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I viaggi di Carlo Vidua


di Gianfranco Bordin

1a. Carlo Vidua

Carlo Vidua

Nel 1986 la ELECTA, casa editrice di raffinate pubblicazioni editò la “Storia di esploratori italiani”. Quattro eleganti volumi per complessive mille pagine ricche di illustrazioni e documenti dedicate ai quattro angoli della terra: Europa, Africa, Americhe e Oriente, dove sono ricordati insieme con i più conosciuti Colombo, Vespucci, Pigafetta, Caboto ed altri, altre centinaia di figure meno note che contribuirono nei secoli ad accrescere la conoscenza di luoghi sconosciuti e lontani. Ebbene Carlo Vidua non viene ricordato in nessuna delle oltre mille pagine stampate. E sì che a distanza di tempo, dopo gli approfondimenti di studiosi e ricercatori quali Roberto Coaloa e Andrea Testa, ad iniziare proprio da quell’anno 1986 la figura di Carlo Vidua ne risulta alla fine grandemente rivalutata.

Sarà forse che Cesare Balbo, pure iscritto con lui alla Società dei Concordi, l’amico con il quale aveva frequenti rapporti e suo primo estimatore e divulgatore dei suoi scritti, non ebbe visione dei campi di interesse e di indagine complessivi che si prospettavano e si aprivano alla conoscenza con la lettura dei suoi scritti, delle sue lettere e dei suoi racconti di viaggio, nell’organizzazione meticolosa dei quali Carlo Vidua, soprattutto nell’ultima parte della sua vita, fu assorbito in modo quasi compulsivo. Ne sarebbero uscite arricchite le scienze quali sociologia, sicuramente quella strutturale, antropologia, etnologia, botanica, zoologia, archeologia, scienze umane in genere, poiché l’ampliamento della conoscenza era la chiave interpretativa di questa sua tenacia e perseveranza nel voler apprendere “senza seguire un manifesto progetto strategico di fondo, ma abbandonandosi alla pura accidentalità del viaggio, unica costante della sua vita, che pure assumerà connotazioni diverse col passare degli anni” (Andrea Testa – Scritti di Carlo Vidua un romantico atipico).

Cesare Balbo, probabilmente, ebbe ad interpretare i suoi scritti, dispersi dopo la morte dell’amico, “in una chiara operazione editoriale marcata da un intento cattolico-liberale moderato” che “contribuì non poco alla cristallizzazione di tali stereotipi” (R. Coaloa e A. Testa -Scritti di Carlo Vidua) oltretutto condizionato dalla preoccupazione di evitare interventi censori da parte delle autorità. Ciò che smuoveva Carlo Vidua a viaggiare era dunque il desiderio di conoscere, di condividere esperienze nuove e singolari per esserne poi testimone, senza la presunzione, condivisa invece da molti suoi coetanei, di imporre le proprie certezze, in termini di un elaborato “colonialismo pedagogico”, alle persone con le quali veniva a contatto, ma accettando di fatto le differenze culturali che andavano evidenziandosi. Risultato di questa sua ricerca, esauritasi in solo 12 anni dal 1818 al 1830, di questa innata voglia di conoscenza ci testimonia il lascito di una sterminata mole di reperti vari, di lettere, di documenti, libri, manuali e disegni, in parte dispersi, distribuiti e conservati nell’Archivio Storico, nella Biblioteca Civica e nel suo Memoriale presso la Gipsoteca Bistolfi di Casale Monferrato, nella Biblioteca Civica, all’Accademia delle Scienze e nella Biblioteca Reale di Torino e nella Biblioteca Vaticana.

Il viaggio era all’epoca anche il segno delle inquietudini che i giovani condividevano e rappresentava quasi un rito di iniziazione e di ingresso alla vita matura, prima di rientrare in patria ed iniziare ad occuparsi seriamente degli interessi e delle fortune della famiglia, forti delle esperienze acquisite. A seguire, naturalmente, la celebrazione del matrimonio e la formazione di una propria famiglia tale da garantirne la continuità. Questi erano infatti gli auspici e i desideri del padre Pio Gerolamo Vidua conte di Conzano per questo suo figlio erede delle fortune e futuro responsabile dei destini familiari. Ma il figlio Carlo decise di intraprendere un differente percorso di vita per sfuggire al “carcere natio” ed emanciparsi dal paternalismo tradizionale, espressione, questa decisione, di una romantica brama di autenticità e di slancio verso la libertà: un personale sentire differente dall’atteggiamento di altri romantici che, ripiegati su sé stessi, ambivano ad enfatizzare l’emozione intensa come autentica fonte di esperienza.

