GEN
7
1848

La riunione all'Albergo Europa


Gli ultimi casi di Genova e l'arrivo in questa capitale della deputazione genovese commossero gli animi di tutti e non mancarono di accendere la gagliarda gioventù nel desiderio di non lasciare i fratelli della Liguria in doloroso isolamento.
      Consapevoli della pubblica effervescenza, i direttori dei fogli pubblici, di concerto con alcuni distinti personaggi che hanno più speciale e benefica influenza sulla popolazione e specialmente sulla gioventù, stabilirono di congregarsi alla sera in una sala dell'Albergo dell’Europa per deliberare intorno a ciò che fosse ad operarsi per la pubblica tranquillità, nonché per conservare inviolata la santa unione che esiste fra popolo e trono. L'assemblea era presieduta dal marchese Roberto d'Azeglio. Intervennero il colonnello Durando, direttore dell'Opinione, il conte Cavour, direttore del Risorgimento, l'avv. Brofferio, direttore del Messaggiere, il sig. Lorenzo Valerio, direttore della Concordia, il sig. Predari, direttore dell'Antologia Italiana, e molti altri collaboratori dei cinque giornali, fra i quali il cav. Galvagno, l'avv. Sineo, il conte di Santa Rosa, il medico Lanza, l'avv. Cornero, il conte Chiavarina, l'avv. Vicari, l'avv. Vineis, l'avv. Pellati, Costantino Reta, il sig. Briano, l'avv. Mattei, l'avv. Re, l'avv. Castelli, e moltissimi altri benemeriti cittadini. Il conte Cesare Balbo, travagliato da persistente malattia, non potè assistere a quest'assemblea.
      Dopo alcune proposte più o meno consentite, il conte Cavour opinò doversi presentare al Re un rispettoso ricorso in cui, fatta considerazione alle gravissime contingenze della Liguria, si implorasse dalla sovrana magnanimità l'altissimo benefìzio di una pubblica discussione in cospetto del paese, in cui fossero rappresentate le opinioni, gli interessi e le occorrenze di tutta la nazione.
      A questa proposta si accostavano l'avv. Brofferio, il colonnello Durando, il cav. Galvagno, il conte Santa Rosa, il marchese d'Azeglio, e poco stante si accostava tutta l'assemblea, ad eccezione del sig. Valerio, del medico Lanza, dell'avv. Sineo, e di qualche altro collaboratore della Concordia, benché opinassero doversi appoggiare, con un ricorso già esteso, le due dimande della Liguria.
      Per maggioranza di suffragi si statuiva di partecipare alla deputazione genovese la fatta deliberazione, pregandola a sospendere l'esecuzione del mandato sino a che si fosse potuto discutere in comune sopra le contingenze della patria, e stringere in sempre più fraterno vincolo le due grandi famiglie del Piemonte e della Liguria. Cadeva la scelta per rappresentare il consesso presso i genovesi sopra il marchese d'Azeglio, l'avv. Brofferio, l'avv. Sineo e il sig. Valerio.
      Ciò accadeva nella sera del 7. I delegati genovesi non erano ancora tutti giunti; per lo che la parte di essi che riceveva la delegazione piemontese, ringraziando i fratelli della cordiale simpatia, rispondeva che non poteva deliberare sopra la proposta sino all'arrivo degli altri colleghi, e si stabiliva che sarebbesi fatta una risposta nella sera del giorno consecutivo.
      Nel domani aveva luogo una riunione preparativa in casa del sig. Vicari a mezzo giorno, dove si incaricava il colonnello Durando di compilare un ossequioso ricorso al sovrano da leggersi ed approvarsi nella stessa sera, alle ore 7, in casa del marchese d'Azeglio.
      All'ora convenuta si trovarono tutti, meno il sig. Valerio e i collaboratori della Concordia. Si seppe che il Re, sulla considerazione probabilmente che la deputazione genovese non avesse legale mandato, non giudicava di riceverla, che il ministro di Polizia intimavale di ritornare a Genova nel giorno seguente, e che i deputati si erano accinti a partire nell'ora stessa.
      Alle 9 arrivarono il medico Valerio, il professore Berti, l'avv. Daziani e il sig. Carutti, i quali riferivano di aver abbracciati i liguri delegati nell'atto stesso che salivano in carrozza e facevansi interpreti del profondo rammarico dei genovesi, a cui tutta l'assemblea partecipava col più vivo del cuore.
      Allora si ripigliava la discussione, e il colonnello Durando leggeva il seguente ricorso a Sua Maestà:

