Incontri Cavouriani

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Giuseppina Alfieri di Sostegno nata Benso di Cavour


di Carla Eandi

Giuseppina Alfieri di Sostegno, nata Benso di Cavour (1831-1888) dal marchese Gustavo e da Adelaide Lascaris, era la nipote prediletta del conte Camillo Cavour. Rimasta orfana di madre a due anni, venne cresciuta coi fratelli Augusto e Ainardo dalla nonna Adele, dalla bisnonna Filippina e anche dalla zia Vittoria de Clermont-Tonnerre. Alla loro morte, a diciotto anni, rimase l’unica donna in casa Cavour.

Viene descritta come una giovane di costituzione gracile, ma di carattere fermo, grande bontà e spirito arguto. Fatta propria la lezione delle progenitrici, divenne una donna raffinata, colta e sensibile, molto religiosa, di grandi passioni e di forte interesse per la politica.

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Giuseppina Alfieri di Sostegno nata Benso di Cavour (1831-1888)

Coltivò la sua intelligenza applicandosi allo studio della storia e delle lingue e dimostrando una fervida fantasia. Seguiva con estremo interesse gli eventi collegati agli interessi dell’Italia. Viveva la discussione politica come un bisogno quotidiano.

Si era formata una personalità forte che l’aiutò a gestire la casa, a sostenere il padre malinconico e introverso, a far da madre al fratello Ainardo, minore di due anni. Con lo zio Camillo intratteneva vivaci conversazioni e da lui ebbe dimostrazioni d’affetto e di predilezione.

Essendo l’ultima discendente della grande e nobile famiglia Cavour, la marchesa Giuseppina, figlia di Gustavo, fratello di Camillo, e sorella di Augusto, morto prematuramente nella battaglia di Goito del 1848, aveva unito, sposandosi, gli ideali del Risorgimento italiano all’eredità politica di Vittorio Alfieri.

Nel 1851 sposò il marchese Carlo Alfieri di Sostegno, dal quale ebbe due figlie: Luisa (1852-1921) e Adele (1857-1936). Portò in dote terreni, proprietà e un notevole capitale, che il padre Gustavo le aveva assicurato.

Fu la custode delle sacre memorie della famiglia. Trasmise alle figlie, Luisa e Adele, che educò in modo amorevole, l’orgoglio e il rispetto nei confronti di coloro che avevano fatto la Storia.

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Giuseppina Alfieri di Sostegno

Consorte del marchese Carlo prima, poi suocera del marchese Visconti Venosta, marito della figlia Luisa, attraversò fino alla morte, nel 1888, gli anni che condussero l’Italia ad una nuova pagina di storia.

Morto il fratello Aynardo nel 1875, riscattò dal cugino savoiardo Eugène de Roussy il castello di Santena e gli archivi di famiglia; il palazzo di Torino era stato, invece, venduto. La marchesa Giuseppina seguì personalmente i restauri del castello di Santena e vi trasferì gli archivi, avviandone la sistemazione e curando, in particolare, le memorie dello zio Camillo. Visse sempre secondo il modello della migliore gentildonna italiana, dando esempio di virtù domestiche e civili.

Giuseppina era molto amata dallo zio, del quale raccolse in punto di morte le ultime parole: “Abbiamo fatto l’Italia, sì, l’Italia; e la cosa va!” e del quale contribuì a mantenere il ricordo e la memoria. Nel capitolo XIV del suo libro, il cugino William De la Rive cita le parole di Giuseppina, che descrisse in modo minuzioso e con forte emotività l’agonia dello zio. Nonostante il fratello Ainardo avesse disperso e regalato oggetti e memorie dell’illustre zio, Giuseppina recuperò questo patrimonio di ricordi che sono ora conservati nella villa di Santena. Si dedicò a preparare l’accoglienza dei partecipanti alla Commemorazione dello zio, il 6 giugno 1886, a 25 anni dalla scomparsa.

Ricordo di Giuseppina Benso Alfieri di Sostegno

A Firenze, in via delle Cascine n. 9, all'ingresso della sede della Polizia Municipale, c’è una lapide dedicata a Giuseppina Alfieri Benso di Cavour (1831-1888) e a sua figlia Adele Alfieri di Sostegno (1857-1937)

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Lapide dedicata a Giuseppina Alfieri di Sostegno, Firenze

Testo della lapide:

NELL'ANNO 1907
PER L'ISTRUZIONE ED IL PERFEZIONAMENTO DELLA DONNA
NEL LAVORO DOMESTICO E RURALE
ADELE ALFIERI DI SOSTEGNO
QUESTA SCUOLA
INTITOLATA A GIUSEPPINA ALFIERI CAVOUR
DONAVA AL COMUNE DI FIRENZE
L'IDEALE RAGGIUNTO IN CINQUANT'ANNI DI LAVORO FECONDO
SIA LUCE D'AUSPICIO PER UN MIGLIORE AVVENIRE
MARZO 1958

Le donne del Risorgimento Piemontese

Prima dell’Ottocento i salotti erano i luoghi dell’incontro sociale, dell’erudizione, della lettura e della conversazione a cui partecipavano l’aristocrazia illuminata e la borghesia emergente. Nell’Ottocento, ma ancor di più dopo il 1848, i salotti diventarono luoghi di vivace discussione politica fra le élites di potere e parti sempre più ampie della borghesia che aspirava al cambiamento.