2Viaggiatore sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich

Viaggiatore sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich

Il viaggio restava comunque centrale in funzione del suo arricchimento culturale, rivelando, con questo, uno spirito realistico che lo spingeva ad una continua raccolta di notizie, attraverso la conoscenza diretta dei luoghi e delle persone, che servissero a consentirgli la pubblicazione di un trattato politico” (Didascalia - Memoriale Casale Monferrato). Carlo nasce a Casale Monferrato il 28 febbraio 1785 da Pio Gerolamo Vidua e Marianna Gambera. La sua è una famiglia terriera insignita di un titolo nobiliare di recente acquisizione. Infatti “nel 1696 Domenico Vidua, senatore, aveva acquistato 1/4 dei territori di Conzano dal Marchese Giuseppe Orsi. Egli aveva assunto con patenti ducali, la cosiddetta “erezione in contado” appoggiato dall’acquisto del feudo, il titolo di conte. Il 12 gennaio 1697 Domenico Vidua aveva ricevuto l’investitura formale”, che gli attribuiva l’esercizio della “Giurisdizione Feudale di Conzano di mesi sei, giorni sette e mezzo” (R. Coaloa - Carlo Vidua, un romantico atipico). In quella situazione colma di incertezze che si prospetta nell’ultimo quindicennio del 1700 e nel primo del secolo successivo, il padre si dimostra una persona accorta in grado di tenersi in equilibrio tra le parti in gioco ed approfitta delle riforme attuate dal regime napoleonico, pur mantenendo un leale attaccamento a Casa Savoia, per accrescere e consolidare le sue proprietà. Tutto questo, nel 1814, gli vale la nomina a Primo Segretario di Stato per gli affari interni nel primo ministero della Restaurazione, dopo il ritorno a Torino del Re Vittorio Emanuele I. Vicende, quelle vissute dal conte Pio Gerolamo, che richiamano alla mente le analoghe sorti toccate ad una famiglia ben più nota, quella di Michele Antonio Benso che, nello stesso periodo e in un modo ben più clamoroso, riesce a mantenere unita la famiglia e a salvaguardarne le fortune pur in un contesto storico fluido e minaccioso che vede la contrapposizione di interessi anche economici tra i nuovi padroni, i sostenitori di Napoleone, e la vecchia classe aristocratica e “codina” legata alla monarchia sabauda. E come per il Conte di Conzano anche per il Marchese di Cavour risulta alla fine proficuo il periodo trascorso sotto la dominazione francese.

Carlo, dunque, nasce in pieno periodo dei “Lumi”. L’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert era stata pubblicata nel 1751. Ha modo quindi di vivere, non solo dal punto di vista delle enunciazioni teoriche, la nuova “religione” dei Lumi: i concetti di Libertà, di Uguaglianza e di Giustizia, come pure quelli contenuti nella dottrina che annuncia la necessaria tripartizione dei poteri secondo il pensiero di Montesquieu, ma soprattutto ha modo di vivere il momento pratico di realizzazione di questi ideali e dei principi enunciati dal pensiero illuminista nel periodo della Rivoluzione francese, inconsapevolmente essendo ancora molto giovane e, successivamente, ancora durante il quindicennio napoleonico e soprattutto, infine, assistere alla loro diffusione in Europa al seguito delle armate dell’esercito francese vincitore.

