Venga sig. Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.


Dopo essere stato in Piemonte in diverse occasioni e recentemente il 7 e 11 ottobre, i Volontari Amici della Fondazione Cavour di Santena gradirebbero una Sua visita ufficiale alla Tomba e al Castello del principale protagonista del processo culminato con l’Unità d’Italia e con Roma Capitale.

Lo spirito di Camillo Cavour ha soffiato sulle due visite piemontesi del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel pomeriggio di venerdì 7 ottobre, in Alba, in occasione del centenario della nascita dello scrittore Beppe Fenoglio, nel bicentenario della nascita del ministro Michele Coppino e nella giornata inaugurale della 92ª Fiera internazionale del Tartufo bianco d’Alba.

Quando l’elicottero presidenziale sulla via da Torino alle Langhe ha sorvolato il Pianalto -Chierese - Carmagnolese –al cui centro ci sono il castello e il parco Cavour di Santena, degni della tutela di patrimonio dell’umanità (Unesco) – il principale artefice del processo culminato nell’Unità d’Italia ha sicuramente gioito. Questo è il territorio dove tanto è iniziato e si è evoluto. Per l’agricoltura, la politica, l’ industria, il cibo, le infrastrutture e le istituzioni. Di sicuro, quanto prima, il Presidente “più obbediente” e perciò un tantino garibaldino della storia repubblicana, renderà omaggio al politico che ha insegnato il valore del riformismo nel governo della società moderna.

Cavour l’ha sicuramente benedetto a nome degli Italiani passati, presenti e futuri. Proprio Lui che, non soffrendo di molti pregiudizi, neanche verso la Repubblica, a Genova aveva seminato il sospetto di avere simpatie non propriamente monarchiche. Successe accanto all’amante Nina Schiaffino Giustiniani –patriota, ardente repubblicana, filo mazziniana– quando brindarono al colpo di stato in Francia del luglio 1830, di Luigi Filippo contro il tiranno re Carlo X.

Camillo ha apprezzato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per aver partecipato a Torino alla inaugurazione dell’anno accademico della Scuola di Applicazione dell’Esercito. Accademia frequentata dall’età di nove anni e dalla quale uscì ufficiale del Genio Militare. Una scuola utilissima per l’alto livello formativo. Amata, per la presenza di prestigiosi insegnanti. Odiata, per la rigida disciplina ispirata agli ideali reazionari in voga nel periodo della Restaurazione.

Cavour gli è grato per aver scelto di pranzare in forma privata nel Suo Castello di Grinzane. La tenuta agricola in cui, dopo aver lasciato l’esercito, avviò l’attività di gestore e di imprenditore agricolo mettendo a frutto le esperienze e gli insegnamenti maturati a Santena: il centro direzionale delle aziende dei Benso.

Da grande lettore di libri Camillo ha sicuramente apprezzato la presenza di Mattarella al centenario di Beppe Fenoglio(1922-1963). Il Partigiano eretico, cantore della Resistenza come guerra civile per la liberazione dell’Italia dall’occupazione straniera. Il militare fedele al giuramento al Re, entrato in clandestinità, passato dai Garibaldini ai Badogliani, che al referendum del 1946 votò per la Monarchia contro la Repubblica. Fenoglio ricorda, agli ingrati italiani, Enrico e Giovanni Visconti Venosta, discendenti cavouriani e antifascisti. Pronipoti ed eredi. Figli della nipote Luisa Alfieri di Sostegno e di Emilio Visconti Venosta. Enrico, volontario del Gruppo di Combattimento “Cremona”. Caduto in uno scontro con le truppe tedesche il 4 marzo 1945, all’età di 62 anni, nei pressi di Ravenna. Giovanni, l’aventiniano, esponente di primo piano dell’Antifascismo, della Resistenza, della Liberazione e della Ricostruzione della patria. Sottosegretario agli Esteri del Governo Bonomi. Amico di Alcide De Gasperi che, per inciso, teneva sul comodino da notte il libro “La giovinezza di Cavour” di Francesco Ruffini. Collaboratore fedele di Umberto II, il Re di Maggio. Il politico che intavolò le trattative sfociate nel piano Marshall per la ripresa sociale dell’Italia uscita distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale.