I salotti erano, per eccellenza, i luoghi delle donne della media e alta società che giocarono un ruolo importante sul piano politico-civile del Risorgimento Nazionale. Nei salotti le donne esercitavano un ruolo di attiva partecipazione.

Alla metà dell’Ottocento a Torino vi era un proliferare di salotti anche borghesi, dove, oltre ai doveri di mondanità e rappresentanza, avvenivano incontri tra politici, diplomatici, intellettuali e artisti.

Spesso i salotti torinesi erano centri di aggregazione e formazione dell’opinione pubblica, in cui la politica era in primo piano e in cui veniva elaborato il processo di unità nazionale.

Dopo la promulgazione dello Statuto albertino, Torino si popolò di molti esuli italiani, che nei salotti trovò spazio per la diffusione di idee patriottiche o, al contrario antiliberali.

Uno di questi salotti era quello tenuto dalla contessa Balbo Bertone di Sambuy, antiliberale e legittimista.

Un altro celebre salotto era quello della Marchesa Giulia di Barolo. Un altro salotto politico e diplomatico era quello di Costanza d’Azeglio a Palazzo Tapparelli.

Un salotto molto frequentato dall’élite torinese, ma anche da artisti ed esuli immigrati, era quello eclettico della marchesa Giuseppina Cavour Alfieri di Sostegno. Vittorio Bersezio ricorda che vi si incontravano ambasciatori delle potenze amiche. Era ritenuto il vero circolo politico di Torino.

Carlo Alfieri di Sostegno

Carlo Alfieri di Sostegno (1827-1879) era figlio del presidente del Senato Cesare Roberto Alfieri e nipote della marchesa Costanza d’Azeglio

Era un ragazzo di salute malferma, per nulla docile, molto umorale e instabile. Accusava la famiglia di limitare la sua libertà, causando molte preoccupazioni perché cambiò molte volte idea sul suo futuro.

A 17 anni si innamorò di Ernestina Doria di Ciriè e riuscì a sposarla nel 1847, dopo due anni di insistenze, nonostante le famiglie non fossero inizialmente d’accordo. La prima moglie Ernestina morì nel 1849.

Nel gennaio 1851 si presentò l’occasione, per Carlo, di sposare Giuseppina Cavour. Le nozze furono celebrate il 27 marzo 1851. Non fu soltanto un matrimonio di convenienza, tuttavia il carattere leggero, instabile e inconcludente di Carlo mise a dura prova l’equilibrio familiare in diverse occasioni.

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Carlo Alfieri di Sostegno (1827-1879)

Tra il 1847 e il 1857 Carlo Alfieri aveva partecipato in modo saltuario e occasionale alla vita politica piemontese.

Aveva collaborato con giornali diversi, aveva fatto l’amministratore locale, alcune volte era stato inviato all’estero grazie alla benevolenza dello zio, il conte di Cavour. Pur avendo attitudine alla diplomazia, la sua carriera diplomatica non decollò mai.

Nel 1857 fu eletto deputato nei collegi di Alba, Caluso, Aosta e Porto Maurizio e mantenne l’incarico per tredici anni (1857-1860 per il Regno di Sardegna e 1861-1870 per il Regno d'Italia). Nel 1870 fu nominato senatore. Fu l'ultimo maschio della linea di San Martino e Sostegno.

Nel 1875 fondò a Firenze una scuola superiore per la formazione dei diplomatici italiani, l'Istituto Cesare Alfieri per l’insegnamento delle scienze sociali.

Nel 1879 morì a Firenze, dove la famiglia si era trasferita probabilmente al seguito della corte e del governo, dopo il trasferimento della capitale nel 1865.

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Ricordi di famiglia al castello di San Martino Alfieri

La "Cesare Alfieri"

Il senatore Carlo Alfieri di Sostegno, nel 1871, ebbe l'idea di fondare un istituto per l'insegnamento delle scienze morali e politiche, che avesse sede a Firenze, quando il Consiglio comunale fiorentino stava discutendo del progetto di convenzione tra il governo, la provincia e il comune per il riordinamento e il sostegno finanziario dell'Istituto di Studi superiori pratici e di perfezionamento. In quell’occasione il marchese Alfieri colse l'occasione per proporre di integrare l’Istituto di Studi superiori con un nuovo ramo di studi nell’ambito delle scienze sociali, data la carenza di tali studi in tutto il territorio nazionale.