Non è di carattere “facile” il giovane Vidua dimostrando fin da piccolo una innata curiosità per le novità e per le scoperte quando viene sorpreso a scavare una buca nel terreno dichiarando di voler arrivare in questo modo fino dall’altra parte del globo. La sua è una famiglia ricca e perciò gli vengono affiancati i migliori precettori dell’epoca: il canonico Ignazio De Giovanni bibliofilo e storico, Gian Francesco Galeani Napione letterato e linguista e fino all’età di 19 anni Don Giuseppe Mortara. Riceve un’ottima educazione musicale: “Cesare Balbo lo descrive come un genio della composizione ed il capitano olandese, che lo ospita in occasione di una delle tante trasferte per nave, lo descriverà come un musicista di gran talento” (Didascalia del memoriale di Casale Monferrato). Nel periodo giovanile l’ammirazione per Ugo Foscolo gli fa balenare l’idea di avviare la sua vita verso un’esistenza eroica, verso la gloria e una fama europea, quale scrittore, con un’opera dedicata alle sue ricerche, a giustificazione inconscia della sua ansia di “fuga” per sottrarsi così ad un destino predestinato, ottenendone da quanti lo conoscono, quali Cesare Balbo, che ebbe poi modo di ricredersi, un azzardato giudizio di essere “mezzo matto” e commiserato perché dissipatore dei beni di famiglia, giudizio successivamente riveduto. È significativo a proposito quanto egli stesso scrive al Marchese del Carretto di Lesegno alla fine del primo viaggio: “È vero che altrove i viaggi danno buona reputazione, da noi piuttosto la tolgono”.

Il conte Pietro Civalieri di Masio che lo incontra a Parigi nel 1814 ci può fornire un ritratto del suo aspetto fisico e una descrizione molto precisa e convincente del suo carattere a volte bizzarro, ma sempre attento a cogliere l’essenza delle situazioni e a padroneggiarle. “Grandissimo di statura, ma cotanto magro che di più nol potea essere, dimesso assai nel vestire gonzo nel camminare, ...ma allorché parlava, era tanta la sua istruzione, tale la sua eloquenza mista ai detti spiritosi e filosofici, che tutto facea dimenticar l’orrido della sua presenza. Era erudito nelle lingue italiana, latina, francese ed inglese, e tutte le parlava con facilità. Una sera dalla Marchesa di Villeray Viadua impadronissi del discorso, ed improvvisò una critica così fina, così ragionata degli usi e delle costumanze de’ Parigini, li descrisse con siffatta verità ed avvedutezza che tutti gli uditori estatici applaudivano. Quindi ponevasi al clavicembalo che suonava con grande maestria e profonda espressione. Poc’anzi viaggiando per la Francia erasi recato a visitar degli avanzi di un tempio romano, che non è lungi dal mare, presso Le Havre s’internò in un cavo e nel sortire fu colto da una masnada di Doganieri che ‘l presero per un contrabbandiere, o per una spia degli inglesi, anzi per inglese egli stesso, e lo malmenarono e lo condussero prigione al capoluogo. Egli prese per spasso di lasciarsi credere tale, e non gl’ importò punto di entrare nella città in mezzo a quella ciurmaglia e sentirsi ludibrio degli sfaccendati che gli correan dietro, chiamandolo brutto cane di inglese, e mille ingiurie sul suo fisico. Ma appena giunto davanti il Magistrato presentò il suo passaporto vidimato in tutte le forme, e fece rimaner di stucco gli arrestatori, e i giudici e gli astanti. E colse quell’opportuno momento e dimostrò a tutti con l’eloquente sua loquela, siccome sia malfatto di inveire contro le persone sconosciute e malmenarle prima che si sappia colpevoli od innocenti, e seppe dir così bene, che rimasero gli ascoltanti convinti e contriti e tutti unanimi si dimostrarono seco lui pentiti del lor mal operato, colmandolo d’applausi e gentilezze.” (F. Bima. Il Conte Pietro Civaleri di Masio). Questo è Carlo Vidua. Insofferente a quei vantaggi che possono ritornargli dall’appartenenza alla classe nobile, da lui definiti “coglionerie” e dei quali non gli importa nulla, ma anche gli risultano utili per ottenere i visti, i permessi, le autorizzazioni, le lettere commendatizie di accreditamento necessarie ad essere ricevuto nelle varie corti di tutto il mondo visitato. Questo è nostro personaggio nella sua vera essenza anche quando esprime giudizi politici contro la “fatal disgrazia” della divisione dell’Italia in tanti Stati sotto il dominio straniero, di cui auspica la cacciata.

