Incontri Cavouriani

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Le (tele)comunicazioni tra Otto e Novecento


di Irma Genova

Premessa

Le Poste Sabaude

Le Poste del Regno d’Italia

Telegrafia e Telefonia (altre telecomunicazioni)

Bibliografia e sitografia

PREMESSA

Le telecomunicazioni, intese come comunicazioni a distanza, sono antiche quanto l’uomo.

Infatti l’uomo comunicava a distanza già nelle tribù primitive: con segnali visivi, come falò e segnali di fumo, o con segnali sonori, come tamtam e corni. … Poi - con l’invenzione della scrittura – si aggiunsero i segnali scritti, trasmessi a distanza.

Questi messaggi, scritti su tavolette incerate, papiri, rotoli di pergamena … iniziarono a viaggiare su percorsi sempre più lunghi: si può dire che questi furono i primi servizi postali. Si hanno notizie di sistemi organizzati per la trasmissione di messaggi già nell’antica Cina (parliamo di 4000 anni fa!), in Egitto, Persia, Grecia…

Nella Roma imperiale il servizio postale era molto avanzato. Il percorso dei corrieri, i cursores, era organizzato con numerose stazioni di cambio dei cavalli: le “statio positae” (le “Stazioni di posta”, da cui deriva il termina “posta”). Al momento della massima estensione dell’impero, sotto Traiano, (nel 106 d.C.) la rete viaria, e quindi postale, si estendeva per oltre 100.000 km

Nel Medioevo però l’efficiente servizio postale dei romani collassò a causa della frammentazione territoriale in una miriade di contee, marchesati, ducati e principati. Solo monaci e mercanti tennero vivo lo scambio di messaggi a distanza.

Poi a partire dal Trecento, e per tutto il Rinascimento, grazie all’intensificarsi degli scambi commerciali, il servizio postale rifiorì e vennero ripristinate le stazioni di posta. Ma il servizio era alla portata di pochissimi, perché era molto costoso e perché l’analfabetismo imperante impediva ai più di inviare messaggi scritti.

A partire dal XVI secolo in molti Stati europei i messaggeri privati furono sostituiti da corrieri statali e nei secoli successivi i servizi postali vennero tutti statalizzati.

A inizio ‘800 molte grandi città adottarono la numerazione stradale, rendendo più semplice la distribuzione e la consegna della posta. E si velocizzò anche il trasporto delle missive, grazie all’introduzione dei velociferi - carrozze postali con traini da sei/otto cavalli.

Nel 1840 ci fu una vera e propria rivoluzione postale: la Gran Bretagna emise il primo francobollo.

Fino ad allora la tariffa postale era a carico del destinatario. Se la lettera o il pacco si perdeva per strada - a causa di disservizi o assalti di predoni - oppure se il destinatario rifiutava il ritiro, il servizio postale non recuperava il costo di spedizione. Le tariffe postali perciò erano elevate perché tenevano conto di questi rischi e si basavano sulla distanza: infatti con la distanza aumentava anche il rischio di perdita o mancata consegna della missiva.

Nel 1837 un lord inglese, sir Rowland Hill, trovò una soluzione semplice ma clamorosa: far pagare la tariffa di spedizione al mittente, con l’applicazione di un tagliando, che certificasse l’avvenuto pagamento anticipato. Stiamo parlando del francobollo e la parola “francobollo” significa appunto: documento (bollo) “franco”, libero da ogni altra franchigia.

E - per incentivare il traffico postale - sir Rowland Hill suggerì di applicare in tutto il regno una tariffa modica e unica, svincolata dalla distanza.

Fu così che nel 1840 la Gran Bretagna adottò il Penny Black. Il primo francobollo al mondo. Era un rettangolino di carta nero, con l’effige della regina Vittoria stampata in bianco. Costo = 1 penny. Il margine non era ancora dentellato. Il primo francobollo dentellato, sempre inglese, fece la sua comparsa nel 1848.

Il francobollo inglese ebbe un successo planetario. In pochi anni venne adottato in moltissimi Stati in tutto il mondo (Europa, America e Asia).

LE POSTE SABAUDE

Nella nostra penisola ovviamente ogni Stato aveva il proprio servizio postale, più o meno ben organizzato.

La storia delle Poste sabaude iniziò con il duca Emanuele Filiberto di Savoia, che nel 1563 portò la capitale del Ducato da Chambery a Torino. Il duca organizzò la trasmissione e la distribuzione della corrispondenza come servizio pubblico, riservato allo Stato. Si pensa che la prima sede torinese delle Poste fosse in Borgo di Po, che all’epoca era ancora fuori dalle mura cittadine. In quel tempo si riteneva infatti che le missive portassero malattie, quindi venivano fumigate fuori città prima della distribuzione. A metà ‘700 invece la Direzione delle Poste era in città, in Piazza Castello, quasi all’angolo con via Po. Nel Regno si contavano 53 uffici postali e 91 stazioni di posta.

