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Xavier Kurten, un architetto paesaggista alla corte dei Savoia


di Flavio Rainero

Xavier Kurten, il cui vero nome completo fu Antonius Xaverius Kurten, è nato a Bruhl, nell’attuale Germania, il 28 dicembre 1769 e muore a Racconigi l’8 dicembre 1840.

Nacque in Prussia e si formò in Francia, seguendo l’esempio e l’insegnamento del fratello maggiore Ernest, che a Parigi era un noto architetto di giardini. Giunto in Piemonte, per ragioni ignote ancora oggi, lavorò per il Comune di Torino come “Ispettore delle passeggiate” e “Ispettore delle alberate” nel 1811. La prima opera di cui si ha documentazione fu il progetto del parco del Castello di San Martino Alfieri, commissionatogli da Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno nel 1815.

Per oltre due decenni, dal 1816 alla morte, fu al servizio di Casa Savoia. Nel 1816 era Ispettore del giardino della Vigna della Regina e dei Giardini Reali di Torino. Tra il 1819 ed il 1820 seguiva il giardino del Castello di Govone per Carlo Felice di Savoia, prossimo sovrano. Nel febbraio del 1820 Carlo Alberto di Savoia, Principe di Carignano, lo volle come Direttore del parco e dei giardini del Castello di Racconigi, che intendeva rinnovare profondamente. Lì il Kurten iniziò una collaborazione con l’architetto Ernesto Melano e l’artista Pelagio Palagi, prediletti del principe, collaborazione che poté ripetersi anche in seguito presso altri siti. A Racconigi Xavier Kurten si trasferì con la famiglia, poiché obbligato dal contratto con Carlo Alberto a garantire la continua presenza presso il castello per qualsiasi necessità. Lì diresse il giovanissimo Marcellino Roda, destinato a succedergli nella conduzione del parco.

Castello reale di Racconigi

Il castello reale di Racconigi

La sigla “Racunìs”, riportata sui numerosi progetti di giardini realizzati in altre località del Piemonte negli anni successivi, è considerata una conferma della sua costante residenza in quella località. Nel 1830, ancora per Carlo Felice, curò la trasformazione in “giardino all’inglese” dell’antico parco del Castello Ducale di Agliè. Il 30 giugno 1832 Carlo Alberto, asceso al trono l’anno precedente, lo promosse Direttore del Parco Reale di Racconigi ed il Kurten ricoprì questo incarico fino alla morte. Fra il 1834 ed il 1840, sempre per Carlo Alberto, si occupò anche del parco del Castello di Pollenzo.

Castello reale di Pollenzo

Il castello reale di Pollenzo

Contemporaneamente agli incarichi svolti per Casa Savoia il Kurten progettò ed eseguì diversi lavori per altri committenti, generalmente dignitari legati alla corte sabauda. Tra le famiglie aristocratiche e borghesi che vollero commissionargli delle opere si ricordano a titolo di esempio i Benso di Cavour, i Balbo Bertone di Sambuy, i Salasco.

L’architetto Xavier Kurten si spense all’età di settantuno anni l’8 dicembre 1840 e fu sepolto a Racconigi nella cappella Jean Baptiste.

La concezione del giardino e del paesaggio

Noto per aver introdotto in Piemonte lo stile di “giardino romantico all’inglese”, Xavier Kurten fu influenzato nel modo di concepire l’arte del giardino dal fratello maggiore Ernest, come dimostra il confronto tra le idee espresse da questo nel suo trattato “Essai sur le jardins” ed i parchi e giardini realizzati da Xavier. Per i Kurten il progettista doveva mantenere e riutilizzare quel che già esisteva nel sito, evidenziando gli elementi pittoreschi presenti e creando elementi nuovi, in accordo con la natura spontanea del luogo. I due fratelli collaborarono in alcune opere, come ad esempio nel parco reale di Racconigi.

Ernest Kurten nel 1807 pubblicò un opera che esprime le idee comuni ai due fratelli. La pubblicò con lo pseudonimo "Sig. Curten primogenito", a Lione per Reymann et C. ed a Parigi per Brunot. L'opera è composta dalla "Prefazione", dal "Compendio" delle osservazioni dell'autore sull'arte dei giardini in Germania, Paesi Bassi, Inghilterra e Francia, ed infine da due esempi di "Progetti" di giardini per bonificare e abbellire il "quartiere nuovo" e l'isola di Perrache nella città di Lione

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Frontespizio dell'opera di Ernest Kurten

I tratti caratteristici

Nelle opere di Xavier Kurten ricorrono alcuni tratti distintivi del suo gusto.

La riscoperta della natura nei giardini del Kurten avvenne all’insegna dell’esotismo: il giardino divenne l’evocazione di luoghi lontani, moltiplicando gli orizzonti e le immagini del mondo. La componente arborea e arbustiva, che costituì un elemento caratterizzante i parchi del Kurten, venne inserita in maniera equilibrata nel contesto architettonico, divenendone una parte fondamentale che contribuì a rendere vari gli aspetti cromatici e strutturali.

Frequentemente si ammirano nei suoi parchi specie come Magnolia grandiflora, Liriodendron tulipifera, conifere come Taxodium distichum, Sequoia sempervirens, Sequiadendron giganteum, molte palme, nonché camelie e alcune specie curiose per l’epoca come Ginko biloba e Sophora japonica, per fare soltanto alcuni esempi.

