Incontri Cavouriani
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La Guerra di Crimea (1853-1855).
di Irma Genova
Inizio riprendendo il titolo, per ribadire che la Guerra di Crimea è stata lo spartiacque tra le guerre di tipo tradizionale e le guerre moderne del Novecento.
Le prime fasi delle ostilità hanno visto ancora un grande dispiegamento della cavalleria. La Battaglia di Alma e quella di Balaklava ricordano ancora le guerre napoleoniche.
Ma durante gli undici mesi dell’assedio di Sebastopoli, i russi e gli alleati hanno scavato 120 km di trincee, precorrendo il modo di combattere della grande guerra del 1914-18.
È stato anche l’ultimo conflitto su larga scala dell’Ottocento (cioè con la partecipazione di molte nazioni) e in qualche modo anticipò le successive guerre mondiali.
In effetti la denominazione “Guerra di Crimea” dà l’idea di un conflitto circoscritto ad una piccola penisola. Invece fu una guerra globale, che coinvolse una vasta parte dell’Oriente e non solo. Infatti si combatté in una ampia area dei Balcani e del Caucaso: in Valacchia, Moldavia, Bessarabia, Crimea, Georgia e Armenia. La flotta inglese combatté anche a nord, nel Mar Baltico, puntando ad occupare la capitale russa, San Pietroburgo.
Fu un conflitto moderno perché combattuto con l’uso di nuove armi, navi a vapore, ferrovia, telegrafo, e per la prima volta con l’assistenza infermieristica e con reporter e fotografi presenti sul campo.
Grazie agli inviati di guerra, l’opinione pubblica seguì costantemente le vicende belliche. La popolarità di questa guerra ha ispirato giornalisti, scrittori, poeti e, successivamente, anche registi.
Lo stesso Lev Tolstoj, che ha combattuto in Crimea nell’esercito russo, nel 1855-56 pubblicò “I racconti di Sebastopoli” in cui descrisse la sua esperienza di guerra. Alcune scene dei racconti verranno riprese poi in Guerra e Pace.
Ma per noi Italiani la Guerra di Crimea ha rappresentato l’antefatto che ha reso possibile la nostra unità nazionale.
I CONTENDENTI
LA FRANCIA
Durante il suo incarico quadriennale (dal 1848 al 1852) il presidente Luigi Napoleone aveva liberato il campo da ogni forma di dissenso, con l’arresto, l’esilio e la deportazione degli oppositori.
Allo scadere del suo mandato (nel dicembre del 1852) Luigi Napoleone dichiarò conclusa la Seconda Repubblica francese e la trasformò in Secondo Impero. Assunse per sé il titolo di Imperatore dei Francesi col nome di Napoleone III.
Da quel momento la politica imperiale puntò a riaffermare la grandeur della Francia, mirando ad una egemonia francese in Europa e nel mondo. Napoleone III era alla ricerca di quella gloria che gli consentisse di emulare lo zio Napoleone I. La guerra di Crimea offriva all’imperatore francese l’occasione di guadagnare prestigio per sé e per la Francia.
REGNO UNITO
Il Regno Unito, che era la superpotenza dell’epoca, prosperava grazie al suo vasto impero coloniale e vedeva nella Russia un potenziale rivale in Asia, col rischio di gravi danni per gli scambi commerciali britannici con le sue colonie in Oriente.
Inoltre l’eventuale conquista degli Stretti del Mar Nero avrebbe consentito alla Russia di portare le sue navi nel Mediterraneo, mettendo a repentaglio l’egemonia inglese sui mari.
REGNO DI SARDEGNA
Il Regno di Sardegna, come sappiamo, aveva da poco tentato di cacciare gli austriaci dal Lombardo Veneto. Ma la prima guerra di indipendenza si era risolta con tanto spargimento di sangue e con nulla di fatto dal punto di vista territoriale.
Questa esperienza aveva dimostrato chiaramente che – da soli – i piemontesi non avrebbe mai potuto sconfiggere l’Austria e quindi era indispensabile trovare un alleato potente. Nel frattempo, nella nuova monarchia costituzionale, Cavour era entrato in Parlamento e dal 1852 era Presidente del Consiglio. E Cavour puntava proprio a rafforzare la posizione del Regno Sardo nell’ambito della diplomazia internazionale.
L’occasione si presentò con la guerra di Crimea. Il Regno di Sardegna non aveva interessi diretti nella questione d’Oriente, ma la partecipazione alla guerra offriva l’opportunità di inserirsi nella politica europea e, in seguito, sedersi al tavolo delle trattative con le grandi potenze. Cavour sperava di arrivare a portare la questione italiana davanti al consesso dell’intera Europa.
RUSSIA
Lo zar Nicola I Romanov (1796-1855) era salito al trono il 1° dicembre 1825, succedendo al fratello Alessandro I, il quale era morto senza figli.
Nei primi decenni dell’800 anche in Russia erano arrivate le idee liberali. Alcuni aristocratici illuminati e alcuni ufficiali dell’esercito miravano ad abbattere l’assolutismo, lo stato di polizia, la censura e la servitù della gleba (che verrà abolita solo nel 1861). I liberali russi aspiravano ad una maggior europeizzazione della Russia. Nel dicembre 1825, queste idee portarono alla rivolta decabrista (decabr = dicembre).
Quindi Nicola I, appena salito al trono, si trovò a fronteggiare la rivolta dei decabristi e la soffocò con ferocia: molti degli organizzatori furono impiccati, numerosi altri furono deportati in Siberia con le loro famiglie. Da allora Nicola I ha sempre manifestato una profonda avversione per tutti i sistemi costituzionali. Era stato educato in un ambiente militare ultraconservatore ed era di carattere fortemente autoritario. Durante il suo impero, mirò unicamente a rafforzare il suo potere personale.