3Prima parte del viaggio

Prima parte del viaggio

Il 21aprile 1818 inizia il suo primo e lungo viaggio in ciò sollecitato dall’amico, il marchese Alessandro Doria di Ciriè. Parte per Parigi, dopo aver ottenuto l’assenso e una cospicua somma di ottomila franchi dal padre. A Parigi aveva soggiornato per sette mesi nel 1814, già mostrando i segni della sua grande attenzione e passione per la cultura in genere quando dichiara “Sette mesi che sono a Parigi ... ho comprato per duemila franchi di libri, giornali rari e brochures del campo della rivoluzione...ho scelto i pezzi rari e unici” In quel 1814 c’era andato per assistere al passaggio dei poteri tra Napoleone e i ritrovati Borboni di Luigi XVIII che non mancavano di festeggiare la caduta dell’Anticristo “Buonaparte”, scritto all’italiana, per sottolinearne l’estraneità rispetto alla storia di Francia. Qui si ferma un mese e riparte subito dopo per Londra, dove lo attende l’amico Alessandro con il quale visita la città, gallerie d’arte, assiste ad una seduta del Parlamento britannico, evento per lui di grande interesse, e prepara in modo accurato il viaggio verso il nord Europa, dopo aver abbandonato completamente il progetto del viaggio americano. Recupera notizie, carte geografiche, tutte le indicazioni che possono tornargli utili, comprese le lettere commendatizie, che gli fornisce il padre, necessarie per essere ricevuto dalle autorità dei luoghi visitati.

4Da Copenaghen a Mosca, passando per il Circolo Polare Artico

Da Copenaghen a Mosca, passando per il Circolo Polare Artico

Il 12 giugno partono per Stoccolma, passando per Amburgo e Copenaghen, ma si fermano a Göteborg dove rimangono fino al 14 luglio, in attesa di un visto che consenta loro di raggiungere la capitale. Qui a “Gotemburgo” visita luoghi inconsueti che lo colpiscono, soprattutto una natura vasta e rigogliosa, sempre ben accolto dai maggiorenti del luogo. “È singolare il costume di questa città. Un invito a pranzo include ancora quello della cena, di modo che si va a pranzo alle 2 e non si esce fino alle 11 di sera”. A Stoccolma arriva il 18 luglio, resta attonito di fronte alle immense distanze percorse per lui inconsuete. Anche in Svezia ha modo di soddisfare la sua curiosità e voglia di apprendimento visitando le miniere di ferro e rame, l’Università di Uppsala ed assiste, come già era avvenuto a Londra, ad un evento di politica interna cioè alla sessione di chiusura della Dieta che viene convocata ogni 4 o 5 anni. “Abbiamo avuto lo spettacolo di vedere il Re circondato da tutta la sua corte, sentire e rispondere ai discorsi degli oratori de’ quattro ordini nobiltà, clero, bourgeois e contadini”.

Il tour della Lapponia, che durerà 28 giorni, è quello che sicuramente in Europa lo impegna maggiormente per ciò che riguarda la necessaria preparazione logistica. È un luogo impervio, mai veramente esplorato in precedenza, abitato da un popolo nomade di cui si hanno scarse notizie e poca conoscenza, “... Lapponi, che ora sono il solo popolo selvaggio che resti in Europa. Non ci sono strade percorribili in carrozza o a cavallo e neppure a piedi, non ci sono luoghi per pernottare, alberghi, osterie. Per preparare come di consueto il viaggio acquista riso, gallette ed altri generi alimentari, stoviglie, una tela incerata, un cannocchiale e una bussola, assolda un domestico, degli interpreti e dei battellieri. I due viaggiatori arrivano a Jukkasiarvi, la città più a nord d’Europa. Qui Vidua raccoglie notizie sulla popolazione su taccuini oggi conservati all’Accademia delle Scienze a Torino. “Intorno a’ costumi e alla maniera di vivere del qual popolo ho preso minute informazioni, ed alquanto diverse da quelle, che si leggono ne’ viaggi, che se ne sono stampati” Ritornano a Tornea e subito dopo, il 18 settembre 1818, ripartono per San Pietroburgo, dove arrivano il 1° ottobre, accolti dall’ambasciatore Alessandro Cotti conte di Brusasco che procurerà loro un incontro con lo Zar Alessandro I, grande appassionato ed estimatore della civiltà egizia, e donerà a Carlo in omaggio una completa raccolta di testi sulla storia della Russia. “Questa capitale è veramente magnifica. Vi sono bei palazzi, qualche bella chiesa e soprattutto quantità di stabilimenti pubblici edificati dal governo sontuosamente”. Ma non apprezza la popolazione che dice composta di truffatori e di ladri; ha presto una riprova di questo suo convincimento perché viene derubato dei suoi effetti che conserva nella sua stanza d’albergo. Deve comunque rimandare la partenza per le cattive condizioni del tempo e delle strade e solo il 27 febbraio 1819 può ripartire per Mosca.