L'obiettivo della scuola era creare un’élite che potesse essere adeguatamente istruita ed in grado di raccogliere le sfide, che la guida di un Paese di nuova formazione comportava

Il 5 maggio 1875, il senatore Alfieri annunciò la nascita della Scuola di Scienze Sociali, che fu poi inaugurata nel novembre successivo. Il senatore tenne un discorso d’apertura in cui descriveva gli obiettivi che la scuola doveva raggiungere.

L’eredità della famiglia Cavour

Morto il marchese Gustavo nel 1864, il figlio Ainardo, unico figlio maschio vivente, ereditò tutto il patrimonio di famiglia. Ma, in disprezzo a Giuseppina, alla sua morte nel 1875 lasciò gran parte dei suoi terreni ad istituti di beneficenza, cosicché la tenuta di Leri andò all'Ospizio della Carità di Torino, mentre il palazzo di Torino e la tenuta di Santena furono destinati al cugino francese Eugène De Roussy de Sales. Grazie ad un accordo con il nuovo proprietario, Giuseppina riuscì però a ricomprare la proprietà di Santena, che a metà Novecento i suoi successori donarono alla città di Torino.

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Ainardo Benso marchese di Cavour (1833-1875)

Alla morte di Ainardo, terzogenito di Gustavo Benso, una parte della sua eredità fondiaria andò anche ai cugini ginevrini de Sellon; si trattava degli immobili esistenti nella cittadina di Cavour.

I fondi ereditati o ricomprati da Giuseppina Benso (1831-1888), furono poi ereditati dalle figlie: Luisa (1852-1920), moglie del marchese Emilio Visconti Venosta, e Adele (1857-1936), nubile. Luisa nel 1903, riuscì ad ottenere per sé e i suoi eredi il titolo di “marchesa di Cavour» e che, alla sua morte, trasmise ai figli. Il titolo decadde definitivamente nel 1947 alla morte del marchese Giovanni Visconti Venosta, ultimo discendente della casata, morto senza eredi diretti.

Le sorelle Luisa (1852-1920) e Adele Alfieri di Sostegno (1857-1937).jpg

Le sorelle Luisa (1852-1920) e Adele Alfieri di Sostegno (1857-1937)

Adele Alfieri di Sostegno

Adele Alfieri di Sostegno nacque nel 1857, figlia di Carlo Alfieri e di Giuseppina Benso di Cavour, nipote di Camillo. Assieme alla sorella Luisa ereditò dai genitori un vasto patrimonio, tra cui le tenute di Grinzane Cavour, di Magliano Alfieri e di San Martino Alfieri, tutte con un castello.
La marchesa Adele dedicò gran parte della sua vita ad opere di beneficenza, istituendo nel castello di Grinzane una scuola materna ed una scuola-laboratorio femminile di cucito per le giovani del paese.

Busto di Adele Alfieri di Sostegno

Busto di Adele Alfieri di Sostegno (1857-1937), a Palazzo Alfieri di Asti

Nel 1929 donò all'opera Monsignor Re di Alba l'immobile situato a Magliano Alfieri, ad uso perpetuo di asilo infantile e laboratorio femminile e, nel 1932, donò al Comune di Alba il Castello di Grinzane Cavour, con parte del terreno per la realizzazione di una scuola materna e di una colonia di ampeloterapia per i ragazzi bisognosi della città. Una parte considerevole delle sue proprietà fu poi venduta ed il provento fu donato all'ospedale civico San Lazzaro di Alba. La donazione del Castello, ove aveva cessato di funzionare la colonia agricola "Camillo Benso di Cavour" per orfani di guerra, istituita dalla Marchesa stessa, consentì poi al Comune di Alba di realizzare la prima Enoteca regionale del Piemonte per lo sviluppo e la promozione dei vini albesi.

Santena e la Calabria
Tratto da “Calabria e Santena, antichi legami” di Gino Anchisi, Rosso Santena 28-10-19

Protagonisti di questo originale interesse furono i signori di Santena, i discendenti ed eredi di Camillo Benso di Cavour: la pronipote Adele Alfieri di Sostegno, sua sorella Luisa, il di Lei marito Emilio Visconti Venosta e i loro figli Giovanni e Enrico. Adele e Luisa erano eredi di un grande patrimonio: Santena, Grinzane Cavour, Magliano Alfieri, San Martino Alfieri e Costa d’Oneglia. Mancavano però Leri, che lo zio Ainardo, fratello della mamma Giuseppina Benso, lasciò in beneficienza all’Ospizio dei Poveri Vecchi di Torino e la cascina del Gallè, che donò alla Città di Torino, perché istituisse una scuola serale gratuita per gli operai della nascente industria chimica. Scuola successivamente confluita nell’Istituto Amedeo Avogadro di Torino, come nell’atrio attesta la presenza del busto di Ainardo Benso di Cavour.