Nella sua veste di architetto della natura, Kurten intese migliorare, nobilitare, accentuare, operare, correggere il contesto in cui operava, tenendo però sempre in grande considerazione le qualità immanenti del paesaggio: parco e paesaggio dovevano concrescere l’uno nell’altro.

Nella sua progettazione fu sempre presente il desiderio di suscitare incanto e meraviglia, fiducia e amore nella natura. Quindi non ha solo modificato il modo di configurare i giardini, bensì ha proposto una nuova maniera di vedere l’uomo, i suoi sentimenti, le sue speranze.

Possedeva una notevole conoscenza della letteratura botanica, che gli consentiva di ricorrere ad una vasta varietà di specie e di selezionare le piante di migliore qualità nei vivai migliori. Così le sue creazioni diventavano suggestive e pittoresche.

Come ad esempio nel parco del Castello di Sansalvà, a Santena, dove il progettista creò un’intensa atmosfera romantica, utilizzando una vegetazione di salici piangenti e cipressi delle paludi intorno a tre laghetti.

Notevole era pure la conoscenza che il Kurten aveva dell’ingegneria idraulica. L’acqua veniva utilizzata per dar forma a sistemi di navigli ed a laghetti in genere dai contorni irregolari e dotati di isolette. Ve ne sono esempi nel parco del Castello di Racconigi ed ancora in quello del Castello di Sansalvà.

Altra caratteristica che si ammira nei progetti del Kurten sono le ampie distese di prato che si allungano tra cornici di alberi secolari o fitti boschi, fino a fondersi con le campagne ed il paesaggio circostanti. Un esempio si ammira nel parco del Castello di Agliè.

Per seguire o spezzare le linee del paesaggio, il progettista usava collinette, gruppi di alberi spesso disposti a cerchio e sistemi di sentieri che percorrono o attraversano i prati, compenetrano i boschi, scendono dalle colline, si incrociano tra loro in piacevoli e romantiche sinuosità come nel parco del Castello di Santena.

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Alcuni parchi

Il parco del castello reale di Racconigi

Dal 1820 al 1840 su committenza di Carlo Alberto, Xavier Kurten progettò la risistemazione del parco insieme all’architetto Ernesto Melano. Furono realizzate lunghe distese di prati incorniciate tra file di alberi e boschetti e grandi radure, con sentieri tortuosi tra distese erbose e boschetti. Furono utilizzate molte specie di piante a fusto lungo e corto, sia locali che esotiche. Anche il sistema idrico del parco fu rielaborato. Venne risistemato il lago dai contorni sinuosi con l’isoletta, i ponticelli, le rovine, gli edifici pittoreschi ed il sistema di canali, quelli navigabili (navigli) e quelli destinati all’irrigazione (bealere). Le prospettive, sempre diverse, evocavano un’atmosfera romantica ma naturale. Fu introdotto un sistema a due fontane, collocate nell’area della Margaria, che si approvvigionavano dai navigli. Quella monumentale venne terminata nel 1839, il ninfeo nel 1846.

Tra l’Ottocento e il Novecento il parco fu destinato principalmente a tenuta agricola e venne quindi trascurato come giardino, ma fu soprattutto durante il secondo conflitto mondiale e nel dopoguerra che si verificò una carenza di manutenzione e un progressivo stato di abbandono.

Oggi, dopo una serie di interventi e restauri, il parco si presenta nello stesso aspetto datogli dal Kurten nell’Ottocento. Luogo suggestivo in ogni stagione, è ricco di una grande varietà di specie vegetali e di animali protetti, e, come il Castello, è divenuto sede suggestiva di attività ed eventi culturali.

Parco reale di Racconigi

Parco reale di Racconigi, pianta schematica: si notano il lago e i navigli, le distese di prati tra file di alberi e boschetti, le radure

Il parco del Castello Reale di Pollenzo

Fu Carlo Albero a intuire per primo le potenzialità agricole di Pollenzo, creando una vera e propria azienda agraria con vigneti e cantine, dove si sperimentarono tecniche di vinificazione ancora oggi utilizzate per i grandi rossi delle Langhe. Sempre Carlo Alberto, nella sua visione romantica, volle riplasmare l’intera Pollenzo medievale dando incarico a Xavier Kurten di progettare i giardini e creando la nuova immagine neogotica del borgo, che comprende anche la piazza, la chiesa, la torre e la cascina Albertina.

Il complesso mantiene tuttora il legame con l’originale destinazione agricola: su iniziativa di Slow Food, è sede dell’Università di Scienze Gastronomiche, della Banca del Vino e dell’albergo dell’Agenzia.

Residenza reale di Pollenzo (CN)

Residenza reale di Pollenzo (CN)

Il parco del Castello Reale di Govone

Il castello di Govone si trova in provincia di Cuneo nel comune di Govone.

Fu una delle residenze della casa reale dei Savoia dal 1792 al 1870. Dal 1997 è uno degli edifici appartenenti al sito delle residenze sabaude, iscritto alla lista del patrimonio dell’umanità UNESCO, ed è ora adibito a palazzo comunale.