In politica interna: istituì una vera e propria polizia segreta, per controllare strettamente la vita dei suoi sudditi. Perseguitava e ostacolava artisti e letterati (Gogol, Dostoevskij, Puskin, Turgenev). Richiedeva fedeltà assoluta alla chiesa ortodossa, reprimendo tutte le altre religioni.
In politica estera: fu il protettore del legittimismo europeo, contro ogni tipo di rivoluzione. Nel 1849, ad esempio, aveva aiutato l’Austria a reprimere le rivolte nel suo impero. Fu soprannominato il Gendarme d’Europa.
Attuò anche una politica aggressiva verso l’Impero Ottomano, approfittando della sua debolezza, perché sperava in una espansione territoriale nell’area dei Balcani. Mirava soprattutto a poter navigare liberamente attraverso gli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, per entrare nel Mediterraneo.
IMPERO OTTOMANO
L’impero ottomano esisteva da oltre sei secoli. La sua ascesa era iniziata verso il 1300, con l’indebolirsi dell’Impero Bizantino. L’espansione continuò nei secoli successivi e raggiunse il suo apice a metà ‘500 con il sultano Solimano il Magnifico.
Però nel 1571 la Battaglia di Lepanto rappresentò una importante vittoria della flotta europea contro quella turca e segnò l’inizio di una lenta, ma continua, decadenza dell’Impero Ottomano.
Nel ‘700 l’impero si indebolì ulteriormente, a causa delle continue guerre contro gli Asburgo e anche contro la Serenissima, la Persia e la Russia. Ci sono stati vari tentativi di rimodernare lo stato, sia dal punto di vista militare che tecnologico, ma il clero mussulmano ha sempre ostacolato ogni riforma.
Tra il 1768 e il 1774 ci fu un nuovo conflitto con la Russia. L’arretrato esercito turco non riuscì a fermare l’avanzata dello zar, il quale portò i confini del suo impero fino alla sponda nord-orientale del Mar Nero: dal fiume Prut (che segnava il confine russo-moldavo) fino al Caucaso.
Dopo questa guerra, quindi, la Russia possedeva la Crimea e porti strategici sul mar Nero, ma non aveva il controllo degli Stretti per accedere al Mediterraneo. Bosforo e Dardanelli erano ancora nelle mani turche.
Il tentativo di espansine russa verso il Mediterraneo, aveva però allarmato le potenze europee, che rimasero sempre vigili ad ogni manovra dello zar.
Per decenni il controllo degli Stretti fu una questione molto delicata.
1841 – CONVENZIONE SUGLI STRETTI
Poi, nel 1841, tutte le più grandi nazioni europee (compresa la Russia) (Gran Bretagna, Francia, Austria, Prussia, Impero Ottomano e Russia) firmarono la cosiddetta Convenzione di Londra sugli Stretti. Questa convenzione garantiva alla Turchia che nessuna nave da guerra (amica o nemica) poteva attraversare il Bosforo e i Dardanelli, i quali dovevano restare sotto il controllo ottomano.
La convenzione ovviamente bloccò le mire espansionistiche della Russia, che restò senza sbocchi sul Mediterraneo, e per qualche anno tranquillizzò le potenze occidentali.
Intanto, a partire dagli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, si andavano valutando alcuni seri progetti per realizzare un canale marittimo di congiunzione tra l’Oceano Indiano e il Mediterraneo. Quest’impresa avveniristica appariva sempre più realizzabile.
L’interesse russo per il Mediterraneo quindi raddoppiò. In effetti nel 1854 Ferdinand de Lesseps, che era un diplomatico francese in Egitto fin dal 1830, ottenne dal Chedivé d’Egitto una concessione per costruire e gestire il futuro canale di Suez, aprendolo al passaggio di navi di ogni nazione. I lavori, come sappiamo, iniziarono nel 1859 e il Canale venne poi inaugurato nel 1869.
DISPUTA SUI LUOGHI SANTI
Alle mire espansionistiche russe si univano motivazioni religiose. Lo zar Nicola I pretendeva di esercitare il protettorato russo su tutti i cristiani ortodossi residenti nell’impero ottomano.
Ma anche Napoleone III, che in patria aveva bisogno dell’appoggio del partito clericale, avanzò la pretesa di controllare i luoghi di pellegrinaggio dei cristiani cattolici in Terra Santa, cioè in territorio turco.
Quindi a metà Ottocento interessi politici, economici e religiosi si intrecciarono e ingigantirono la rivalità tra gli imperi europei.
Nell’estate del 1853, Nicola I mobilitò in modo provocatorio le sue truppe nella Russia meridionale, lungo le coste del Mar Nero (organizzando persino una parata della flotta a Sebastopoli).
In risposta a questa provocazione Francia e Inghilterra schierarono le loro flotte nel Mar Egeo, all’imbocco dei Dardanelli. Allora, per ripicca, (il 2 luglio ‘53) lo zar passò il confine del fiume Prut, affluente del Danubio, occupando i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, che erano vassalli dell’impero ottomano.
La Turchia, sentendosi spalleggiata dalle potenze europee, dichiarò guerra alla Russia. Era il 5 ottobre 1853.
LA GUERRA DI CRIMEA
Allo scoppio della guerra di Crimea le flotte francesi e inglesi attraversarono lo stretto dei Dardanelli e navigarono nel Mar di Marmara, diretti verso Costantinopoli. L’armata turca si trincerò lungo il Danubio, riuscendo a fermare l’avanzata russa.
Intanto però la flotta dello zar (30/11/53) sorprese dodici vascelli della flotta ottomana nel porto turco di Sinope (sulla riva meridionale del Mar Nero) e li annientò, compiendo una strage tra i marinai: si calcola che negli incendi siano morti 4.000-5.000 turchi.