Adele era nubile. La sua attenzione era rivolta ai problemi sociali. Dovendo girare da sola l’Europa e l’Italia per intrattenere le sue relazioni, si affiliò a un ordine religioso che le garantiva la libertà di movimento, allora non concessa dalla morale del tempo alle donne non sposate o non accompagnate. Adele amava la campagna. Con impegno e competenza seguiva i lavori agricoli e le stagioni. Intratteneva contatti diretti con amministratori, fattori e mezzadri di Santena, Magliano, San Martino e Costa d’Oneglia.

Adele si dedicò, spesso insieme alla sorella, a opere di beneficenza istituendo a Grinzane, a Magliano, a San Martino, a Costa d’Oneglia asili infantili, scuole materne e elementari e laboratori femminili di cucito. Favorì inoltre l’istituzione di Biblioteche, tra cui quella di Asti intitolata al cugino Vittorio Alfieri. Ai suoi mezzadri di San Martino faceva obbligo di ospitare – dando un posto per dormire e una minestra calda – tutti i viandanti, categoria allora numerosa, che chiedevano soccorso.

A dimostrazione dell’attenzione verso l’agricoltura e verso la coltivazione degli ortaggi, in cui era specializzata Santena, alle Cascine a Firenze, nei giardini della Regia Scuola di Pomologia e Orticultura, fece erigere un edificio per ospitare l’Istituto Agrario Femminile e di Economia Domestica “Giuseppina Alfieri Cavour”, trasformato in ente morale con il Regio Decreto 2 luglio 1922, n.1023. Sempre a Firenze, fondò in Via dei Serragli un ambulatorio per la distribuzione di medicinali ai poveri, mentre presso il convento delle Suore della Carità di Santa Caterina aprì un dispensario che si ingrandì nell’Ospedalino San Giuseppe.

Adele Alfieri di Sostegno è stata un bell’esempio di figura femminile con un forte impegno e interesse sociale. Fu tra le prime donne a occuparsi personalmente della “questione meridionale”. All’inizio scese in campo in occasione di una calamità naturale. Nel 1905, dopo il terremoto del 7-8 settembre che devastò le Provincie di Catanzaro, Reggio Calabria, Messina, Lipari e Stromboli, decise di ospitare due sorelline orfanelle di Monteleone, oggi Vibo Valentia. Furono le prime due immigrate calabresi a Santena. Erano povere. Nel terremoto avevano perso la mamma e i fratellini. Furono accolte nell’Asilo di Santena, dove oggi c’è la biblioteca. La sera erano ospiti di una vedova che aveva una figlia. Nel frattempo il padre, nell’agosto del 1906, emigrò in America senza lasciare un indirizzo.

Adele si recò pure di persona in Calabria. Fu dopo la tragedia del terremoto e maremoto di Messina e Reggio Calabria del 28 dicembre 1908. La catastrofe naturale più grande nella storia d’Europa per numero di vittime. Uno tsunami che segnò la memoria delle popolazioni di tutto il Mediterraneo. In quell’occasione l’accompagnavano i nipoti Enrico e Giovanni Visconti Venosta. Si occuparono di raccogliere e distribuire i viveri. Erano in contatto con il Vescovo di Mileto, Giuseppe Morabito. Fecero una grande opera di solidarietà e di volontariato.

L’impegno nel meridionalismo trovò applicazione pratica finanziando, insieme alla sorella Luisa, Signora di Santena, l’inchiesta intitolata “La Questione agraria e l’emigrazione in Calabria”. Un’idea nata dopo il terremoto del 1905. L’indagine fu condotta da studiosi dell’Istituto “Cesare Alfieri” di Firenze, la scuola di alta amministrazione pubblica voluta da suo padre, Carlo Alfieri e intestata a suo nonno Cesare, l’amico di Carlo Alberto e di Camillo Cavour.

All’Istituto “Cesare Alfieri” Adele dedicherà molte delle sue forze, comprese quelle economiche, per garantirne l’attività e per dotarlo di un degno corpo di insegnanti. Tanti studenti venivano dal Meridione. Furono introdotti quattro corsi di specializzazione in materie: socio-economiche, giuridiche, internazionali e amministrative. Lo scopo era formare una classe dirigente con competenze tecniche e culturali in grado di assolvere degnamente il suo compito politico. Un’idea ancor oggi valida.

Adele non riusciva a stare lontana dalla vita della comunità. Il suo impegno in una società fortemente maschilista merita di essere ricordato a tutti i livelli e in tutte le occasioni.

La bibliografia
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La sitografia

Santena, 10 novembre 2021