La residenza sabauda è circondata da un vasto parco all’inglese e da un giardino con siepi di bosso e vialetti, che confluiscono a una fontana centrale. Fu allestito in due fasi distinte. Una prima fase risale al XVIII secolo, all’epoca dei Solaro: si tratta di regole architettoniche di simmetria e regolarità e forme geometriche, tipiche del giardino classico, mentre la seconda fase risale al XIX secolo, per committenza di Carlo Felice di Savoia, su progetto di Xavier Kurten, all’epoca nominato da Carlo Alberto direttore del parco di Racconigi.

Il progetto, caratterizzato dall’impianto di un parco all’inglese esteso sui lati nord e ovest del castello, manteneva invariati gli schemi esistenti creando effetti spettacolari, utilizzando nuove forme naturalistiche in opposizione a quelle geometriche e regolari del giardino classico, che si connotano nel libero impiego degli elementi naturali della vegetazione e dei movimenti del terreno. Verso ovest, oltre le mura, il parco veniva collegato da un ponte egizio a un grande bosco all’inglese, con percorsi di attraversamento dello spazio progettato che si estendevano verso la collina di Craviano, su cui, per volontà di Carlo Felice, era in costruzione un convento. Il parco fu creato in tre riprese, la prima all’epoca di Carlo Felice, la seconda nel 1833, dopo la sua morte, per volere della vedova Maria Cristina, la terza a partire dal 1849 con Ferdinando, Duca di Genova.

Il parco è visitabile nei diversi periodi dell’anno: in autunno brillano i rossi ei gialli degli ippocastani, dei platani e delle querce. In primavera i blu e gli azzurri dei muscari e delle pervinche ed il rosso dei tulipani che, come un regale tappeto rosso, invade gran parte del sottobosco.

Residenza reale di Govone (CN

Residenza reale di Govone (CN )

Il parco del Castello Ducale di Agliè

Il Castello Ducale di Agliè è un’elegante ed imponente costruzione situata nel comune di Agliè, nella città metropolitana di Torino. L’edificazione del suo nucleo centrale, del quale sono tutt’ora identificabili le tracce, è iniziata nel XII secolo per conto della famiglia comitale dei San Martino, originari del Canavese.

Nel 1939 lo Stato acquistò dalla Casa Reale il castello, che venne adibito a museo. Negli anni ottanta è stato oggetto di un ulteriore delicato restauro. Attualmente è stato sottoposto ad importanti lavori di consolidamento statico. Fa parte del circuito dei castelli del Canavese e, dal 1997, è parte del sito UNESCO Residenze sabaude.

Fu Carlo Felice nel 1830 a volere l’intervento del Kurten nel castello, che i Savoia solevano usare come residenza estiva, per rielaborare il giardino preesistente secondo il nuovo “stile inglese”. Qui il progettista creò un effetto scenografico che può essere ammirato dal lato nord-est del palazzo. Davanti agli occhi dell’osservatore, oltre la fontana monumentale settecentesca, una distesa di prato si estende per circa un chilometro circondata dal bosco (oggi una cornice), percorsa da sentieri, punteggiata da gruppetti di alberi, alcuni disposti in cerchi irregolari, fino ad un laghetto con isolette, collocato sul finire del parco. Oltre quel punto la vista prosegue sul paesaggio circostante verso le colline.

Residenza ducale di Agliè (TO)

Residenza ducale di Agliè (TO). Veduta del castello, del parco e della fontana.

Il parco del Castello Cavour di Santena

Nel 1830 Xavier Kurten fu chiamato dal marchese Michele Benso di Cavour a riprogettare il parco del castello di Santena, residenza estiva della famiglia. Creò gruppi di alberi e due ampie radure che sostituivano i formalismi preesistenti. È caratterizzato da sinuosi e romantici viali da passeggio, con un’armonia particolare di colori tra le varie essenze arboree presenti nel sito. Alberi di provenienza autoctona (platani, farnie, frassini, faggi, carpini) sono sapientemente accostati a specie esotiche (liquidambar, liriodendri, ginkgo biloba, caffè del Kentucky, sophore).

È presente una zona umida, composta da uno stagno circondato da cipressi calvi e ontani.

Altra caratteristica sono le varie inquadrature paesaggistiche sempre diverse, se osservate da varie angolazioni.

Vedute del castello e del parco Cavour di Santena (TO)

Vedute del castello e del parco Cavour di Santena (TO)

Il parco del Castello di Sansalvà a Santena

Sempre nel 1830 e sempre in località Santena (Città Metropolitana di Torino) su richiesta di Vittorio Amedeo Balbo Bertone di Sambuy, il Kurten realizzò un parco all’inglese di circa 42 ettari. Dotato di 3 laghetti con isolette, circondati da una vegetazione di salici piangenti e cipressi delle paludi, il parco assumeva un aspetto particolarmente romantico ed è considerato nell’ambiente dell’architettura paesaggistica il più pittoresco da lui disegnato.

Vedute del Castello di Sansalvà a Santena (TO)

Vedute del Castello di Sansalvà a Santena (TO)

Il parco della Villa Il Torrione a Pinerolo

La Villa del marchese Doria Lamba di Pinerolo (TO) è un complesso d’origine medievale che si è ingrandito nel tempo sino a raggiungere, agli inizi dell’ottocento la struttura attuale d’elevato pregio artistico nella sua forma neoclassica. La villa, che s’innalza su tre piani, apre l’ingresso principale su un salone di forme barocche, che si affaccia a nord sul viale centrale e a sud sul parco con i viali secolari che giungono al laghetto, oltre il quale si apre un’ampia visuale sulla campagna circostante.