Il massacro di Sinope ha dato la scusa agli alleati per passare anche il Bosforo ed entrare nel mar Nero (4/1/54) per proteggere la flotta turca.
Londra e Parigi intimarono allo zar di ritirarsi dai principati danubiani. Lo zar non solo rifiutò, ma avanzò attraversando anche il Danubio.
A questa provocazione Francia e Gran Bretagna risposero dichiarando guerra alla Russia. Era il 27 marzo 1854.
L’Austria si mantenne neutrale. Era restia a combattere contro un membro della Santa Alleanza e, inoltre, considerava la sua posizione geografica troppo esposta ad un attacco russo. E poi, schierare le truppe sul fronte orientale, significava anche sguarnire il Lombardo Veneto, con il rischio di essere attaccata sul fronte della penisola italiana.
Le prime azioni di guerra iniziarono con l’assedio russo di Silistra, una cittadina che oggi si trova in Bulgaria, quasi al confine con la Romania. La difesa tenace dei turchi e lo sbarco anglo-francese a Varna convinsero i russi a ritirarsi verso nord. Il 28 luglio 1854 l’esercito dello zar abbandonò i principati danubiani, passando nuovamente al di là del fiume Prut.
Intanto per tutta l’estate del 1854 si combatté anche in Caucaso, lungo il fronte orientale, cioè in Armenia e Georgia, con esiti alterni.
Ma si combatté anche nel Mar Baltico. All’epoca la Finlandia e le Repubbliche Baltiche appartenevano all’impero russo e lo zar teneva una cinquantina di navi ancorate nel Golfo di Botnia e di Finlandia.
Una flotta britannica, con equipaggio anglo-francese, in marzo era salpata diretta al Mar Baltico.
L’intento iniziale era impedire alla flotta russa di raggiungere il Mare del Nord e l’Atlantico, ma con l’entrata in guerra, l’obiettivo cambiò e la flotta alleata puntò su San Pietroburgo (che si trova in fondo al Golfo di Finlandia).
Dopo aver conquistato le isole Aaland, tuttavia, si rivelò impossibile far cadere la fortezza posta a protezione della capitale russa. E, al sopraggiungere dell’inverno, il governo inglese richiamò la flotta in patria.
Ma torniamo nel Mar Nero.
Nell’estate del ’54, era maturata anche l’idea di assediare Sebastopoli, che era la città roccaforte dei russi, posta a cavallo di una profonda baia, lungo la costa sud occidentale della penisola di Crimea.
A metà settembre il contingente franco-anglo-turco sbarcò in Crimea, a 50 km a nord di Sebastopoli, schierandosi lungo il fiume Alma, che separava i due fronti.
Il 20 settembre si svolse la Battaglia dell’Alma. Dopo una intera giornata di aspri combattimenti i due eserciti erano esausti e i russi si ritirarono di nuovo verso Sebastopoli. I Russi avevano perso quasi 6000 uomini, gli inglesi 2000 e i francesi 1300.
Poi iniziò l’avanzata degli alleati verso Sebastopoli. I russi, asserragliati nella città, affondarono le loro stesse navi nel porto, per impedire alla flotta degli alleati di avvicinarsi dal mare.
Il 26 settembre gli inglesi occuparono il porto di Balaklava, poco a sud di Sebastopoli, che divenne la base logistica britannica. I francesi si accamparono nella vicina baia di Kamiš.
Intanto il colera imperversava nelle file dell’esercito alleato e rallentava le operazioni militari. I russi quindi ebbero tutto il tempo di ricevere rinforzi e consolidare le difese di Sebastopoli.
A metà ottobre iniziò l’assedio di Sebastopoli e gli alleati iniziarono a bombardare la città.
Il 25 ottobre il generale russo Mensikov provò ad aprirsi un varco nelle difese nemiche e occupò le alture che controllavano la strada per l’accampamento britannico.
Qui si svolse la famosa Battaglia di Balaklava. Il generale Lord Raglan comandò l’attacco della cavalleria inglese contro i russi, che avevano conquistato le ridotte sulle colline, cacciando i turchi. Per un incredibile fraintendimento dell’ordine, lord Cardigan lanciò la cavalleria leggera all’attacco di una batteria russa, che chiudeva la valle, guidando i suoi cavalleggeri in una carica suicida contro i cannoni nemici, mentre l’artiglieria russa li colpiva dalle alture laterali con una pioggia incrociata di proiettili. In questa carica, il 40% dei cavalleggeri inglesi morì o rimase ferito. Grazie alla cavalleria francese, i russi vennero ricacciati.
Ma della battaglia di Balaklava parlerò più dettagliatamente in seguito.
Vediamo come è proseguita la guerra.
Per liberare Sebastopoli dall’assedio, i russi (il 5 novembre 1854) tentarono l’offensiva di Inkerman (sulla collina a est di Sebastopoli). Questo scontro comportò molte perdite per gli inglesi (circa 2500 uomini), ma quattro volte tanto per i russi, che dovettero abbandonare il campo.
Poi, con l’arrivo dell’inverno, si creò una situazione di stallo. Svanirono le speranze russe di rompere l’assedio, ma anche quelle degli alleati di conquistare Sebastopoli con una guerra rapida.
Intanto, nell’aprile del 1854, gli inglesi avevano chiesto al governo sardo di intervenire con un contingente militare, in rinforzo dell’esercito alleato. Cavour era favorevole ad un intervento, perché offriva al Regno di Sardegna l’occasione di uscire dall’isolamento politico e di inserirsi nella diplomazia europea. Ma il ministro degli esteri Vittorio Da Bormida e molti parlamentari erano fermamente contrari.
Da Bormida pretendeva che, in cambio della partecipazione alla guerra, gli alleati garantissero il dissequestro dei beni, che l’Austria aveva confiscato ai lombardi rifugiati in Piemonte. Ma l’Austria non avrebbe mai accettato queste condizioni.