Nella città arrivano il 31 marzo percorrendo strade ancora coperte di neve utilizzando una vettura adatta. Mosca cattura subito l’interesse ed il favore di Vidua e del compagno di viaggio. Qui conducono una vita mondana, accettano inviti ed incontri con persone importanti alle quali si sono presentati muniti delle lettere di accreditamento fornite loro dal padre di Carlo. Visitano chiese, musei, gallerie, i palazzi del Cremlino, notando come nella città siano ancora presenti le cicatrici conseguenti alla occupazione napoleonica, partecipano alle cerimonie della Pasqua e assistono alle “allegrie, passeggi e divertimenti della Settimana Santa”. Dopo alcuni mesi di permanenza in città l’amico Alessandro decide di tornare a Torino.

Carlo è invece ben deciso a continuare da solo il viaggio con destinazione Taganrog, sul Mar Nero, naturalmente dopo aver acquistato alcuni libri di viaggio e aver assunto tutte le informazioni necessarie a tale scopo.

Nel viaggio ha modo di incontrare nuove popolazioni, i Calmucchi di origine mongola, e vedere le vaste pianure coltivate a cereali che, una volta raccolti, sono poi ammassati nei magazzini della città “deposito delle produzioni de’ paesi prossimi a questo fiume (Don), al Caucaso e al Mar Caspio ed inoltre de’ ferri di Siberia, delle lane ed altre produzioni della Russia Orientale”. A Sebastopoli arriva dopo un mese e mezzo di viaggio il 1° agosto 1819. Il viaggio è stato lento perché nel tragitto incontra reperti molto interessanti di antiche vestigia di monumenti italiani e sono molte le escursioni da compiere per soddisfare la sua innata curiosità e perché in taluni tratti deve viaggiare accompagnato da una scorta, a causa della situazione di quelle terre contese dai Circassi in perenne guerra con i Cosacchi. Non trova in città una sistemazione alberghiera decente: “non trovammo nessun albergo, fummo ridotti a mangiar pane e formaggio e a dormire la prima notte in casa di un Ebreo, senza letti con un po’ di fieno”. In ogni caso conserva un gradevole ricordo della città: “Sevastopoli è uno de’ più bei porti che la natura abbia fatto”

Anche nel tratto di strada percorso verso Odessa, attraversando la Crimea, in un viaggio preparato sempre con grande attenzione e cura, lo vede interessato agli antichi monumenti greci e genovesi e ha modo quindi di conoscere, direttamente dalla fonte primaria e non su libri scritti, la storia di quei luoghi.

5Da Mosca a Costantinopoli, attraverso il Mar Nero

Da Mosca a Costantinopoli, attraverso il Mar Nero

Il 28 agosto lascia definitivamente la Russia e si imbarca per Costantinopoli dove arriva l’8 settembre. In città è scoppiata una grave epidemia di peste e quindi, per evitare inopportune commistioni, si fa ospitare a casa di un notabile Federico Chirico e con l’aiuto del figlio compie lunghe escursioni nei dintorni, aiutato da un interprete e da un giannizzero procuratigli dall’ambasciatore inglese. La città cattura tutta la sua attenzione e ne descrive l’incomparabile bellezza. “L’uso che hanno i turchi di mescolare gli alberi alle case, i loro cimiteri di cipressi misti a tombe di marmo, le cupole delle moschee, i minareti altissimi, la bella forma ed i soavi contorni di questi colli, la sinuosità delle rive, e soprattutto il mare ne fanno uno dei più bei siti che esista al mondo”.