Un disegno datato 28 marzo 1835, sottoscritto a Racconigi, Kurten, oltre a darci una precisa idea dello sviluppo che avrebbe dovuto avere il parco, ci fornisce dati sulla stessa residenza, che in quegli anni stava prendendo la forma pervenuta. La dimora infatti costituisce un elemento unitario insieme al parco ed ai giardini che la circondano. Il parco vero e proprio si estende a sud del palazzo sino ad un saut de loup progettato al margine meridionale per non interrompere, con il muro di cinta, la visuale della natura addomesticata, che prosegue per lasciar spaziare la vista della campagna verso il Chisone. Xavier Kurten fornì più disegni per il parco, tra cui il progetto per il “tempio celtico” da erigere sulle sponde del lago e della casa del guardacaccia.

Il disegno del parco è improntato (come la gran parte dei progetti del Kurten per la corte sabauda e per la nobiltà del regno) al modello romantico di derivazione inglese, dove la natura è “ricreata” per esaltare i valori dell’ambiente, con i coni visuali che si sviluppano tra i boschetti attorno al grande prato antistante il palazzo.

Vedute del parco della villa Il Torrione a Pinerolo (TO)

Vedute del parco della villa Il Torrione a Pinerolo (TO)

Il parco del Castello di Pralormo

Il parco del Castello di Pralormo è stato progettato verso la metà dell’ottocento da Xavier Kurten per i conti Beraudo ed il suo impianto si è tramandato sino a noi: di stile inglese e di gusto profondamente romantico. Contrappone alla mole del castello l’altezza di specie maestose quali cedri, querce e tigli. I sentieri si snodano con andamenti curvilinei. I colori degli aceri, dei cedri, dei pruni, dei tassi, dei tigli, dei lillà, delle spiree, danno sensazioni diverse a seconda delle luci e delle stagioni. Caratteristica comune ai progetti che il Kurten disegnò per i giardini di alcune dimore piemontesi è la prospettiva dei grandi viali e delle lunghe distese erbose. A Pralormo (TO) egli approfittò dello scenario naturale della catena delle montagne, con il panorama dal colle di Cadibona al Monte Rosa e propose dei tagli sapienti fra gli alberi, in modo da godere di alcuni scorci particolari durante le passeggiate nel parco, tra i quali spicca maestoso il Monviso.

Vedute del Castello di Pralormo

Vedute del Castello di Pralormo

Il parco del Castello di San Sebastiano da Po

Il Castello di San Sebastiano da Po sorge maestoso fra le colline del Po ed il Monferrato, a poca distanza da Torino.

Nel 1810 Xavier Kurten disegnò il parco della villa su commissione del conte Pietro Novarina di San Sebastiano, parco che diventò presto campo di studio dell’Università botanica di Torino. Il castello fu meta di illustri visitatori, tra i quali Napoleone I, visto che il conte Novarina aveva aderito e sostenuto la Repubblica Francese. In onore dell’imperatore francese fu messa a dimora nel 1810, al suo passaggio, una pianta rara per i tempi, un Ginkgo biloba, ancora oggi esistente.

del Castello di Sebastiano da Po (TO)

del Castello di Sebastiano da Po (TO)

Il parco del Castello di San Martino Alfieri

Il castello, in realtà un palazzo di campagna realizzato a partire dal 1696 in luogo della vecchia costruzione medioevale, testimonia la grande stagione barocca dell’aristocrazia sabauda, a cui appartiene anche la grande serra laterizia, realizzata nel 1720.

L’eccezionale parco all’inglese, disegnato da Xavier Kurten per conto del Marchese Alfieri di Sostegno, oltre a una rara specie di abete (Abies pinsapo), presenta una quercia monumentale, cedri, tigli, faggi, a cui si aggiunge il parterre formale ottocentesco in siepi di bosso, dal grande disegno a ventaglio, affine a quello del castello ducale di Agliè.

Vedute del Castello Di San Martino Alfieri (AT)

Vedute del Castello Di San Martino Alfieri (AT)

Il parco del Castello del Roccolo a Busca

Il Castello del Roccolo a Busca (CN) fu costruito come residenza di campagna dai marchesi Taparelli d’Azeglio a partire dal 1831 e rappresenta un’importante espressione del revival neo-medioevale in Piemonte.

Vi soggiornarono Silvio Pellico, primi ministri inglesi, il re Umberto I e la regina Margherita.

Un armonioso insieme di decorazioni floreali, archi moreschi, merli ghibellini, rosoni, bifore e trifore, caratterizza l’esterno della costruzione, mentre nelle sale sono presenti affreschi con vedute paesaggistiche e soffitti dominati dalla tecnica del trompe l’oeil o da decorazioni in stucco bianco.

Il parco alle spalle del castello, esteso per 40 ettari, è concepito secondo i canoni del giardino romantico all’inglese, con natura lasciata (apparentemente) libera di esprimersi : varie sono le specie botaniche anche esotiche (sequoia americana, leccio, liriodendro, osmanto, lauroceraso) che vi prosperano accanto ad altre comuni autoctone, e diversi manufatti che lo ingentiliscono, secondo l’idea romantica del mélange tra elementi naturali e artificiali (statue, nicchie, grotte, finte rovine, cascatelle, ponti, fontane, balaustre). All’interno del parco, che registrò alcuni interventi di Xavier Kurten, spicca la monumentale struttura delle Serre, realizzata tra il 1846 e il 1850 e la cappella, che ospita parte degli stalli cinquecenteschi del coro provenienti dalla cappella marchionale di Revello.

del parco del Castello del Roccolo a Busca (CN)

del parco del Castello del Roccolo a Busca (CN)

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Che cos’è il Giardino all’inglese o romantico?