Intanto in Crimea l’inverno fu durissimo per gli assedianti. Neve, gelo, malattie decimarono uomini e cavalli. In particolare il comando inglese dimostrò una inefficienza grave. Oltre al cibo e alle munizioni, mancavano anche legna e carbone per accendere fuochi. Le uniformi, perennemente umide, non si asciugavano. Il poco cibo si consumava freddo.
I giornalisti presenti sul campo inviavano in patria articoli indignati. Da Londra partì addirittura una commissione d’inchiesta per fare chiarezza sulle responsabilità.
Vista la durata e la durezza della guerra, gli inglesi sollecitarono nuovamente il governo sardo a partecipare al conflitto. Questa volta anche il re Vittorio Emanuele II era fermamente deciso a intervenire. Allora Da Bormida si dimise e il parlamento subalpino votò in favore della spedizione in Crimea. Cavour assunse egli stesso la carica ad interim di Ministro degli Esteri e il 26 gennaio 1855 firmò la convenzione di alleanza.
Il corpo militare sardo partì da Genova il 25 aprile 1855 con 18.000 uomini e 3500 cavalli. La spedizione era comandata dal generale Alfonso Lamarmora, che sostituiva Ferdinando di Savoia duca di Genova, fratello del re, morto poco prima della partenza.
Il contingente era costituito da due divisioni: una agli ordini del generale Giovanni Durando, l’altra del generale Alessandro Lamarmora, fratello di Alfonso e fondatore dei bersaglieri. Le divisioni a loro volta erano formate da bersaglieri (arma nata nel 1836) al battesimo del fuoco, affiancati da alcuni drappelli di carabinieri.
L’8 maggio 1855 i piemontesi sbarcarono a Balaklava e si accamparono a fianco degli inglesi. Qui dovettero lottare subito contro il colera, che imperversava tra le truppe alleate. Oltre 2000 dei nostri uomini morirono a causa dell’epidemia; tra questi, lo stesso generale Alessandro Lamarmora.
Nel frattempo il 2 marzo era morto anche lo zar Nicola I ed era salito al trono suo figlio Alessandro II, deciso anche lui a continuare la guerra. Nella primavera del 1855 gli alleati moltiplicarono i tentativi per prendere Sebastopoli, ma i russi non si davano per vinti. Anzi, tentarono attacchi su più fronti, ma ogni volta le loro sortite vennero respinte.
Nell’estate del 1855 Sebastopoli era assediata su tre lati. Si susseguivano i bombardamenti e gli attacchi alleati, miranti a conquistare gli ultimi baluardi della fortezza.
Intanto il colera imperversava ancora con virulenza, decimando le truppe alleate. Morì anche il generale inglese lord Raglan.
Il 16 agosto i russi tentarono un’ultima sortita attraverso il fiume Cernaia.
La linea del fiume era tenuta dai francesi. I piemontesi erano schierati alla loro destra, appoggiati da una batteria di cannoni inglesi. I russi tentarono di dividere francesi e piemontesi, ma furono ricacciati indietro dal generale Alfonso Lamarmora. La fanteria e la cavalleria piemontesi respinsero numerosi attacchi russi, infliggendo gravi perdite al nemico.
La sconfitta della Cernaia fiaccò definitivamente il morale dei russi, che cominciarono a preparare la ritirata.
Il 5 settembre iniziò l’ultimo bombardamento a Sebastopoli, (con 592 cannoni francesi e 183 inglesi).
L’8 settembre i russi cominciarono a ritirarsi verso nord e ad abbandonare la fortezza. Con la caduta di Sebastopoli si profilava la fine della guerra di Crimea.
L’assedio di Sebastopoli era durato 11 mesi, con pesanti perdite finali: a Sebastopoli ci sono tre cimiteri militari dove sono sepolti, nelle fosse comuni, 250.000 soldati russi. Furono da 50 a 100.000 le perdite degli alleati, a cui bisogna aggiungere i morti turchi, ma il dato che non è mai stato disponibile. Infine nessuno è in grado di stabilire quanti civili sono morti per malnutrizione, malattie e sotto i bombardamenti.
LE TRATTATIVE DI PACE
Con la caduta di Sebastopoli la diplomazia europea si mise in moto, in vista delle future trattative di pace.
L’Austria si incaricò di mediare tra i contendenti per trovare soluzioni accettabili per tutti.
I preliminari di pace furono firmati il 1° febbraio 1856. Poi iniziarono i preparativi del Congresso di Parigi, che si svolse dal 25 febbraio al 16 aprile 1856.
I termini del trattato di pace prevedevano:
- L’autonomia dei principati danubiani di Valacchia e di Moldavia (oggi in Romania), che restavano vassalli dell’Impero Ottomano
- La cessione alla Moldavia della Bessarabia meridionale, cioè la foce del Danubio, su precisa richiesta dell’Austria, la quale utilizzava il Danubio per i suoi commerci fluviali
- La completa smilitarizzazione del Mar Nero, sia da parte dei russi che dei turchi
- L’impegno del sultano a migliorare le condizioni di vita dei suoi sudditi, a prescindere dalla loro razza e dalla loro religione
Sappiamo che ci fu anche un risultato importante per il Regno di Sardegna. Come aveva sperato, Cavour sedeva al tavolo delle grandi potenza, e gli fu consentito di esporre la situazione della Penisola italiana, oppressa dal malgoverno straniero. Il Regno di Sardegna quindi non ottenne compensi, ma si conquistò il favore dell’opinione pubblica francese e inglese per la causa italiana. A Parigi, Cavour gettò le basi per l’alleanza con la Francia, che portò alla guerra del 1859 contro l’Austria.
