animati prodotta dalla Walt Disney nel 1940, inclusa nell’elenco delle opere filmiche da preservare, è stata particolarmente fortunata e di successo la trasposizione cinematografica di Luigi Comencini del 1971 trasmessa a puntate sul principale canale televisivo italiano della RAI.

Comencini ha dato del “suo” Pinocchio una visione particolarmente delicata e poetica, restituendo una patina di sommessa malinconia all’intera vicenda, nonostante la partecipazione di alcuni attori conosciuti più che altro per le loro interpretazioni in ruoli comici e ebbe un grande successo. Ricordiamo Andrea Balestri (Pinocchio), Nino Manfredi (Geppetto), Gina Lollobrigida (La Fata Turchina), il duo comico Franco Franchi e Ciccio Ingrassia (il Gatto e la Volpe), Vittorio De Sica (il Giudice) e Lionel Stander (Mangiafuoco).

La celebre colonna sonora fu composta da Fiorenzo Carpi, e ha avuto molte reinterpretazioni.

Meno fortunato è stato invece il film del 2002 diretta da Roberto Benigni che interpretava Pinocchio e recensito negativamente da gran parte della critica.

Nel 2019 esce sugli schermi un nuovo film co-scritto, diretto e co-prodotto da Matteo Garrone dal titolo Pinocchio. In questa nuova e premiata versione Roberto Benigni veste i panni di Mastro Geppetto. Il film ha ricevuto 15 candidature all'edizione 2020 dei David di Donatello, vincendo in cinque categorie: Miglior scenografo, Miglior truccatore, Miglior costumista, Miglior acconciatore e Migliori effetti speciali visivi. Ha inoltre ricevuto 2 candidature agli Oscar nelle categorie Migliori costumi e Miglior trucco.

Anche in ambito musicale Pinocchio è stato di ispirazione. Indimenticabile “Lettera a Pinocchio” scritta da Mario Panzieri, una dolce ninna nanna cantata da Johnny Dorelli che nel 1959 partecipa al primo Zecchino d’oro e al gran galà delle 50 edizioni dello Zecchino d’Oro nel 2007 dove viene definita la canzone regina del Concorso.

Nel 1977 il cantautore Edoardo Bennato realizza uno dei suoi album più famosi: Burattino senza fili. Nel disco vengono affrontati differenti temi di attualità attraverso la rilettura del romanzo e così Pinocchio diventato umano, finisce per essere manovrato come quando era una marionetta, da personaggi loschi (vedi i brani Il gatto e la volpe oppure Mangiafuoco). Il ragazzo, nella narrazione del cantautore, capisce che il mondo non è affatto il luogo sicuro e privo di pericoli che immaginava.

Pinocchio illustrato da Attilio Mussino

Pinocchio illustrato da Attilio Mussino

Vernante: in Piemonte un borgo da fiaba che racconta sui suoi muri la storia di Pinocchio

A 20 chilometri da Cuneo, incastonato tra le montagne e la natura incontaminata del Piemonte, si trova un piccolo borgo di appena 1200 abitanti diventato celebre perché sui muri delle sue case e nelle sue strade rivive ogni giorno la celebre storia di Collodi con protagonista Pinocchio. Vernante, questo il nome del borgo piemontese, è infatti diventato famoso per i tantissimi murales che raffigurano il celebre burattino.

Attilio Mussino, il più celebre illustratore del personaggio di Collodi soprannominato per questo “zio di Pinocchio”, ha trascorso a Vernante gli ultimi anni della sua vita, dal 1944 al 1954, poiché la sua ultima compagna, Margherita, era originaria proprio del paesino dell’Alta Val Vermenagna.

Per rendere omaggio al famoso illustratore, nel luglio 1954, i due vernantesi Bartolomeo Cavallera e Bruno Carletto, conosciuti con il soprannome de “il Gatto e la Volpe”, decisero di far rivivere le scene del romanzo per ragazzi sui muri del paese.

Murales di Vernante 1
Murales di Vernante 2

Murales di Vernante

Le scene dei murales che impreziosiscono vie e piazze del borgo di Vernante sono infatti illustrazioni della prima edizione di Pinocchio disegnata da Attilio Mussino per la casa editrice fiorentina Bemporad e uscita nel 1910-1911.

Nel corso degli anni i murales si sono moltiplicati nel piccolo paese di Vernante e oggi sono più di centocinquanta le illustrazioni che fanno capolino dai muri, dalle porte e le finestre. Oltre ai murales numerose sono le sagome e le statue che si trovano nei giardini e sulle scalinate. La Fata Turchina, Geppetto, il Gatto e la Volpe e gli altri personaggi accompagnano i turisti e i curiosi facendogli ripercorrere tutte le avventure del burattino di legno.

E per gli appassionati della celebre storia di Collodi c’è anche il museo cittadino dedicato a Mussino, in cui si possono ammirare la prima edizione illustrata del Pinocchio del 1911, il libro con le pagine animate uscito nel 1942 e le trentatré tavole illustrate dell’ultima edizione realizzata da Mussapi, apparsa su “Il Giornalino” nel 1952.

Santena, 26 ottobre 2022

Bibliografia e sitografia