Il giardino all’inglese è un fenomeno che ebbe inizio attorno al XVIII secolo, conducendo al superamento dei vecchi schemi geometrici (giardino all’italiana) all’interno dei nuovi giardini nobiliari.

È un fenomeno legato all’Illuminismo. Il giardino è visto come il luogo in cui il piacere, suscitato dall’avvicendarsi delle sorprese, viene temprato dall’armonia che lega le varie parti, attraverso la contrapposizione degli opposti, come il regolare al selvaggio, il maestoso all’elegante, l’ameno al malinconico, in modo da bilanciare le differenti sensazioni.

Il giardino romantico venne introdotto in Italia da Ercole Silvia, che lo applicò per la prima volta alla propria villa. In seguito riscosse una buona fortuna e lo stesso Ercole Silvia partecipò alla realizzazione di diversi parchi e giardini, connotati all’inglese, non per ultimi i Giardini Reali di Monza e il Giardino della Villa Belgiojoso Bonaparte.

Villa Reale di Monza e Villa Belgiojoso Bonaparte a Milano

Villa Reale di Monza e Villa Belgiojoso Bonaparte a Milano

Importanti in Italia sono, inoltre, il Giardino inglese di Palermo, il Parco Giardino Sigurtà e il Giardino Treves de’ Bonfili, oggi appartenente al Comune di Padova. Di elevato valore botanico e storico il Giardino inglese della Reggia di Caserta, realizzato da John Andrew Graefer.

Parco Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio e Giardino Treves de’ Bonfili a Padova

Parco Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio e Giardino Treves de’ Bonfili a Padova

Reggia borbonica di Caserta e il Parco Sempione a Milano con il Castello Sforzesco

Reggia borbonica di Caserta e il Parco Sempione a Milano con il Castello Sforzesco

E’ chiamato anche “parco paesaggistico inglese” ed è un tipo di giardino sviluppato nel corso del Settecento, che non si avvale più di elementi geometrici per definire e circoscrivere lo spazio, come nel giardino francese (quinte arboree o prospettive), ma si basa sull’accostamento di elementi naturali (rigogliosi, ma mai incolti) e artificiali, tra cui grotte, ruscelli, alberi secolari, cespugli, pergole, tempietti e rovine, che chi passeggia scopre senza mai arrivare ad una visione d’insieme, ma che danno anche l’idea di uno spazio molto naturale, proprio del nuovo stile.

Il giardino inglese di solito include distese di prati ondulati, contrapposti a boschetti di alberi e ricreazioni di templi classici, rovine gotiche e altre costruzioni con un’architettura pittoresca, progettati per ricreare un paesaggio idilliaco pastorale. Inoltre il canonico parco inglese contiene una serie di elementi romantici: sempre presente è uno stagno o laghetto, con un molo o un ponte. Affacciato sullo stagno vi è un padiglione circolare o esagonale. A volte il giardino dispone anche di un padiglione cinese. Le aree esterne delle case di campagna inglesi conservano la loro formazione naturalistica e romantica appena descritta.

Il ponte palladiano di Prior Park a Bath, nel Somerset e il parco giardino di Dessau-Worlitz in Germania

Il ponte palladiano di Prior Park a Bath, nel Somerset e il parco giardino di Dessau-Worlitz in Germania

Il giardino all’inglese più europeo è pieno anch’esso di “eye-catchers”, ovvero di elementi che attirano l’attenzione, come grotte, belvedere, padiglioni, finte rovine, ponti e statue, anche se i principali ingredienti dei giardini paesaggistici in Inghilterra sono le distese di terreni ondulati e di acqua, in contrapposizione con uno sfondo boschivo. Lo stile dominante fu rivisto nel XIX secolo per includere più “gardenesque”, comprendendo così passeggiate ghiaiose e piantagioni arboree, per soddisfare la curiosità botanica e, soprattutto, il ritorno dei fiori in ampie aiuole. Questa è la versione europea del giardino paesaggistico più imitata in Europa nel XIX secolo. Uno dei più noti giardini inglesi in Europa è il Englischer Garten di Monaco di Baviera.

Englische Garten di Monaco di Baviera

Englische Garten di Monaco di Baviera

Questo tipo di giardino si ispira al “giardino orientale”, in particolare quello cinese, descritto dai viaggiatori inglesi. È visto come il luogo in cui l’emozione, suscitata dal susseguirsi di vari elementi sempre diversi, in modo da bilanciare le differenti emozioni. Questo tipo di giardino è in grado di essere confusionario e disordinato, ma al tempo stesso elegante.

Quando si dice che questo nuovo stile nasce dalla concezione illuministica della natura, significa che essa è in grado di esprimere emozioni così com’è, senza dover apportare nuovi elementi che creino delle figure geometriche, come accade per il giardino all’italiana. Il rapporto uomo-natura appare profondamente mutato: l’elemento chiave nel giardino all’inglese diventa la naturalezza. E se, al primo impatto, può sembrare un insieme di piante e fiori disorganizzati tra loro, una specie di bosco naturale, non è affatto così. Infatti in questo giardino vengono date alle piante cure e attenzioni meticolose, ma non regole alle quali sottostare o schemi rigidi da seguire.