La guerra di Crimea rese anche evidente che l’ordine stabilito dal Congresso di Vienna nel 1815 si era definitivamente incrinato. La santa alleanza tra Russia, Austria e Prussia non reggeva più. Inoltre questo conflitto servì a infrangere il mito della Russia invincibile, mito che resisteva da oltre 40 anni, cioè dell’invasione napoleonica della Russia.
APPROFONDIMENTO SU LA BATTAGLIA DI BALAKLAVA
Adesso, dopo aver parlato in generale della Guerra di Crimea, vorrei porre l’accento su quella che è stata la battaglia più famosa di quel conflitto: la Battaglia di Balaklava che si svolse il 25 ottobre 1854.
Sebastopoli era assediata su tre lati dalla fanteria e dall’artiglieria degli alleati ... (descrivere mappa)
I russi nel mese di ottobre avevano ottenuto rinforzi e decisero di passare all’offensiva, per isolare l’accampamento di Balaklava dal grosso dell’esercito assediante.
All’alba del 25 ottobre le truppe dello zar attraversarono da Nord il fiume Cernaia e sorpresero i turchi, che si trovavano sulle colline, di guardia alle ridotte inglesi. I turchi fuggirono, lasciando i cannoni in mano al nemico. In questo modo la piana alle spalle di Balaklava restò sguarnita di difese.
Nel frattempo Lord Raglan, comandante supremo dell’esercito britannico, giunse al posto di comando sulle alture Sapuné; ma inspiegabilmente vi giunse con molto ritardo, solo alle 7.45. La battaglia di Balaklava si svolse nella mattinata, nelle due valli denominate meridionale e settentrionale.
Nella vallata meridionale ci fu un primo scontro tra la cavalleria pesante inglese e quella russa. Ma i cavalleggeri russi furono ricacciati indietro e si ritirarono nella valle settentrionale. Tuttavia un loro squadrone si distaccò e puntò direttamente su Balaklava. A protezione dell’accampamento britannico restava un solo reggimento di fanteria, decimato dal colera.
Per fermare lo squadrone russo, il comandante inglese – data la scarsità di uomini abili al combattimento – dispose i suoi uomini in una linea profonda solo due uomini (anziché i quattro regolamentari) per proteggere tutta la lunghezza dell’accampamento. Quindi risultò uno schieramento lungo e sottile. L’ordine era: difesa ad oltranza della posizione, vietato indietreggiare.
Mentre i russi attaccavano, gli inglesi fecero fuoco una prima volta, senza riuscire a fermare la carica. Allora attesero a sparare di nuovo finché i nemici furono vicinissimi, a soli 50 metri. Questa volta il fuoco inglese ruppe la carica e i russi si ritirarono.
Dalla collina Sapuné il giornalista William Russell assistette a questo episodio di estremo coraggio e in un articolo coniò l’espressione “sottile linea rossa”, raccontando che, dalla sua postazione elevata, vedeva solo un sottile schieramento di soldati con le giubbe rosse, che si frapponeva tra i russi e la base di Balaklava. Gli inglesi tennero la loro posizione senza indietreggiare di un passo, dimostrando coraggio e abnegazione.
Ancora oggi l’espressione “sottile linea rossa” simboleggia il sangue freddo inglese.
Ma durante la battaglia di Balaklava ci fu un altro episodio di eroismo, di cui fu protagonista la cavalleria leggera inglese.
Lord Raglan, dall’alto della collina Sapuné, aveva una buona visuale su tutto il teatro di guerra e vide i russi che tentavano di portare via i cannoni inglesi, conquistati ai turchi. Mandò quindi un messaggio a Lord Lucan, comandante della cavalleria inglese, ordinandogli di caricare i russi e tentare di recuperare i cannoni. L’ordine preciso recitava: «Lord Raglan desidera che la cavalleria avanzi rapidamente, segua il nemico e tenti di impedirgli di portare via i cannoni. L'artiglieria a cavallo può accompagnarla. La cavalleria francese è alla vostra sinistra. Eseguite subito».
Lord Raglan si riferiva ai russi sulle alture, ma l’ordine era troppo vago: parlava di “nemico” e “cannoni” senza specificare meglio le postazioni da attaccare.
Lord Lucan, che si trovava nel fondovalle, non poteva vedere ciò che accadeva in alto sulla collina e chiese al portaordini, che era il capitano Nolan: “Quali cannoni? Dove dobbiamo attaccare?”
Il capitano Nolan, inspiegabilmente, anziché indicare la collina, additò il fondovalle, che era difeso da una batteria di 14 cannoni cosacchi. Lord Lucan a sua volta raggiunse lord Cardigan, che comandava la cavalleria leggera e gli riferì l’ordine.
Entrambi erano perplessi, perché la valle da percorrere era lunga oltre 1 km e mezzo ed era esposta sui due fianchi al fuoco incrociato degli artiglieri russi, disposti sulle colline laterali; la carica sarebbe stato un massacro.
Ma poiché gli ordini non si discutono, lord Cardigan sguainò la spada e guidò i suoi cavalleggeri verso la postazione nemica.
Avanzarono al trotto, come da manuale, per non stancare i cavalli anzitempo. Quindi per sette eterni minuti trottarono sotto una pioggia di proiettili; poi, lanciati al galoppo, irruppero tra i cosacchi e si impossessarono dei cannoni.
Ma la cavalleria russa li respinse e i superstiti dovettero percorrere a ritroso la valle, col nemico alle calcagna. I pochi sopravvissuti si salvarono grazie all’intervento della cavalleria francese, che mise in fuga i russi e riconquistò le ridotte sulle colline.
Invece la cavalleria pesante inglese, che doveva intervenire in loro appoggio, era stata ritirata da lord Lucan, il quale, conscio di aver mandato al macello metà dei suoi uomini, cercò di mettere in salvo almeno l’altra metà.