Nel 1802 i francesi che occupavano Torino spostarono la sede in Piazza San Carlo, nell’edificio a fianco della chiesa di Santa Cristina, e nel 1808 introdussero la numerazione stradale in tutte le vie della città.

Quando nel 1814 Vittorio Emanuele I rientrò a Torino dalla Sardegna, volle cancellare tutte le innovazioni francesi e ripristinare le leggi in vigore nel 1792. Il servizio postale peggiorò e divenne talmente caro, che molti si servivano di corrieri abusivi, recando grave danno allo Stato. Nel 1818 il re si vide obbligato a riformare il servizio postale, incorporando gli ammodernamenti adottati nel periodo napoleonico.

Nel 1820 le diligenze postali viaggiavano, con corse bisettimanali, su quattro linee: Torino-Lione (quasi 4 giorni), Torino-Milano (21 ore – velocità media 7 km/ora), Torino-Genova e Genova-Milano. Corse settimanali partivano verso Cuneo e Nizza, ma anche verso Ginevra, attraverso Aosta e il Gran San Bernardo. La Posta marittima del Regno Sardo era affidata alla Compagnia Rubattino.

Arriviamo quindi a metà Ottocento. Il 1° gennaio 1851 anche il Regno di Sardegna introdusse il francobollo. Era chiaramente ispirato al Penny Black inglese, con il profilo del re Vittorio Emanuele II rivolto a destra (mentre quello della regina Vittoria era volto a sinistra) ed era privo di dentellatura. Venne emesso in tre valori: quello da 5 centesimi aveva fondo nero, quello da 20 centesimi aveva fondo azzurro, quello da 40 centesimi fondo rosa. Alla prima emissione ne seguirono altre con alcune variazioni nei colori, ma sempre con l’effige di Vittorio Emanuele II.

Ci fu un po’ di confusione al momento dell’Unità d’Italia. In attesa delle nuove emissioni italiane, vennero distribuiti i francobolli sardi anche negli altri Stati. Talvolta, mancando i tagli, si usava tagliare a metà un francobollo: ad esempio quello da 40 cent, tagliato a metà, valeva 20 cent. Oggi, nelle collezioni di filatelia, questi rari francobolli “tagliati” hanno un gran valore.

Ma torniamo ancora un attimo nel Regno Sardo.

Nel 1852 era stato inaugurato anche il servizio telegrafico sabaudo e la prima linea seguiva il percorso della ferrovia Torino-Genova. Nel 1856 Cavour trasferì la competenza del servizio postale e telegrafico dal Ministero degli Esteri a quello dei Lavori pubblici.

LE POSTE DEL REGNO D’ITALIA

Con l’unificazione nel 1861 bisognava uniformare il servizio postale in tutto il regno. Tutti i servizi degli Stati preunitari passarono sotto un’unica Direzione Nazionale, che aveva sede in piazza San Carlo a Torino, che all’epoca era Capitale d’Italia.

Cavour nominò Direttore Generale del servizio postale italiano il conte Giovanni Battista Barbavara di Gravellona, che era già Direttore delle Poste Sarde.

Il conte Barbavara dimostrò grande perizia nel riordino del servizio postale nazionale, servendosi di soli 42 collaboratori. Il riordino si concluse ufficialmente con la nascita delle Poste Italiane il 5 maggio 1862, quando Cavour già non c’era più.

Barbavara mantenne la carica fino al 1880, dimostrandosi un abile amministratore. Nel 1862 il servizio postale nazionale sosteneva spese elevatissime; ma nell’arco di 15 anni Barbavara portò le Poste in largo attivo, pur aumentando gli uffici postali da 2000 a 3000 in tutta la penisola.

Il regolamento postale del Regno d’Italia si basava su due principi fondamentali:

  1. lo Stato aveva il monopolio del trasposto e della distribuzione della corrispondenza
  2. la corrispondenza era segreta e inviolabile

Nel 1862 la corrispondenza era alla portata di una piccola élite, perché il 78% della popolazione era analfabeta. Poi la legge Casati, che nel 1859 aveva introdotto l’istruzione obbligatoria per i primi due anni del ciclo primario, migliorò gradualmente la situazione.

Anche lo sviluppo delle strade ferrate incentivò l’utilizzo della posta, perché la rete ferroviaria facilitava e aumentava la circolazione di merci e persone (e quindi la necessità di comunicare a distanza).

La rete ferroviaria italiana nel 1862 si estendeva per 2000 km, concentrati al Nord. Già nel 1870 la rete si era triplicata. L’Italia infatti aveva scelto il treno come veicolo di unificazione nazionale. E viaggiando sui treni, anche la Posta univa l’Italia.