L’osservazione scientifica della natura portava l’uomo alla comprensione dell’assoluta unità che lega il tutto, all’approfondimento della perfetta armonia che presiede le leggi naturali. Questa ammirazione si trasforma nella considerazione della natura come “opera d’arte”. Il percorso del giardino all’inglese non segue un modello, non ha dei percorsi che appaiono dritti e lineari, ma sinuosi e sempre diversi. Piantumare, seppur con un’apparente schema libero, mette sempre in risalto quelle che sono le necessità e le esigenze della pianta stessa.

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Differenze con il giardino all’italiana

Il giardino all’inglese e quello all’italiana hanno molti elementi differenti. Il giardino all’italiana è sinonimo di precisione nelle forme e di progettazione del giardino in funzione architettonica, come se fosse un elemento di costruzione. Il giardino all’inglese, invece, sorpassa questo schema rigido, per affiancarsi a uno stile più libero e naturale, da non confondersi però con una piantumazione disorganizzata. L’introduzione di elementi acquatici, come le cascate o i laghetti, contribuiscono a creare un paesaggio naturale, che fa dimenticare addirittura di essere all’interno di un giardino. È proprio questa la particolarità del giardino all’inglese: il visitatore si sente immerso nella natura e vi è perfettamente a suo agio, proprio come se si trovasse all’interno di un bosco. Ponendo a paragone il giardino all’italiana con il giardino all’inglese, bisogna sottolineare che nascono seguendo due linee differenti. Il primo legato al concetto che il giardino disegna uno spazio, che riprende il desiderio dell’uomo, seguendo forme ben precise, mentre il giardino all’inglese è una sorta di opposto a tutto ciò, perché preferisce dare l’idea di un giardino non impostato, sebbene ben curato.

I giardini di Villa d’Este a Tivoli e il giardino all'italiana di Castello (Firenze), con le piante di agrumi

I giardini di Villa d’Este a Tivoli e il giardino all'italiana di Castello (Firenze), con le piante di agrumi

Il Prà della Valle a Padova e i giardini all’italiana del Monastero dell’Escorial a Madrid

Il Prà della Valle a Padova, caratterizzato da un disegno geometrico degli spazi verdi, statue, ponti e corsi d'acqua e i giardini all’italiana del Monastero dell’Escorial a Madrid

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L’eredità di Xavier Kurten

Abbiamo citato poc’anzi che la concezione del giardino all’inglese è figlia dell’Illuminismo.

Questa corrente di pensiero, sviluppatasi in Francia nel XVIII secolo e dilagata in tutta Europa, considerava l’uomo al centro del mondo, e lo vedeva protagonista indiscusso in qualunque contesto. In particolare l’intelligenza dell’uomo, quindi il suo pensiero doveva distaccarsi da tutti gli stereotipi e da tutte le coercizioni secolari succedutesi nel passato. Il libero pensiero era la caratteristica fondamentale dell’uomo illuminista che usciva finalmente da tutti i formalismi classici e dai retaggi assolutisti. Il pensiero illuminista scatenò in tutta Europa delle vere e proprie “mode” nello stile di vita settecentesco. Naturalmente questa moda influenzò anche il gusto nell’allestimento dei parchi e giardini.

Il giardino cominciò ad ispirarsi, quindi, alla concezione illuminista della natura. Il nuovo stile venne inventato da due designers inglesi del paesaggio chiamati William Kent e Charles Bridgeman, che lavorarono per clienti facoltosi i quali avevano tenute in campagna di grandi dimensioni e che diventarono dei veri e propri mecenati di questa nuova moda nell’arte dei giardini. Forse il più famoso di questi fu Lord Richard Boyle, conte di Burlington.

Richard Temple, duca di Buckingham, commissionò a Kent il progetto e la realizzazione del parco della sua tenuta di Stowe, nel Buckinghamshire, includendo negli ampi spazi intorno alla residenza, elementi palladiani, come il ponte e numerosi templi. Il giardino attirò visitatori da tutta Europa, tra cui Jean-Jacques Rousseau. Fu poi d’ispirazione per i giardini paesaggistici nel resto della Gran Bretagna e sul continente europeo.

La figura più influente nel successivo sviluppo del giardino paesaggistico inglese fu Lancelot Brown, il cui contributo fu quello di semplificare il progetto originale, eliminando strutture geometriche, parterres e vicoli, che vennero sostituiti con verdeggianti prati e vedute ampie verso gruppi isolati di alberi, rendendo il paesaggio ancora più grande. Inserì inoltre laghi artificiali, dighe e canali, finalizzati a creare l’illusione che un fiume scorresse davvero attraverso il giardino.