La tappa successiva è Bursa, dove arriva l’8 ottobre. Nel periodo di permanenza in città organizza un tour di visite in Bitinia, una regione già romana della Turchia, interessato alle vestigie testimonianze delle dominazioni greca e romana, vede Nicea, sede del primo concilio del 325 d.C. indetto dall’ancor non battezzato Costantino. Nicea lo colpisce molto profondamente per le vicende storiche che interessarono quella parte di mondo. “Nicea unisce in sé ogni sorta di rimembranza. Quella de’ Greci che la fondarono, de’ Romani che l’ornarono, poi fu scelta come reggia da un sultano de’ Saraceni. Quanto al suo aspetto è una prova oculare della caducità della grandezza umana”. Di questi luoghi visitati, ci lascia una pregevole prova della sua capacità di disegno: riempie i suoi taccuini di schizzi e planimetrie degli edifici osservati, ricopia le iscrizioni rinvenute sui muri degli edifici, rivelandoci una volta di più, se mai ce ne fosse ancora bisogno, e forse rafforzando anche in se stesso, la sua intensa vocazione all’indagine archeologica e non solo alla ricerca del folklore e all’analisi delle relazioni, dei comportamenti, e dell’organizzazione all’interno dei gruppi osservati.

6Viaggio in Turchia, Egitto e Medioriente

Viaggio in Turchia, Egitto e Medioriente

Ritorna dopo questo viaggio a Costantinopoli, da dove riparte subito dopo, l’8 novembre, per giungere nella Troade e a Smirne e prosegue per Efeso, visitando i luoghi ricordati da Omero nell’Iliade, rattristato per l’incuria dei turchi per i resti di queste antiche città.

Il 27 dicembre 1819 arriva ad Alessandria, sede nel mondo antico della più prestigiosa biblioteca conosciuta. Ci arriva perché anche coinvolto dall’ammirazione espressagli dallo Zar Alessandro per la civiltà e la storia degli Egizi e qui, sotto la protezione del Viceré Mehmed Alì Pascià, ha la possibilità di visitare questa città millenaria e carica di storia, “ubriaco di piacere” dall’idea di poter arrivare ai piedi delle piramidi. Arriva al Cairo con una carovana che abbandona quando decide di affittare per il restante tragitto una più comoda nave. “Bellezza o piuttosto la fertilità delle campagne di tutta la pianura tra il Cairo e Rosetta è senza paragone. Oltre al grano, al riso, alle fave, al granturco, il terreno produce datteri, zucchero, banane, aranci, tutte le produzioni dei paesi caldi. L’aspetto del paese è singolarissimo, è totalmente diverso da quanto ho finora veduto”. Nei successivi cinque mesi di permanenza quasi si dimentica della famiglia, alla quale fa pervenire rare lettere poiché è troppo occupato a prendere appunti, disegnare, esplorare, partecipare personalmente alle operazioni di scavo, osservare da vicino le piramidi, non solo le tre più importanti. Là dove altri si fermano soddisfatti del risultato ottenuto, Carlo insiste nel continuare la ricerca. Naturalmente nei cinque mesi trascorsi in Egitto non segue un percorso lineare, perché gli capita di ritornare sugli stessi luoghi anche più volte a dorso di cammello o navigando sul Nilo.

Il desiderio implacabile di conoscere lo porta in diverse parti del Paese. In nave risale il Nilo fino alla seconda cateratta, visita Giza, Tebe, la Valle dei Re, Assuan, Abu Simbel. Viene colpito dalle imponenti rovine di Tebe: “Vi sono obelischi altissimi d’un sol pezzo di granito, propilei grandiosissimi, una sala con 134 colonne, (...) peristili, camere di granito, avenues di sfingi, palazzi, templi, sepolcri, porte trionfali, e soprattutto da ogni parte statue colossali”. In Nubia ad Abusimbil ci testimonia di templi non edificati, ma scavati nella roccia, uno in particolare lo attrae: “all’esterno quattro enormi colossi sembravano di guardia all’entrata, alti 36 metri sulla base sepolta dalla sabbia...all’interno una grande sala con otto piglie alle quali erano addossati otto colossi...e poi una quantità di sale e di vani, in tutto 14 camere. tutte sono piene di pitture, e di sculture. Sebbene in una specie di sotterraneo i colori vi si conservano freschi dopo tre mila anni. Su uno dei colossi all’esterno, Leonardo il mio aiutante greco mi ha inciso questa iscrizione: CARLO VIDUA ITALIANO QUI VENNE DALLA LAPONIA 1820.