Nel 1862 quindi, con la nascita ufficiale delle Poste Italiane, venne emesso il primo francobollo del Regno d’Italia. Tra il 1862 e il 1863 si succedettero molte altre emissioni di francobolli, dentellati, da 5 -10 -15 -20 - 40 centesimi, tutti recanti la scritta Poste Italiane. Si diversificavano per il colore: quello da 5 cent era di colore verdino, quello da 10 cent era ocra, quello da 15 azzurro e quello da 40 cent rosso.

Nel 1875 Quintino Sella istituì le Casse di Risparmio Postali (antesignane dell’attuale Bancoposta) che erano autorizzate a raccogliere risparmio tramite l’emissione di libretti e buoni postali.

Nel 1889 le Poste vennero scorporate dal Ministero dei Lavori Pubblici e fu istituito l’apposito Ministero delle Poste e dei Telegrafi, per gestire la capillare rete di uffici presenti in ogni comune d’Italia.

Nei primi decenni del Novecento il traffico postale aumentò ancora (anche a causa della grande guerra che mobilitò quasi 6.000.000 di italiani) e l’Ente Poste Italiane si sviluppò ulteriormente grazie all’incremento dei servizi finanziari.

Negli anni Venti fu introdotta la Posta pneumatica, che funzionava grazie ad una rete di tubature sotterranee, in cui le missive viaggiavano dentro contenitori cilindrici “aspirati” a grande velocità da motori potenti, collocati nei principali uffici postali. Nel secondo dopoguerra Roma aveva 65 Km di condutture, che vengono utilizzate ancora oggi per far passare cavi e fibre varie. Poi, col diffondersi del telefono, il servizio diventò obsoleto e venne chiuso nel 1981.

Intanto, con l’introduzione dei voli di linea, viaggiava anche la Posta aerea, per il recapito della corrispondenza in tempi più brevi. Le Regie Poste Italiane emisero il primo francobollo (da 25 cent) per la posta aerea nel 1917. Negli anni Trenta la posta viaggiava da Torino a Trieste con l’idrovolante di linea, che partiva dal Po davanti al Valentino e faceva scalo a Pavia e a Venezia. L’ultimo francobollo di posta aerea è stato emesso nel 1973.

Nel 1967 fu introdotto il CAP per accelerare e modernizzare il processo di distribuzione della posta.

Ma lo sviluppo della telefonia soppiantò a poco a poco l’invio di lettere e cartoline e l’Ente Postale si ritrovò con un forte esubero di sedi e personale. Negli anni Settanta e Ottanta il deficit delle Poste si fece sempre più critico; la spesa per il personale incideva per il 93% sui costi; la produttività era molto bassa; il servizio era pessimo: in media una lettera impiegava 8-9 giorni ad arrivare a destinazione.

Per sanare questa situazione, nel 1993 le Poste Italiane iniziarono il percorso di trasformazione in S.p.A., percorso che si concluse nel 1998. Il risanamento partì dal riordino del sistema tariffario e da un drastico taglio del personale e delle sedi locali.

Nel nuovo millennio, con l’utilizzo dei servizi di Internet, il traffico postale calò ancora. La Posta si concentrò sempre più su servizi e prodotti finanziari. Bancoposta è nato nel 1999 e dal 2001 la Posta è a tutti gli effetti un intermediario finanziario (come le Banche).

Nel 2010 è decaduto anche il monopolio dei servizi postali, e il sistema è stato liberalizzato.

Dal 2015 Poste Italiane S.p.A. è una società quotata in Borsa, controllata per il 60% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (il MEF, che oggi, con l’attuale governo Meloni, si chiama Ministero delle Imprese e del Made in Italy).

TELEGRAFIA e TELEFONIA (altre telecomunicazioni)

Voglio fare ancora un accenno a due grandi invenzioni ottocentesche che hanno cambiato il sistema delle comunicazioni a distanza. L’invenzione del telegrafo di Samuel Morse, del 1837, consentì la trasmissione via cavo di codici. L’invenzione del telefono di Antonio Meucci, che risale al 1871, consentì le trasmissioni vocali. La telegrafia ha rivoluzionato le comunicazioni già nell’Ottocento. La telefonia si è diffusa nel Novecento.

Cominciamo dal telegrafo.

Il telegrafo elettrico di Morse trasmetteva degli impulsi attraverso un cavo: impulsi brevi e lunghi, (cioè punti e linee), adatti a comporre un messaggio, utilizzando un codice: l’alfabeto Morse.

La telegrafia si diffuse rapidamente in tutti i continenti, poiché era sempre più elevata l’esigenza di trasmettere comunicazioni veloci.