Cavour è altrettanto contento per il ricordo del bicentenario della nascita di Michele Coppino (1822-1901). Uno dei protagonisti dimenticati del Risorgimento e della scena politica dei successivi quarant’anni. Nato ad Alba. Di famiglia poverissima. Intelligentissimo. Senza un occhio, perso giocando alla battaglia tra bambini. Studiò aiutato da una famiglia di benestanti. Quindi entrò in seminario e infine frequentò l’Università grazie alle borse di studio. Figlio del popolo. Esempio della mobilità sociale in atto nell’Ottocento. Docente universitario. Rettore dell’Università di Torino. Massone. Grande ministro della Istruzione. Coppino per tutta la vita ha rappresentato in Parlamento la sua comunità territoriale di Langhe e Roero. Come appartenente alle fila del centro-sinistra rattazziano, Coppino condivise la politica di Camillo Cavour. Come Lui fu colpito da scomunica maggiore per aver approvato l’invasione dello Stato Pontificio da parte delle truppe regie. Nonostante avesse ragione nel togliere il potere temporale al Papa, anche lui dovette attendere cento anni per veder riconosciuta dalla Chiesa la loro scelta. Fu infatti il cardinale di Milano, Giovan Battista Montini, futuro papa Paolo VI, a riconoscere il 10 ottobre 1962, il giorno prima dell’ apertura del concilio Vaticano II, che in fondo l’idea cavouriana di fare Roma capitale d’Italia apportò dei benefici alla Chiesa stessa. Nelle Langhe, Roero e Monferrato e in tutta Italia Coppino fu apprezzato dai nostri antenati e soprattutto dalle antenate come il ministro della sinistra storica di Agostino Depretis che, con la legge 15 luglio 1877 n. 3961, rese obbligatoria per le femmine e i maschi in tutta la Penisola, l’istruzione di primo grado della scuola elementare. Una riforma della quale hanno usufruito tutte le famiglie italiane. Di Lui Cavour ha ammirato la continuità, l’estensione e l’applicazione dei principi della legge Casati del 1859. E poi la posizione sulla questione romana e sull’applicazione del principio "Libera Chiesa in libero Stato", dimostrazione del valore della separazione dei poteri tra quello spirituale della Chiesa e la sovranità temporale e territoriale dello Stato.

Cavour ha altresì gioito per l’inaugurazione presidenziale della Fiera del Tartufo bianco di Alba. Delle “trifule” infatti è stato grande estimatore almeno quanto dell’asparago santenese e di tanti altri piatti. L’abbinamento del barolo con il tartufo bianco –realizzato da Giacomo Morra, il re del Tartufo, maestro del ristoratore santenese Andrea Visconti, il re degli Asparagi– ha fatto da traino al successo della gastronomia e dell’enologia. Prima nella Langa, poi nel Roero e nel Monferrato e a cerchi concentrici nel Pianalto-Chierese-Carmagnolese, oggi terra di coltivazione e produzione del cibo e del settore agroalimentare. La terra da cui è germogliata l’avventura politica, agricola e imprenditoriale di Camillo Cavour e dei suoi contemporanei e tramandata fino alle attuali generazioni.

Infine è stato onorato per la commemorazione a Torino, martedì 11 ottobre, del 160° della istituzione della Corte dei Conti inaugurata il 1° ottobre 1862 da Quintino Sella e concepita nel 1852 dalla fervida mente di Camillo Cavour.

Caro Presidente come vede, gira e rigira, passando per la prima capitale d’Italia e nella la favolosa provincia rurale torinese e piemontese, si torna sempre a Camillo Benso. Adesso gli Italiani l’aspettano nel Castello-Museo di Santena, vero e proprio snodo della memoria patria. Recuperato alla sua funzione ventisei anni fa da un nutrito gruppo di volontari visionari e oggi gestito efficacemente dalla Fondazione Cavour, presieduta dall’imprenditore Marco Boglione.