Questa nuova moda eliminava quindi tutti i formalismi geometrici caratteristici delle epoche precedenti, che “costringevano”, per così dire, l’uomo nella “prigionia” della geometria dei lunghi viali alberati, circondati da aiuole perfette che però erano lontanissime dall’espressione reale della natura. In natura è il cosiddetto “caos” a dettare le leggi dell’esistenza delle forme di vita vegetali e animali. Non ci sono formalismi, né geometrie a costringere le piante a crescere nel modo che l’uomo, di mentalità classica e secolare, vuole. Gli animali e le piante nascono, vivono e muoiono senza regola alcuna, se non quelle dettate dal susseguirsi delle stagioni e dai ritmi di vita dell’ambiente. Gli alberi muoiono e cadono, i corsi d’acqua seccano o straripano a seconda del clima, la natura è libera di svilupparsi come meglio crede o, più precisamente, secondo le regole biologiche della vita.

L’uomo, essendo parte integrante della natura, doveva quindi, secondo le nuove regole illuministiche, vivere secondo natura, ponendosi però come creatura intelligente e ragionante in mezzo a forme di vita che non lo erano. Quindi doveva assumersi la parte di “primus inter pares”. La natura non ha confini e anche l’uomo non doveva averne, la natura è rude e aspra, compito dell’uomo con il gusto dettato dalla sua intelligenza e dalla sua fantasia, addolcirla e abbellirla dal naturale disordine, senza eccedere. Il paesaggio fino all’estremo orizzonte doveva essere dolce e accattivante, suscitare calma e tranquillità, meglio se intervallato da elementi architettonici romantici, in modo che vi sembrassero riuniti differenti luoghi e civiltà. Il tutto si completava con elementi bucolici quali mandrie e armenti.

Dopo la fine della guerra dei Sette Anni, nel 1763, i nobili francesi furono in grado di viaggiare in Inghilterra e di vedere di persona questa nuova concezione di progettare giardini. Si cominciò così ad adattare questo stile ai giardini sul resto del continente, partendo appunto dalla Francia. La novità principale consisteva nella facile manutenzione e nella scarsa necessità di giardinieri.

Xavier Kurten, che aveva una innata passione naturalistica, crebbe e studiò in questo ambiente rivoluzionario dell’Illuminismo, in particolar modo quando visse a Parigi presso il fratello Ernest. Raggiunta la maturità anagrafica ed intellettuale, volle sicuramente intraprendere la professione di architetto paesaggista con le sue sole forze. Non si sa quale fu la ragione che lo vide arrivare in Piemonte agli inizi dell’Ottocento. Forse perché nelle più importanti corti dei grandi regni europei c’erano già dei suoi colleghi più titolati e più famosi. Forse il Kurten scelse la corte sabauda proprio perché, essendo il Regno di Sardegna un piccolo Stato periferico, aveva più possibilità di emergere professionalmente.

Sicuramente a Torino il Kurten trovò un ambiente “fertile” al progresso e alle riforme illuministiche, dapprima celate per la repressione post Congresso di Vienna ed alla Restaurazione imposta dal Re Carlo Felice, ma che lentamente si faceva strada con l’avvento dell’erede al trono Carlo Alberto di Savoia-Carignano ed al suo entourage, più disponibili alle novità. Inoltre la corte sabauda voleva assolutamente porsi al passo delle grandi corti reali europee, adeguandosi alle mode ed agli stili di vita di queste.

Uomo di grande cultura botanica e professionista serio e affidabile, il Kurten non ebbe grandi difficoltà a farsi strada alla corte sabauda. Sicuramente la sua condizione di “uomo del nord” dell’Europa, formatosi culturalmente e professionalmente a Parigi, fece subire il suo “fascino” presso la nobiltà sabauda fino a diventare l’architetto paesaggista di fiducia di Carlo Alberto, erede al trono sardo-piemontese. Dicevamo che il Regno di Sardegna era uno stato periferico e piuttosto provinciale nello scacchiere politico europeo. Chiuso dall’arco delle sue montagne, di dimensioni modeste e senza grandi risorse naturali, era considerato uno stato cuscinetto tra le più importanti Francia e Austria. L’ambiente sardo-piemontese però era un substrato fertile alle nuove idee innovative provenienti dal nord Europa, specialmente dagli stati protestanti, più aperti alla modernizzazione rispetto alle vecchie regole “dell’ancien regìme”, tornato in auge con la Restaurazione dopo le conquiste napoleoniche.

Quindi dopo l’iniziale diffidenza del conservatore Carlo Felice, Xavier Kurten crebbe di notorietà e di prestigio con l’ascesa al potere del giovane e più moderno Carlo Alberto, che lo promosse Direttore dei Parchi Reali. Ecco che allora il Kurten divenne l’indiscusso paesaggista della corte. La nobiltà sabauda si contendeva le sue prestazioni professionali nella realizzazione dei giardini moderni intorno alle ville di famiglia. Xavier Kurten divenne una vera e propria moda vivente e Racconigi, suo paese di residenza, divenne la meta delle visite delle più importanti famiglie piemontesi, che volevano a tutti i costi adeguarsi ai nuovi orientamenti culturali dei grandi paesi d’oltralpe.

La realizzazione dei parchi e giardini che abbiamo virtualmente visitato poc’anzi, oltre al colpo d’occhio paesaggistico naturale e sempre diverso, aveva un’altra importante caratteristica, specchio dei tempi, cioè la passione per tutto ciò che era esotico, di provenienza di paesi lontani, misteriosi e pieni di fascino.