Dei 673 cavalleggeri partiti alla carica, rientrarono in duecento. Tutti gli altri erano morti, feriti o fatti prigionieri. La cavalleria perse anche 375 cavalli.
Questo episodio infernale durò in tutto tre quarti d’ora e fu senz’altro l’atto più eroico – e più insensato – della Guerra di Crimea. Un ordine ambiguo, di sicuro mal interpretato e non messo in discussione, fu la causa di un’azione suicida del tutto inutile. La battaglia di Balaklava terminò senza risultati; entrambi gli schieramenti mantennero le posizioni iniziali.
L’episodio, raccontato sul Times da William Russell, ebbe una vasta eco in patria e ispirò il poeta Alfred Tennyson, il quale pubblicò una poesia che recitava: “Nella valle della morte, tra le fiamme dell’inferno, cavalcarono in seicento”. I suoi versi resero leggendario l’attacco di Balaklava, proprio col nome “La carica dei seicento”.
I PROTAGONISTI DI QUESTA VICENDA
La cavalleria britannica
Era costituita da due brigate, una leggera e una pesante, con 1500 uomini ciascuna. In quella leggera erano inquadrati gli uomini più mingherlini e i cavalli più veloci, in quella pesate i soldati più massicci e i cavalli più possenti. La prima svolgeva attività di pattugliamento e aveva l’incarico del primo attacco. La seconda interveniva per la carica finale e decisiva.
La cavalleria in Crimea, così come tutto l’esercito alleato, era stata decimata dal colera e da varie malattie. Quando si giunse alla battaglia di Balaklava solo la metà del contingente era abile al combattimento.
Lord Somerset Raglan (1788-1855)
Era un militare di lungo corso. Aveva perso il braccio destro durante la battaglia di Waterloo e, proprio per la sua esperienza bellica, era stato nominato comandante supremo dell’esercito inglese in Crimea.
Durante la battaglia di Balaklava tuttavia le sue capacità militari non gli impedirono di impartire un ordine ambiguo. Incaricò il capitano Nolan di consegnare alla cavalleria un ordine troppo vago, che non spiegava in modo chiaro dove attaccare. E l’ordine fu poi frainteso dai suoi sottoposti.
La commissione d’inchiesta, che in seguito indagò sulle responsabilità della carica, non rivolse mai accuse dirette a Lord Raglan, perché il barone morì in Crimea pochi mesi questa battaglia.
Il suo nome oggi è ricordato soprattutto abbinato ad una particolare foggia delle maniche della sua uniforme, appunto le maniche a “raglan”, che mascheravano meglio la perdita del braccio.
Capitano Louis Nolan (1818-1854)
Il portaordini, era un soldato esperto, con un’ottima conoscenza dei cavalli. Mal sopportava la prassi della cavalleria britannica di vendere i gradi militari. Il risultato di questa pratica era che tutti gli ufficiali provenivano da famiglie agiate e avevano un alto grado culturale, ma nessuna esperienza di cavalli, se non per aver partecipato alla caccia alla volpe. Con l’acquisto dei gradi militari, nell’esercito comandava sempre il più ricco e mai il più esperto.
Nolan disprezzava gli ufficiali in genere, e in particolare i suoi superiori Lord Lucan e Lord Cardigan. La frustrazione di dover obbedire a ufficiali incapaci lo rendeva arrogante e irruento. Fu lui il capro espiatorio più comodo per il massacro di Balaklava. Venne accusato di aver indicato il bersaglio sbagliato. D’altra parte il capitano non poté difendersi, perché morì all’inizio della carica, colpito dal primo proiettile nemico.
Lord Lucan (1800-1888) e Lord Cardigan (1797-1865)
Erano cognati e si odiavano reciprocamente. Come comandanti, erano disprezzati dai loro soldati, perché ritenuti incapaci e inutilmente crudeli verso i sottoposti. Per entrambi la Crimea fu la prima esperienza di guerra e, malauguratamente, Cardigan si ritrovò ad avere il cognato come diretto superiore.
I due lord avevano entrambi acquistato il loro grado con denaro sonante ed erano privi di addestramento militare; erano più interessati all’eleganza delle uniformi, che alla vita nell’esercito. Lord Cardigan aveva fatto arrivare il suo yacht personale nel porto di Balaklava e passava il tempo a bordo, pasteggiando a champagne, mentre i suoi uomini, sotto le tende, si accontentavano di scarse gallette e carne salata. Due mesi dopo la battaglia di Balaklava, Cardigan fu colpito da una forte dissenteria e ottenne il rimpatrio. Quando col suo yacht sbarcò a Dover, fu accolto dalla folla come un eroe. Per l’opinione pubblica inglese Cardigan era colui che aveva guidato i suoi uomini in una carica ormai mitica. Un produttore tessile locale volle copiare la maglia, aperta sul davanti, che lord Cardigan indossava abitualmente sulla divisa, e la commercializzò con successo. Lanciò così una nuova moda: ancora oggi si chiama “Cardigan” il golf di lana con cerniera o bottoni dorati.
Non ebbe la stessa fortuna Lord Lucan, che fu richiamato in patria per rendere conto del suo operato. Durante l’inchiesta, lord Cardigan aveva scaricato la colpa su lord Lucan, il suo superiore. Lord Lucan tentò la stessa via; ma il suo superiore, lord Raglan, nel frattempo era morto di colera ed era intoccabile. Lord Lucan fu accusato di aver frainteso l’ordine e di averlo applicato, pur sapendo di mandare tutta la brigata al massacro. Inoltre, mentre Cardigan guidava la carica, lui assisteva al sicuro dalle retrovie e ordinava alla brigata pesante di non intervenire, privando di rinforzi i cavalleggeri.
Ancora oggi tuttavia gli storici non sono concordi nell’attribuire le colpe di quell’attacco insensato. Ma tutti concordano sul fatto che la Carica dei Seicento fu un errore madornale e un’inutile carneficina.