7Iscrizione incisa su una statua di Abu Simbel

Iscrizione incisa su una statua di Abu Simbel

Arriva ad Assuan dov’è la prima cataratta, oltre la quale nessun’altra spedizione in precedenza si era mai spinta. Vidua decide comunque di proseguire, ma la seconda cateratta è in terra di confine della Nubia conosciuta, è troppo pericoloso continuare, nessun esploratore in passato è mai andato oltre. E decide quindi di ritornare ripercorrendo il Nilo.

Al Cairo, nei cinque mesi di permanenza, fa una conoscenza importante, gli viene presentato Bernardino Drovetti, piemontese e già Console di Francia, con il quale stringe una amicizia duratura che certo gli faciliterà il compito di convincerlo a cedere la sua collezione di reperti e antichità egizie al Regno di Sardegna e non alla Francia. Una collezione ritenuta la più importante dell’epoca, che era stato possibile assemblare per la grande considerazione goduto dal Drovetti presso la corte del Pascià Mehmed Alì. “L’affaire Drovetti” si concluderà il 24 marzo 1823 con l’acquisto, con una spesa di 400 mila lire, dell’intera collezione a favore della Regia Università di Torino, vale a dire 5304 oggetti e 3007 monete di età greca e romana, dopo le ripetute sollecitazioni di Vidua tendenti a far emergere l’amor proprio in coloro a cui spettava di decidere perché, come ha modo di ripetere, “solo se Torino avesse fatto questo, l’Italia sarebbe stata una grande Nazione” Il 12 agosto 1820 lascia l’Egitto, s’imbarca per la Palestina con arrivo al porto di Jaffa e qui in Terrasanta inizia un nuovo capitolo del suo viaggio: vede Gerusalemme, dove partecipa alle cerimonie religiose nei luoghi santi, Nazaret, Betlemme e arriva al Giordano e al Mar Morto. A dorso di cammello arriva in Siria e in Libano. Visita Damasco e Palmira dopo un viaggio pericoloso nel deserto e a dicembre è a Beirut. Il suo è un percorso sulle orme di Gesù; è pur sempre un credente, educato, come i suoi coetanei, ai principi religiosi e alla fedeltà alla Monarchia. “Visitai tutti quei luoghi si memorabili per la Passione di nostro Signore, come il Calvario, il sito dell’invenzione della S. Croce, della Crocifissione, il Santo Sepolcro e molti altri santuari”.

Riparte il 3 settembre e nel successivo mese e mezzo visita alcune località della Giordania e della Siria. Per la pericolosità dei luoghi che intende visitare deve viaggiare armato (due pistole, un fucile ed una sciabola) accompagnato anche da una scorta, a volte privo di lettere accomandatizie, facendosi anche passare per cittadino inglese e camuffato con vesti di quelle popolazioni beduine, Nonostante le precauzioni a Damasco viene minacciato di morte e derubato. “...è uno de’ paesi di Turchia in cui regni più mala fede”. Resta comunque ammirato per le rovine e le vestigie di antiche città che trova a Gerasa e Palmira scarsamente conosciute ai più a causa della pericolosità dei luoghi e si dichiara comunque “contento di averlo fatto (il viaggio) non solo per quelle stupende ruine, ma anche per conoscere i costumi degli arabi beduini”. Il 22 di ottobre si conclude la sua avventura in terra di Palestina e Medio Oriente e lo troviamo a Cipro all’inizio di dicembre.

In attesa di una nave che lo porti in Europa, visita i luoghi dell’isola “ove tenea la sua corte la dea dell’amore”, ma prende parte anche a vari pranzi con autorità e agricoltori del luogo per discutere di commerci e produzioni dell’agricoltura del paese. Solo il 14 marzo 1821 arriva ad Atene, dopo una lunga sosta di oltre un mese nell’isola di Scio, impossibilitato a muoversi a causa delle condizioni del mare che non consentono la navigazione nel Mediterraneo.

