OTT
3
1859

La Farina, Giuseppe a Cavour, Camillo Benso di 1859-10-03 #3710


Mittente:
La Farina, Giuseppe.
Destinatario:
Cavour, Camillo Benso di.
Data:
03 Ottobre 1859.

      Pregiatissimo Sig. Conte,
      Mi permetterà che non accetti un rimprovero che non credo di meritare. Non sono venuto a vederla nel suo doppio passaggio da Torino, perchè la prima volta io mi trovava in Toscana, e la seconda in Parma, come mia moglie fece sapere al nostro Castelli, che mandò a casa mia a dire ch'Ella aveva domandato di me. Non son venuto a Leri perchè non mi sono creduto in tanta dimestichezza da turbarle il quieto ritiro della campagna. Un uomo di Stato che si ritira in campagna per qualche tempo par che dica: per ora almeno non mi seccate. Mi perdonerà se Le dico che le due ipotesi non hanno fondamento: non ne ha la prima perchè io credo di non aver fatto nulla più del mio dovere, e perchè Ella mi ricompensò abbastanza e più del merito, quando mostrò di avere qualche fiducia in me; non ha fondamento la seconda ipotesi, perchè io sono intimamente convinto che nessuno quanto Lei possa ancora essere utile all'Italia. Ella aveva assunto l'obbligo di far guerra all'Austria coll'aiuto della Francia; e l'opera sua fu felicemente compiuta. Dal momento che l'Imperatore dei Francesi sbarcava a Genova, il timone della nostra barca passava in altre mani; e se il nuovo pilota si soffermò a metà strada, nessun uomo ragionevole potrà chiamarne in colpa Lei; molto meno io poi, che avendo veduto sempre la cosa come la vedeva Lei, non potrei coscienziosamente accusarla senza accusare me stesso. Per me la via che si percorse era buona, era ragionevole, era la sola possibile. La pace di Villafranca non ha fatto mutare in nulla le mie convinzioni: io penso oggi come pensavo nell'ottobre del 58, avendo non so se il vizio o la virtù di non mutare agevolmente le mie convinzioni. Ella può essere superbo di ciò che ha fatto; e l'Italia Le rende questa giustizia, e spera ed ha fede ch'Ella debba e possa compiere l'opera sì bene incominciata. Ella è quindi per me ciò che era nell'aprile o nel maggio, il capo del partito nazionale. Le dico da ultimo che la pace di Villafranca, considerata ne' suoi effetti, non mi pare quel brutto diavolo che alcuni fanno; e che se per alcuni risguardi ci nocque, per altri immensamente ci giovò. L'unione dell'Italia centrale al Piemonte fatta per mano della Francia era un matrimonio di convenienza; oggi è un matrimonio di amore; e l'assimilazione delle nuove provincie che sarebbe stata opera governativa ed artificiale, oggi diventa opera popolare e spontanea.
      Ritornando ora all'argomento della mia povera lettera, Le dico che la sua regola è giustissima; ma, che parmi sia questo il caso dell'eccezione. Quando la Società Nazionale è nelle mie mani, il governo ne riceverà forza non debolezza; e l'esperimento è stato fatto. Non esisteva forse la Società in Piemonte dal 56 al 59? Lo Stato ha esteso i suoi confini, ma la natura della Società non si è mutata. E d'altra parte dobbiamo noi lasciar sorgere delle altre Società politiche, come già ve ne sono parecchie? Non dobbiamo tentare di assorbirle? Non dobbiamo impedire che i falsi convertiti piglino in mano la nostra bandiera? Dobbiamo lasciare inoccupato un campo che certamente sarà occupato da altri, i quali non avranno né il nostro buon senso, né la nostra buona fede? Creda a me, in Italia ancora per altri cinquantanni ci saranno moltissime persone che accettano la dittatura, e che anzi la domandano, se è proposta dal Piccolo Corriere; ma che la rifiutano e la combattono se è proposta dall'Opinione. Creda a me che ne ho l'esperienza, in Italia ancora per altri cinquantanni se non si cospira per Vittorio Emanuele si cospira per Mazzini. Infine la leva esiste, e non istà in noi il fare che non ci sia: se noi non ce ne serviremo, altri se ne serviranno. Per queste ragioni ed altre molte che potrei aggiungerne, a me pare che sia utile il ristabilimento della Società Nazionale, e la ricomparsa del Piccolo Corriere. Ho creduto quindi mio dovere di sentire prima ciò che ne pensava il ministro Rattazzi; e ieri, dopo ricevuta la sua lettera, andai a trovarlo. Egli mi rispose che in quanto a lui credeva che la Società Nazionale potesse far del bene e non del male; ma io non piglierò nessuna determinazione se prima Ella non mi dica se le allegate ragioni La persuadono. Qualunque sia per essere la sua risposta, io mi uniformerò, convinto come sono che i partiti politici senza disciplina non otterranno giammai alcun buono risultamento.
      Mi creda intanto quel che mi pregio di essere pieno di stima e di affettuoso rispetto
                                                                                                             suo dev.
                                                                                                          G. La Farina

divisore
Nomi citati:
Giuseppe La Farina, Castelli, SocietĂ  Nazionale, Piccolo Corriere, L'Opinione, Vittorio Emanuele, Mazzini, Rattazzi.
Toponimi citati:
Torino, Toscana, Parma, Austria, Genova, Francia, Italia, Villafranca, Piemonte.

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