La battaglia di Balaklava nel cinema
Alla battaglia di Balaklava il cinema ha dedicato alcuni film. I due più famosi sono quello del 1936 “La carica dei seicento” e quello del 1968 intitolato “La carica della brigata leggera”, tradotto in italiano con “I seicento di Balaklava”.
Il primo film, con Errol Flynn e Olivia de Havilland, vinse l’oscar per la regia di Michael Curtiz. Fu un film di grande successo, ma destò scalpore il fatto che durante le riprese della carica fossero morti ben 25 cavalli. Infatti si scoprì che, per far cadere i cavalli in corsa, venivano tese delle corde al suolo per farli inciampare. Intervenne persino il Congresso degli Stati Uniti, che emanò una legge a tutela degli animali utilizzati sui set cinematografici.
Il secondo film del 1968 fu un remake del precedente: ebbe sei nomination, ma nessun premio.
C’è stato anche un film del 1998 intitolato “La sottile linea rossa”, con attori del calibro di Sean Penn, George Clooney, Nick Nolte, John Travolta, … Ma questo lungometraggio fa riferimento alla vicenda in Crimea solo nel titolo. In realtà è ambientato durante la seconda guerra mondiale e parla di un attacco dei marines a Guadalcanal nel 1942.
LE NOVITÀ DELLA GUERRA DI CRIMEA
TELEGRAFO e GIORNALISTI
Il telegrafo era stato inventato nel 1837 da Samuel Morse e, in un decennio, si era diffuso in tutti i continenti. Nel 1853, grazie ad una convenzione stipulata da Cavour con Francia e Gran Bretagna, si posò il primo cavo sotto il Mediterraneo, cavo che univa La Spezia all’Algeria, passando sulla Corsica e sulla Sardegna. Questa linea telegrafica consentiva le comunicazioni verso l’Africa, il Medio Oriente e le Indie. A questa piattaforma si aggiunse quella che collegava Otranto a Valona e alla Turchia.
Allo scoppio della Guerra di Crimea venne posato anche un cavo sotto il Mar Nero. Tutti questi collegamenti telegrafici consentirono all’opinione pubblica europea di seguire pressoché in diretta le vicende del conflitto e incentivarono la partecipazione di fotografi e giornalisti sul campo di battaglia. La professione di inviato di guerra è nata allora in Crimea.
Ovviamente i comandanti militari non erano affatto contenti della presenza dei reporter e consideravamo molto irritante la loro pretesa di intrufolarsi ovunque e raccontare ai lettori cosa accadeva negli accampamenti e sui campi di battaglia.
LA FERROVIA CRIMEANA
La seconda novità è una ferrovia lunga 23 km, costruita nel 1855 dagli inglesi, per rifornire l’esercito di provviste e munizioni. Abbiamo visto che gli inglesi, durante l’assedio di Sebastopoli avevano la loro base a Balaklava, a 13 km a sudest di Sebastopoli. Le due città erano separate da colline e avvallamenti, ed erano collegate solo da una strada, più simile ad una mulattiera.
Gli alleati iniziarono ad assediare Sebastopoli nel mese di ottobre 1854, convinti di far cadere la roccaforte russa prima dell’inverno. Invece i russi resistevano tenacemente. Il freddo, il gelo e la neve colsero gli inglesi accampati sull’altipiano sopra Sebastopoli, esposti alle intemperie. Il sentiero di fondovalle divenne impraticabile per la fanghiglia. Fu sempre più difficile far giungere agli assedianti i rifornimenti e i soldati morivano di malattie, malnutrizione e congelamento.
Il giornalista William Russell, con i suoi articoli, denunciò le tragiche condizioni di vita delle truppe britanniche. Un suo lettore, l’imprenditore Samuel Morton Peto, propose al governo di costruire una ferrovia per il trasporto di munizioni e derrate alimentari; si offrì di costruire l’opera al prezzo di costo, senza guadagno.
E il governo inglese accettò la proposta. Il 21 dicembre l’appaltatore salpò dal Regno Unito con una flotta carica di materiali e manodopera specializzata.
I lavori iniziarono l’8 febbraio 1856 e il 26 marzo la linea era completata. A fine marzo il primo carico di rifornimenti raggiunse l’accampamento di Lord Raglan in cima al valico tra Balaklava e Sebastopoli.
Il 2 aprile la ferrovia venne usata per trasportare malati e feriti dall’altipiano al porto di Balaklava: si ritiene che questo convoglio sia stato il primo treno-ospedale della storia.
La ferrovia garantì rifornimenti continui per tutta l’estate, assicurando approvvigionamenti di vettovaglie e di armi, sia agli inglesi che ai loro alleati. La buona disponibilità di munizioni consentì loro di riprendere i bombardamenti a tappeto su Sebastopoli; bombardamenti che si susseguirono da aprile a settembre, provocando gravi perdite ai russi.
Tuttavia, a causa della fretta con cui era stata costruita, dopo pochi mesi questa ferrovia denunciava già parecchi punti deboli e rischiava di non reggere ai rigori del successivo inverno.
Ma Sebastopoli cadde il 9 settembre 1855, segnando la fine della guerra di Crimea. I soldati si trattennero in Crimea fino alla firma del Trattato di Pace, ma, prima di rimpatriare, gli inglesi sradicarono le rotaie e le portarono via.
FLORENCE NIGHTINGALE E IL SERVIZIO INFERMIERISTICO
Abbiamo accennato all’inizio al nuovo servizio infermieristico. Vediamo chi era l’organizzatrice.