Questa nuova moda ebbe origine negli stati dove il colonialismo era fortemente radicato, primo fra tutti il Regno d’Inghilterra nel cui impero, esteso in tutti i continenti e nei due emisferi, non tramontava mai il sole. Da queste terre lontane arrivavano in Europa oro e materie prime, oggetti d’arte e tessuti preziosi, spezie, animali esotici e piante rare. Ecco quindi farsi avanti le cosiddette mode esotiche nei gusti e negli stili di vita nelle corti di tutti i maggiori stati europei, quali, a titolo di esempio, le “cineserie” nell’arredamento e nelle suppellettili o i trofei provenienti dall’Africa nera.

Naturalmente il Piemonte non era da meno nell’orientamento culturale generale che andava dappertutto in quella direzione. Così in tutte le residenze reali e nobiliari sabaude ritroviamo testimonianze di questi paesi lontani. Questo era il preludio alla contemporanea globalizzazione. Le nuove scoperte tecnologiche “avvicinavano” i continenti grazie ad un sistema di trasporti sempre più veloce. Le lingue straniere parlate incominciavano a prendere piede soppiantando poco a poco le lingue di corte e diplomatiche, le lingue parlate erano necessarie per coloro che commerciavano con i paesi esteri. Incominciarono a circolare libri e testimonianze dei grandi viaggiatori ed esploratori a caccia di nuove scoperte. Questa voglia di scoperta si tradusse, per chi poteva permetterselo, in grandi viaggi intorno al mondo e, per chi non aveva questa possibilità, quella di portarsi in casa delle cose di provenienza lontana.

Questa moda si diffuse anche nella realizzazione dei parchi e dei giardini all’inglese, nella cui progettazione si incominciò a prevedere l’impianto di alberi e arbusti di provenienza extra-europea. Xavier Kurten fu il protagonista indiscusso nell’arte di accostare essenze vegetali esotiche a quelle autoctone nel Regno di Sardegna.

Nei giardini di gusto italiano e francese dei secoli precedenti, il materiale arboreo usato era di provenienza nostrana, al massimo europea, quindi si piantavano platani, carpini, querce faggi lungo i viali, bossi, ginepri, biancospini e rose antiche nelle aiuole.

Dalla seconda metà del XVIII secolo e per tutto il XIX secolo furono introdotti in Europa dagli architetti paesaggisti, dal Kurten in Piemonte, alberi e arbusti provenienti da altri continenti, che incominciarono a fare bella mostra di sé nei parchi e giardini di paesaggio.

In particolare il Kurten introdusse nei suoi progetti essenze arboree quali: Ginkgo biloba, cipressi calvi, magnolie, liriodendri, liquidambar, aceri da zucchero, sequoie sempreverdi, sequoie giganti, palme, camelie e sophore, nonché ortensie e hydrangee cinesi.

Questo smosse naturalmente tutto ciò che gravitava intorno a questi nuovi giardini; ecco quindi nascere e svilupparsi l’agricoltura e la vivaistica specializzata che, con l’andare del tempo, divenne una delle eccellenze del territorio italiano e piemontese. Lo stesso Camillo Cavour subì il fascino del Kurten e della moda da lui introdotta nel Regno sabaudo e ne trasse ispirazione e spunto nell’innovazione agricola che introdusse quando divenne Ministro dell’Agricoltura e Foreste.

Inoltre, i parchi e i giardini delle residenze reali e di quelle nobiliari divennero la meta di visite di aristocratici, diplomatici e borghesi stranieri desiderosi di ammirare l’arte e lo stile del paesaggista prussiano. Le passeggiate e le architetture ivi presenti divennero dei veri e propri salotti a cielo aperto. La progettazione e la realizzazione dei parchi e giardini di paesaggio divenne materia di studio nelle accademie subalpine e italiane.

Quindi si può affermare che Xavier Kurten portò in Piemonte, ma anche in Italia tramite i paesaggisti, suoi seguaci e discepoli che si rifecero alle sue idee, quella ventata innovativa non solo nell’arte dei giardini, ma nello stile di vita della società ottocentesca, introducendo, per la sua parte di competenza, il Regno di Sardegna, nel novero dei grandi stati europei.

Per completare il panorama dello sviluppo dei parchi e giardini di paesaggio nell’intero secolo XIX, in epoca vittoriana ci fu un’altra significativa svolta e vennero introdotte piante nate in serra, colori esotici e disegni intricati e ci fu una profusione di giardini pubblici e spazi verdi destinati a portare la cultura alle masse. Il gusto nel tardo periodo vittoriano variava tra il formale e il giardino “selvaggio”, sostenuto dall’influente scrittore William Robinson.

Durante e dopo la rivoluzione industriale, per correggere i numerosi squilibri delle città, per migliorare il livello di vita della popolazione e le antigeniche condizioni abitative, sorsero movimenti progressisti. Uno di questi sottolineò la necessità delle città industriali di avere “passeggiate pubbliche” alberate, come beneficio per la salute del cittadino. Aree verdi entrarono quindi nel tessuto urbano, inizialmente in veste privata, successivamente pubblica. Il miglior esponente di questo periodo fu Humprey Repton, che diede una svolta nella progettazione del giardino paesaggistico, introducendo passeggiate con ghiaia e reintroducendo giardini fioriti separati.

Santena, 07.04.2021

Fonti: Sito web dell’Accademia dei Georgofili, siti Wikipedia specifici per argomento, siti web delle residenze sabaude, siti web delle residenze nobiliari piemontesi.