L’Europa intera è in gran fermento in quel 1821 per i moti popolari che, a partire dalla Spagna, si erano estesi all’intero continente con la richiesta di concessione delle costituzioni. Anche i Greci si rivoltano contro l’Impero Ottomano, in grande crisi economica e sociale, ritrovando l’orgoglio per le proprie floride origini, sostenuti dall’accorata partecipazione a queste vicende di intellettuali, politici e militari legati da un condiviso e romantico sentimento di solidarietà e riconoscenza per una terra di antica e grande civiltà e cultura. Scrive al padre: “La Grecia è in piena rivoluzione, e così la Valachia, la Moldavia e la Servia. Non so il momento in cui partirò; giacché; per terra tutto è in anarchia. Ho già veduto tutti i monumenti di Atene...ho fatto una gita a Maratona. Ma ora invece d’antichità non si parla d’altro che di rivoluzioni”. Vidua vive questo momento con un certo distacco forse perché interessato ad una analisi più razionale degli eventi, forse perché privo di sufficienti meccanismi interpretativi che gli consentano una adeguata formulazione di giudizi su fatti che fuoriescono dagli obiettivi della sua ricerca. Curiosamente infatti, nel generale fermento e parapiglia, gli resta il ricordo di una palla di cannone penetrata in camera da letto “senza far altro danno che guastar un poco il muro. Quanto alle palle di fucile, ne vennero molte in casa mia, senza far danno a me, né ad altri”.

In futuro comunque avrà modo di ritornare sugli eventi citati, soprattutto per condannare l’opera di spogliazione delle opere d’arte attuata dai tanti che della Grecia si erano interessati per motivi solo commerciali.

8Ritorno a Torino dopo un soggiorno a Marsiglia

Ritorno a Torino dopo un soggiorno a Marsiglia

Infine trova imbarco, mediante la raccomandazione del Console di Francia, su una nave della Regia Marina Francese, che fa prima scalo a Smirne e prosegue poi per Marsiglia. Il 1° settembre 1821, a tre anni e mezzo dalla partenza, conclude il suo primo lungo viaggio con una quarantena nel porto di Marsiglia. Si ferma un mese nel sud della Francia e scrive numerose lettere alla famiglia, compresa una curiosa indirizzata alla sorella, con la quale intende presentarsi dopo una così lunga assenza. “Vedrai i miei vestiari turchi...Avevo conservato i baffi perché fanno parte per così dire del costume turco, e la mia idea era di tagliarmeli due o tre giorni dopo che fossi arrivato a Torino, e che mi aveste veduto vestito da turco, ma appena giunto mi dissero che v’era una legge apposta contro i baffi e che passando per le contrade si potrebbe essere insultato da’ carabinieri, onde li ho dovuti tagliare subito.”

Questo è il personaggio per molti versi somigliante al nostro Camillo Benso nel volersi riscattare da un destino che pareva loro cucito addosso per le circostanze della nascita, cioè rampolli di nobili e tradizionali famiglie, legate a paradigmi consolidati di un conservatorismo appena moderato dalle novità dell’epoca. Li differenzia l’obiettivo da conseguire. Per Camillo resta importante “liberare” le proprie energie per raggiungere una propria indipendenza economica, raggiunta la quale, trova poi più gratificante e nobile porsi un nuovo traguardo, cioè la liberazione del Paese dallo straniero e successivamente, in quel precipitare di eventi del 1860, l’Unità d’Italia. Carlo Vidua è nato e vissuto alcuni decenni prima di Camillo. Con lui comunque condivide un’idea di italianità e di appartenenza ad una cultura italiana già ben definita, ma ancora orfana di un non ben definito Paese, dimostrata dall’l’insistenza perché la collezione Drovetti venga acquisita dal Regno di Sardegna. Un capolavoro di diplomazia. Carlo insegue un differente obiettivo, cioè il sogno romantico di una gloria letteraria che intende realizzare in qualità di esploratore e di scrittore, che invece gli viene negata per la morte prematura.

Santena, 8 Novembre 2023