Florence Nightingale deve il suo nome alla città di Firenze, in cui è nata nel 1820, durante un soggiorno della sua famiglia in Italia. Nel 1845, contro la volontà dei genitori, borghesi e benestanti, decise di dedicarsi alla cura dei malati e dei poveri. All’epoca la professione di infermiera era poco stimata. Nell’esercito ad esempio le infermiere erano equiparate alle vivandiere.
I primi anni della sua attività non furono facili, ma la Nightingale perseguì il suo scopo con tenacia.
Durante la Guerra di Crimea giungevano in patria notizie di molti morti e feriti. La stampa raccontava le pessime condizioni degli ospedali da campo. Florence Nightingale chiese al ministro della guerra, Sidney Herbert, di poter raggiungere la Crimea con alcune infermiere volontarie. Ottenuto il permesso ministeriale, la Nightingale salpò il 21 ottobre 1854 per la Crimea con 38 infermiere da lei addestrate.
In novembre raggiunse l’ospedale militare inglese, allestito a Scutari, un quartiere di Costantinopoli. Trovò una situazione disastrosa: medici sovraccarichi di lavoro, farmaci scarsi, igiene inesistente e le infezioni decimavano i feriti. I medici dell’esercito opposero molte resistenze all’intervento delle infermiere, ma Florence Nightingale impose una pulizia a fondo dell’ospedale e riorganizzò l’assistenza, ottenendo un drastico calo della mortalità.
I soldati ricoverati la chiamavano “la signora con la lampada” perché di notte passava di letto in letto a portare conforto ai feriti. I giornalisti lodarono la sua abnegazione e quando tornò in patria fu accolta come un’eroina.
Ancora oggi è considerata la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna.
CARNE IN SCATOLA
Ed infine parliamo di una novità che riguardava il contingente sardo.
Per la spedizione di Crimea, l’esercito piemontese introdusse nel vettovagliamento la carne in scatola.
La tecnica di conservazione dei cibi, in contenitori sigillati ermeticamente, risaliva al 1812. Il procedimento fu inventato dal francese Nicolas Appert e negli anni successivi venne perfezionato da vari imprenditori. Uno di questi fu il piemontese Francesco Cirio, che inscatolava e commercializzava diversi tipi di verdure.
La partecipazione piemontese alla guerra di Crimea offrì l’opportunità di sperimentare anche la conservazione della carne in scatola.
In vista della spedizione, l’esercito commissionò una grossa fornitura ai fratelli Lancia, futuri produttori di automobili. La fornitura dei fratelli Lancia fu un gran successo. I soldati piemontesi erano invidiati dalle truppe alleate per l’alta qualità del loro vitto, in particolare per la carne conservata, che era una vera eccellenza. Tanto che anche l’esercito inglese ne ordinò una grossa partita ai fratelli Lancia.
Per dimostrare l’alta qualità del loro prodotto, nel 1858, durante un’esposizione internazionale a Torino, i Lancia aprirono due scatole di carne provenienti dalla fornitura della Crimea e i visitatori hanno potuto constatare che la carne era ancora ben conservata, anche dopo tre anni, e manteneva un ottimo sapore. La gelatina sembrava preparata il giorno prima.
Con la commessa di carne in scatola i fratelli Lancia fecero fortuna. Allevavano e macellavano bestiame in Italia e in Argentina, ma a fine Ottocento il mercato dei cibi conservati si era enormemente ampliato e la concorrenza si era fatta spietata. I Lancia preferirono cambiare settore e nel 1906 Vincenzo Lancia fondò la casa automobilistica omonima.
LA CRIMEA 170 ANNI DOPO
Per concludere, cerchiamo di capire cosa è successo in Crimea da metà Ottocento a oggi.
L’interesse della Russia per il Mar Nero non è mai venuto meno; la penisola della Crimea ha continuato ad essere una base strategica prima per la flotta dello zar e poi dell’Unione Sovietica.
Poi nel 1991, dopo il collasso dell’URSS, l’Ucraina è diventata indipendente e la Crimea è stata dichiarata regione autonoma dell’Ucraina. La Russia mantenne uno sbocco sul Mar Nero lungo la costa orientale, per il tratto compreso tra il confine dell’Ucraina e quello della Georgia.
L’Ucraina indipendente si è rivelata una nazione eterogenea, sia per storia, che per lingua e per religione. La parte orientale (e in particolare il Donbass, cioè il bacino del fiume Donec, affluente del Don) ha una popolazione da sempre in prevalenza filorussa, mentre la parte centrale e occidentale, a maggioranza cattolica, è favorevole all’avvicinamento all’Europa.
Nei due decenni successivi all’indipendenza, la tensione politica nell’Ucraina, è andata aumentando fino al 2014, quando si è instaurato nel Paese un governo filoeuropeo.
In risposta, Putin ha occupato militarmente la Crimea. Poi – con un referendum popolare – ha annesso la penisola alla Russia.
In concomitanza, nel Donbass sono scoppiati violenti scontri separatisti filorussi e un referendum (sempre del 2014) dichiarò l’autonomia della regione con la costituzione della Repubblica popolare di Doneck e di Lugansk.
Nel 2018 Putin ha collegato la Crimea alla costa russa con un ponte, costruito sullo stretto di Kerč, che chiude l’imbocco del Mar d’Azov. Da allora Putin considera acque territoriali russe tutto il Mar d’Azov, e impedisce l’accesso alle navi ucraine dirette a Mariupol e alle sue coste meridionali.
In risposta l’Ucraina ha imposto la legge marziale lungo tutto il confine del paese e la Russia, di rimando, ha mobilitato il suo esercito sul confine ucraino e ha disposto la sua flotta militare nel Mar Nero.
Infine, come ben sappiamo, il 24 febbraio 2022 la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina.
Ma questa non è più storia, bensì cronaca dei nostri giorni.
Non potendo ancora mettere la parola FINE, concludo dicendo … e la guerra continua …
Santena, 17 maggio 2023