Nella penisola italiana la prima linea telegrafica risale al 1847: seguiva le rotaie della ferrovia toscana Leopolda, collegando Pisa, Livorno, Firenze, Lucca, Prato, Pistoia. Ma tra il 1847 e il 1852 si dotarono di linee telegrafiche anche il Lombardo Veneto, Il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie.

Inizialmente le linee coprivano solo la terraferma. Ma nel 1850 venne posato il primo cavo sottomarino che collegava Dover e Calais. Nel 1866 un privo cavo sub-oceanico permise la comunicazione in tempo reale tra Europa e America.

Nel 1853 Cavour stipulò una convenzione con Francia e Inghilterra per posare un cavo che collegasse La Spezia e la Sardegna, passando attraverso la Corsica, e poi proseguisse verso l’Algeria. Questa convenzione consentì al Regno Sardo di migliorare le relazioni internazionali, diventando uno snodo delle comunicazioni verso l’Africa, il Medio Oriente e le Indie. Grazie a Cavour questa linea divenne la piattaforma mediterranea per le telecomunicazioni internazionali.

A questa piattaforma verso l’Africa si aggiunse poi il cavo sottomarino, che univa Otranto a Valona e alla Turchia.

Allo scoppio della guerra di Crimea (1853-1855) un cavo telegrafico sotto il Mar Nero e le piattaforme mediterranee consentirono all’opinione pubblica europea di seguire le vicende belliche in tempo reale. Ricordiamo infatti che per la prima volta erano presenti sul campo giornalisti e fotografi (oltre al gruppo di infermiere guidate da Florence Nightingale).

Nel 1861 il Regno d’Italia ereditò le linee telegrafiche degli stati preunitari. Al momento dell’Unità in Italia c’erano 355 Uffici telegrafici e 16.000 km di linee. Dieci anni dopo si contavano 1237 uffici e 50.000 km di linee (uffici e linee si erano triplicati).

L’Unificazione italiana facilitò tutti i collegamenti (ferroviari, stradali, postali, telegrafici) sia interni che internazionali. La stessa Inghilterra - che deteneva la leadership nel campo delle comunicazioni telegrafiche - aveva visto di buon occhio l’Unità d’Italia, perché facilitava i suoi collegamenti con le colonie (grazie alle nostre piattaforme telegrafiche mediterranee, e anche grazie al successivo sviluppo ferroviario e al traforo del Frejus, che abbreviava il viaggio verso le Indie).

Nel Regno d’Italia Lettere e Telegrammi viaggiavano separati, perché avevano due Direzioni distinte. La direzione dei Telegrafi era di pertinenza degli uffici ferroviari (infatti i pali del telegrafo affiancavano i binari dei treni). Ma nel 1889 (come abbiamo visto) venne creato il Ministero delle Poste e dei Telegrafi e le due gestioni si fusero sotto la sigla PT.

Negli anni Venti del Novecento alla sigla PT venne aggiunta una seconda T, che stava per Telefoni (PTT). Il primo telefono in Italia venne installato a Milano nel 1877, ma solo a inizio Novecento la tecnologia consentì la diffusione di reti telefoniche urbane e interurbane. La nazionalizzazione delle numerose società telefoniche iniziò nel 1903 e proseguì per oltre 30 anni: nel 1933 nacque la STET, che controllava tutto il sistema telefonico italiano. Poi nel 1964 siamo passati alla SIP e infine nel 1994 alla TELECOM.

Ma questo rivoluzionario mezzo di comunicazione a distanza, già a inizio Novecento, aveva un concorrente temibile: la radiofonia.

Nel 1896 Guglielmo Marconi depositò il brevetto del Telegrafo senza fili e nel 1901 lanciò il primo segnale radio attraverso l’Atlantico.

Nel giro di pochi anni su tutte le navi vennero installate stazioni trasmittenti del radiotelegrafo. Nel 1912 fu proprio il messaggio SOS lanciato dal Titanic a consentire il salvataggio di circa 700 persone. Anche se fu una tragedia enorme, perché morirono in 1.500 tra viaggiatori e equipaggio.

Per finire … nel corso del Novecento la telefonia e la radiofonia hanno messo in ombra la telegrafia e i servizi postali.

Oggi, nel Terzo Millennio, le telecomunicazioni viaggiano nel web. Internet ci consente collegamenti audio e video facili e veloci, in tempo reale. La nostra vita quotidiana è sempre più vincolata e dipendente da cellulari, palmari, computer, gps, … E la tecnologia avanza a velocità supersonica.

Le infrastrutture delle telecomunicazioni oggi sono diventate una risorsa strategica per gli Stati e dalle telecomunicazioni odierne dipendono i sistemi politici ed economici internazionali.

Santena, 11 gennaio 2023

Bibliografia e sitografia

Rivista Torino Storia, numeri 41 e 74

Rivista Savej

www.posteitaliane.it

www.wikipedia.it

www.treccani.it