«Sire,
      Lo stato d'inquietudine della prima città commerciale del Regno, e le conseguenze dispiacevoli, che ne sono derivate, impongono agli onesti cittadini il grave e penoso dovere di rinnovare a V. M. i sensi d'inalterabile devozione verso i principi fondamentali dell'ordine pubblico, mentre confidano che l'alta saviezza di V. M. saprà opportunamente rimuovere le cause che hanno potuto momentaneamente alterarlo.
      Fra queste cause è impossibile non riconoscere l'influenza delle due principali questioni indicate nel riverente indirizzo dei genovesi a V. M.: questioni alle quali già da qualche tempo è rivolta non solo l'attenzione del pubblico, ma quella altresì del Governo, e di cui la conveniente e ponderata soluzione è nel voto generale della nazione.
      Sire, in questa grave contingenza i sottoscritti credono di adempiere all'uffizio di sudditi devoti al trono di V. M. e alla prosperità dello Stato, manifestando rispettosamente non essere nell'opinione loro molto lontano il tempo in cui profondamente e liberamente esaminate tutte le condizioni politiche, morali, militari del Paese, e coll'oggetto di ordinare potentemente tutti i rapporti di legalità necessari tra governanti e governati, si possa procedere allo studio maturo di qualche organico provvedimento, mercé il quale trasportandosi le discussioni dalla pericolosa arena delle commozioni irregolari nel pacifico recinto della deliberazione legale, pubblica e solenne, sia fatta facoltà al Governo, senza tema di affievolirsi o disautorarsi, di assodare e svolgere meglio le iniziate riforme, e allontanare cosi ogni più lieve causa e pretesto d'illegale agitazione».

      Si approvava a unanimità questo ricorso all'ottimo Sovrano e ad unanimità si stabiliva che col ricorso a S. M. sarebbesi spedita una delegazione a Genova per assicurare i genovesi del concorso efficacissimo dei subalpini, con che rammentassero che in cospetto dello straniero l'unione fra il trono e il popolo fosse più che mai necessaria, e si adoprassero con tutto il maggior ardore a contenere la popolare effervescenza.
      Appena erasi ciò stabilito, giungevano con alcuni altri, l'avv. Sineo ed il sig. Lorenzo Valerio, i quali opponendosi in singolar modo alle già seguite deliberazioni, dichiarando non volersi acquietare al suffragio della maggiorità, e portando nella fraterna discussione qualche sventurato elemento di dissidenza, furono causa che il presidente sciogliesse l'adunanza e che nessuna delle cose proposte avesse effettuamento.
      Da quel giorno alcune altre conferenze ebbero luogo senza l'intervento del sig. Valerio, dell'avv. Sineo e degli altri collaboratori della Concordia, e non si mancherà di rendere conto dei seguiti dibattimenti, quando le contingenze del paese lo richiederanno. Intanto i direttori del Messaggiere, del Risorgimento, dell'Opinione, dell'Antologia ed il soprintendente alla redazione del Mondo Illustrato avvisarono dover fare di pubblica ragione con solidaria responsabilità i fatti summentovati, non in odio o in sprezzo di chicchessia, ma perché non fossero travisati dalla malevolenza o dallo spirito di setta superbamente ammantato di carità di patria.
      Sebbene alcuni di questi fogli possano trovarsi di opinione diversa sopra alcune questioni politiche, essi sono congiunti pur tutti dalla stessa devota riconoscenza verso il Re, dallo stesso ardente affetto verso la patria, e dal desiderio medesimo di vedere sopra ferme basi consolidata la libertà e l'indipendenza italiana. Quindi non mancheranno mai di associarsi, come oggi hanno fatto, nelle più gravi contingenze della patria, acciocché sappiasi che non solo coll'uffizio dell'intelligenza, ma con qualunque altro personale sacrifizio son pronti a mostrarsi primieri nei patrii conflitti.

      Firmati: Camillo di Cavour, direttore del Risorgimento; Giacomo Durando, direttore dell'Opinione; Angelo Brofferio, direttore del Messaggiere; Francesco Predari, direttore dell'Antologia Italiana e sopraintendente alla redazione del Mondo Illustrato.

[Cavour, Camillo Benso di] La Patria"", 113, 07 Gennaio 1848
divisore
Nomi citati:
Roberto d'Azeglio, Durando, Opinione, Cavour, Il Risorgimento,Brofferio, Messaggiere, Lorenzo Valerio, Condordia, Predari, Antologia Italiana, Galvagno, Sineo, Santa Rosa, Lanza, Cornero, Chiavarina, Vicari, Vineis, Pellati, Costantino reta, Briano, Mattei, Re, Castelli, Cesare Balbo, Re.
Toponimi citati:
Genova, Liguria, Albergo dell'Europa, Piemonte.

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